Una vita in musica.
Con una micidiale carrellata di hit storiche, entrate nel costume
e nel cuore degli italiani. Scorrere i titoli del triplo
cofanetto di Claudio Baglioni scatena i ricordi e mette in moto
la macchina del tempo e dei sentimenti. Questo piccolo grande
amore, E tu, Poster, Strada facendo, Mille giorni di te e di me e
altri successi. 40 classici, tre rarità e un inedito sono
il piatto forte di Tutti qui, strenna antologica in uscita il 4
novembre.
Nellunico
inedito, Tutti qui, parli di santa musica
leggera. Un buon punto di partenza per unintervista,
no?
Sì.
Perché mi sembra giusto, una volta tanto, santificare sta
musica leggera. La canzonetta è una specie di calendario
della vita di tutti: prima o poi entra in un pezzetto di cuore,
in un angolo della memoria e nell'animo di ogni essere umano.
Sarà per la sua forma breve e lagile modo
espressivo, comunque sia, ha una potenza quasi inarrivabile. Ed è
curioso pensare come, nel medesimo istante, persone anche
lontane, geograficamente o affettivamente, restino legate dalla
stesso ritornello, dalla stessa frase, dalla stessa melodia.
E
tu ne hai scritti tanti di pezzi indelebili. Ma come hai fatto?
Non
credo allispirazione come manna caduta dal cielo, bisogna
lavorare sodo, provare e riprovare. Certo ci sono dei momenti in
cui sei come una pila elettrica, più ricettivo e
sensibile: ricordo, per esempio, il primo abbozzo di Questo
piccolo grande amore. Si chiamava Ci fosse lei ed è una
delle rarità del cofanetto: ce lavevo lì da
un sacco e ogni tanto ci rimettevo le mani sopra. Piano piano
arrivarono lintroduzione e la strofa finché un
giorno, seduto sul letto di casa mia al Prenestino, cominciai a
sentire che cera qualcosa di magico. E che quella canzone
avrebbe avuto la sua storia.
Da
lì è partito tutto e oggi fanno quasi quarantanni
di successi. Il segreto?
Un
po orgogliosamente penso che alcuni di questi brani siano
scritti proprio bene e con uno stile superiore alla media. Sono
fiero di Questo piccolo grande amore, Strada facendo, Fammi andar
via e Mille giorni di te e di me. Forse il segreto sta nel non
aver mai composto in maniera monotematica, pur girando sempre
intorno allavventura e alla disavventura del vivere. Ma,
soprattutto, ho avuto il coraggio di cambiare pagina.
In
effetti agli inizi eri timido e impacciato, ora sei uno showman
completo..
È
vero. Prima del successo mi crogiolavo nel mio ermetismo
post-adolescenziale: ero un cantautore accigliato, pensa che il
mio primo pezzo, Annabel Lee, del 1967 (anchesso contenuto
nel cofanetto, ndr), era ispirato a una poesia di Edgar Allan
Poe. Insomma, ero un dark ante-litteram, inadatto a essere un
personaggio pubblico. Il mestiere mi ha dato la disinvoltura che
forse altrimenti non avrei mai avuto: ho dovuto imparare a stare
con le persone. E questo è il regalo più grosso del
lavoro di musicista. Oggi, infatti, la parte più bella
sono i concerti, le esperienze, le sfide, il contatto umano.
Domanda
da un milione di euro. Dal tuo osservatorio privilegiato, come
siamo cambiati in tutti questi anni?
Credo
che la nostra esistenza si sia impoverita: abbiamo perso il
grande sogno e rincorriamo l abbastanza, la
sopravvivenza. Non ci sono aria di rivoluzione e voglia di
cambiare, nemmeno fra i giovani. In più non siamo
diventati così felici come i nostri sistemi, basati sulle
leggi del mercato e del capitalismo, avrebbero voluto. E ci
portiamo dietro un senso di colpa da omissione di soccorso verso
quella parte del mondo che non se la passa bene. Così
abbiamo eretto steccati di diffidenza, paura e individualismo.
E
la nostra Italietta?
Un
paese confuso e con poche certezze. E una memoria non
completamente risolta. Alle spalle abbiamo troppe storie
insolute: processi mai chiusi, stragi senza colpevoli, le trame
della P2, i morti ammazzati. Difficile che un paese possa avere
un presente più solido se non risolve un passato così
ingombrante. I nostri politici attuali non sono daltissimo
livello: è come se fosse sempre più importante
essere contro o per qualcuno invece di pensare al bene comune e
formare una società più civile.
Come
si può uscirne?
LItalia
oggi non è un grande paese, ma potrebbe ridiventarlo.
Vedrei bene una riforma scolastica con 20 ore a settimana di
educazione civica, per riportare alla luce valori come rispetto,
correttezza e onestà. Così da preparare prima gli
uomini e poi i professionisti. Anche certi sistemi di
comunicazione e la tv non offrono buoni esempi. La leggerezza
sarebbe una buona medicina: iniziamo ad abbassare i toni della
lotta fra gli schieramenti. Credo che la politica in Italia
diventerebbe più seria se si cominciasse a pensare che non
tutto ciò che fa lavversario è uno schifo.
Sembra che abbiamo bisogno dello scandalo ovunque.
A
proposito di polemiche, andrai da Celentano?
È
una trasmissione troppo clamorosa per me. Io sono un uomo di
pianura, del Toro, porto laratro tutti i giorni, ho paura
della deformazione. Per emergere in un programma così devi
fare chissà cosa, altrimenti passi inosservato.
Che
farai adesso?
Un
concerto a Roma il 7 novembre allo storico Auditorium di via
della Conciliazione con la Royal Philarmonic Orchestra. E
dallinizio del 2006 mi concentrerò sul nuovo album.
Ma voglio anche operare nella mia nuova veste di architetto, come
persona che cerca di ripensare allambiente, al bello. Una
delle rivoluzioni sacrosante sarebbe quella di far vivere la
gente in città migliori e in periferie più umane.
Intervista
di Diego Perugini LUNITA 27/10/2005
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