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25 aprile

GIORGIO BOCCA
LA REPUBBLICA
4 maggio 2002

IL VALORE DELLA NOSTRA RESISTENZA



Credo che il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi non avesse previsto, salendo al Colle, di dover assumere anche la parte di custode della storia patria. Ma ancora una volta, in visita a Trieste, ha dovuto correggere il revisionismo neofascista che equipara la risiera di San Saba, luogo delle atrocità naziste, alle foibe carsiche di Basovizza, luogo della reazione slovena alla lunga ostilità etnica. Anche essa atroce ma diversa.
Il sindaco di Trieste che ai tempi di Salò era podestà, ha della storia l´idea a senso unico del revisionismo in voga nella nostra destra: ricorda molto bene le colpe altrui ma dimentica le nostre. La tensione fra l´Italia fascista e la popolazione slovena della Venezia Giulia risale ai primi anni del regime e alla italianizzazione forzata della minoranza contadina, della quale in Italia si avevano poche e vaghe notizie. Chi scrive ne ebbe conoscenza nel 1942 al corso allievi ufficiali degli alpini dal quale, una notte, scomparvero gli allievi provenienti da Gorizia e dall´Istria di etnia slovena.
L´Italia fascista non se ne fidava e a ragione, anche perché era già in corso la nostra occupazione della Jugoslavia. La italianizzazione degli sloveni istriani non fu particolarmente dura ma comunque vessatoria: venne cancellato ogni bilinguismo, imposte alcune discriminazioni umilianti, resi più profondi il sospetto e le diffidenze che separavano la popolazione slovena dell´interno da quella italiana della costa, per cui gli slavi restavano gli «sciavi» dal tempo di Venezia.
Seguì alla italianizzazione delle «terre redente» l´occupazione militare della Seconda guerra mondiale e qui dal rapporto vessatorio si passò a una guerra di atrocità inaudite che a guerra finita l´Italia democratica non ha mai avuto il coraggio di confessare. Abbiamo sì pagato il prezzo durissimo della cacciata degli italiani da tutta l´Istria e dai centri dalmati, ma abbiamo allontanato il calice amaro delle responsabilità come se la guerra partigiana ce ne esentasse.
La guerra fredda, il comunismo alle porte, il revanscismo titino ci liberarono troppo facilmente da quella pesante eredità, non accettammo mai di consegnare i criminali di guerra che Belgrado ci richiedeva, fra cui i generali che avevano comandato i rastrellamenti, non dissimili da quelli tedeschi.
I partigiani sloveni autori delle foibe, i burroni e le grotte carsiche in cui furono gettati migliaia di italiani, avevano ragioni storiche per considerarci nemici. Del loro ci misero la ferocia balcanica di cui si occupa in questi giorni il Tribunale dell´Aja, la millenaria abitudine alle stragi indifferenziate in cui si inseriva il comunismo staliniano delle misure drastiche. Vennero uccisi italiani colpevoli delle vessazioni fasciste come italiani che avevano coltivato la convivenza. Anche perché il governo di Tito mirava all´occupazione definitiva di Trieste, il grande porto che assicurava le comunicazioni e i commerci con il centro Europa e non faceva distinzioni.
Ma ha ragione Ciampi: la risiera di San Saba e le foibe non sono la stessa cosa. La prima fu il luogo della Resistenza al nazismo, le seconde il simbolo di una ostilità etnica che risaliva alla Repubblica di San Marco e alla sua colonizzazione marinara.
Una peculiarità del revisionismo è di coltivare confusioni che cancellano le colpe. Invece di ricordare gli errori e di accettare le responsabilità ci si rifugia nel culto dei morti che sono tutti eguali sotto la nera terra. Il becchino sostituisce il giudizio di Dio e degli uomini.


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