Credo
che il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi non avesse
previsto, salendo al Colle, di dover assumere anche la parte di
custode della storia patria. Ma ancora una volta, in visita a
Trieste, ha dovuto correggere il revisionismo neofascista che
equipara la risiera di San Saba, luogo delle atrocità
naziste, alle foibe carsiche di Basovizza, luogo della reazione
slovena alla lunga ostilità etnica. Anche essa atroce ma
diversa.
Il sindaco di Trieste che ai tempi di Salò era
podestà, ha della storia l´idea a senso unico del
revisionismo in voga nella nostra destra: ricorda molto bene le
colpe altrui ma dimentica le nostre. La tensione fra l´Italia
fascista e la popolazione slovena della Venezia Giulia risale ai
primi anni del regime e alla italianizzazione forzata della
minoranza contadina, della quale in Italia si avevano poche e vaghe
notizie. Chi scrive ne ebbe conoscenza nel 1942 al corso allievi
ufficiali degli alpini dal quale, una notte, scomparvero gli allievi
provenienti da Gorizia e dall´Istria di etnia slovena.
L´Italia fascista non se ne fidava e a ragione, anche
perché era già in corso la nostra occupazione della
Jugoslavia. La italianizzazione degli sloveni istriani non fu
particolarmente dura ma comunque vessatoria: venne cancellato ogni
bilinguismo, imposte alcune discriminazioni umilianti, resi più
profondi il sospetto e le diffidenze che separavano la popolazione
slovena dell´interno da quella italiana della costa, per cui
gli slavi restavano gli «sciavi» dal tempo di
Venezia.
Seguì alla italianizzazione delle «terre
redente» l´occupazione militare della Seconda guerra
mondiale e qui dal rapporto vessatorio si passò a una guerra
di atrocità inaudite che a guerra finita l´Italia
democratica non ha mai avuto il coraggio di confessare. Abbiamo sì
pagato il prezzo durissimo della cacciata degli italiani da tutta
l´Istria e dai centri dalmati, ma abbiamo allontanato il
calice amaro delle responsabilità come se la guerra
partigiana ce ne esentasse.
La guerra fredda, il comunismo alle
porte, il revanscismo titino ci liberarono troppo facilmente da
quella pesante eredità, non accettammo mai di consegnare i
criminali di guerra che Belgrado ci richiedeva, fra cui i generali
che avevano comandato i rastrellamenti, non dissimili da quelli
tedeschi.
I partigiani sloveni autori delle foibe, i burroni e le
grotte carsiche in cui furono gettati migliaia di italiani, avevano
ragioni storiche per considerarci nemici. Del loro ci misero la
ferocia balcanica di cui si occupa in questi giorni il Tribunale
dell´Aja, la millenaria abitudine alle stragi indifferenziate
in cui si inseriva il comunismo staliniano delle misure drastiche.
Vennero uccisi italiani colpevoli delle vessazioni fasciste come
italiani che avevano coltivato la convivenza. Anche perché il
governo di Tito mirava all´occupazione definitiva di Trieste,
il grande porto che assicurava le comunicazioni e i commerci con il
centro Europa e non faceva distinzioni.
Ma ha ragione Ciampi: la
risiera di San Saba e le foibe non sono la stessa cosa. La prima fu
il luogo della Resistenza al nazismo, le seconde il simbolo di una
ostilità etnica che risaliva alla Repubblica di San Marco e
alla sua colonizzazione marinara.
Una peculiarità del
revisionismo è di coltivare confusioni che cancellano le
colpe. Invece di ricordare gli errori e di accettare le
responsabilità ci si rifugia nel culto dei morti che sono
tutti eguali sotto la nera terra. Il becchino sostituisce il
giudizio di Dio e degli uomini.