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Intervento
del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in visita alla
città di Udine, in occasione dell'incontro istituzionale con
le autorità
VISITA DEL
PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
ALLA CITTA' DI UDINE
INCONTRO ISTITUZIONALE CON LE AUTORITA'
Udine, 3 maggio 2002
Signor
Presidente della Giunta Regionale del Friuli-Venezia Giulia,
Signor
Presidente della Provincia di Udine,
Signor Sindaco di Udine,
Onorevoli Parlamentari,
Autorità civili e religiose,
Cari Sindaci dei Comuni della Provincia di Udine,
grazie per le vostre
cortesi parole, grazie per l'accoglienza calorosa, in questa che è
la mia terza visita ufficiale alla vostra Regione, dopo Trieste e
Gorizia. Questo è un territorio posto ai confini d'Italia, ma
in esso, forse proprio per questo, si sente vibrare più forte
l'amore per la Patria italiana, nella qual è storicamente
inclusa la Patria del Friuli. Oggi l'una e l'altra sono parte di una
patria ancora più grande, la patria europea, che sta
crescendo, nelle istituzioni, nelle dimensioni, e nelle coscienze.
Il risultato è che da marca di frontiera vi ritrovate
oggi ad essere - come già è stato osservato - una
regione collocata quasi al centro di un'Unione Europea che si avvia
ad abbracciare l'intero continente.
Questa è un'epoca
disincantata che non crede ai miracoli. Eppure abbiamo assistito,
negli ultimi decenni, a eventi che ai nostri occhi hanno avuto del
miracoloso; primo fra tutti la riconciliazione, nella seconda metà
del secolo ventesimo, fra i popoli europei, grandi e piccoli.
La
vostra particolare esperienza di regione dove si incontrano, e
felicemente convivono, comunità nazionali diverse, con lingue
diverse, vi consente di inserirvi con facilità nella logica di
civiltà e di pace di questo nuovo periodo della storia
europea.
In un mondo ancora teatro di aspri conflitti
nazionali, etnici o religiosi, l'Unione Europea si propone come un
modello di civiltà, di valore universale.
Modello di
civiltà è stato il recente incontro che il Presidente
tedesco Johannes Rau ed io abbiamo avuto a Marzabotto con la
cittadinanza di paesi che furono, mezzo secolo fa, teatro di selvaggi
massacri.
E' stato un atto di civiltà, un esempio di
grande coraggio e di umiltà, la condanna di quel massacro
pronunciata, con le parole più dure, dal Presidente tedesco,
nell'esprimere cito il suo "profondo senso di dolore e
vergogna".
E' stata una prova di civiltà
altrettanto ammirevole l'accoglienza amica che il Presidente Rau ha
ricevuto dai superstiti delle stragi, dai figli e nipoti delle
vittime. Questa è la nuova Europa, un'Europa che abbiamo
saputo costruire, riconciliata con se stessa e con la sua storia,
così ricca di luci e di ombre.
Della costruzione di
una nuova realtà europea siamo fieri, anche se sappiamo bene
che l'opera non è compiuta e che non mancano le difficoltà.
Vi sono ancora pieghe nascoste nell'anima europea, paure o rimpianti
latenti in settori della società, timori di vedere cancellate
antiche realtà nazionali, o regionali, nel grande spazio
europeo che abbiamo creato. Ma i popoli d'Europa non hanno
dimenticato l'amara lezione della storia del secolo che si è
appena compiuto. La nostra memoria non è così corta.
Dall'orgoglio e dalle ambizioni di potenza delle nazioni sono
scaturite guerre feroci che hanno rischiato di distruggere l'Europa e
che hanno coinvolto il mondo intero. Come potremmo dimenticarlo?
Richiamandoci alle radici della nostra identità
europea, dando voce alla coscienza profonda della nostra antica
comune civiltà, abbiamo impresso una svolta radicale alla
storia d'Europa, nel nome della riconciliazione fra le nazioni e per
l'affermazione vera dei valori fondamentali di libertà, di
giustizia, di rispetto della dignità della persona umana.
La
nostra cultura della pace ha finito per prevalere, e ha dato vita a
una struttura istituzionale ancora incompleta, ma ormai saldamente
radicata. Mezzo secolo fa ci siamo avviati in sei sulla via
dell'unificazione europea. La visione che ci ispirava ha convinto un
popolo dopo l'altro e sta ormai conquistando tutto il continente:
anche regioni d'Europa, a voi vicine, teatro fino a pochi anni fa di
barbari conflitti, generati da una vecchia eredità di
nazionalismi esasperati, di odii etnici e religiosi.
Cultura
della pace vuol dire cultura della democrazia. I popoli del nostro
continente hanno scelto, insieme con l'unità europea, la
democrazia e la pace.
L'una e l'altra hanno creato il fertile
terreno su cui è cresciuto un nuovo benessere, che senza
l'unificazione europea sarebbe stato impensabile. E' possibile che
noi Italiani, tutto questo, lo sentiamo più fortemente, lo
vediamo più chiaramente di altri.
E' in Italia, è
nella nostra storia, che si trovano le prime origini della civiltà
europea: nella storia di Roma, nella storia del Cristianesimo, nella
storia dell'Umanesimo e del Rinascimento.
Democrazia e pace
sono forze più grandi delle forze stesse della natura: sono
forze dello spirito.
Chi guarda al Friuli d'oggi non può
non avere ancora ben chiare nella memoria le immagini di 26 anni fa;
proprio di questi giorni, le vostre città e i vostri paesi
devastati, le vostre antiche chiese distrutte da un tremendo
terremoto. Ricordiamo anche l'impeto con cui vi siete allora rimessi
al lavoro, per ricostruire, e insieme per costruire un nuovo Friuli.
Vi è stato qualcosa di straordinario, di non facile da
definire, nel modo in cui voi avete trasformato un grande disastro
naturale nella rampa di decollo di una crescita che vi ha portato,
nell'arco di appena una generazione, alla pari, se non al di sopra,
di regioni di vecchia e forte industrializzazione.
Gli
economisti che hanno studiato il "modello friulano",
riconoscendone la singolarità, hanno individuato, accanto ai
fattori materiali della vostra rinascita (indubbiamente favorita
dagli aiuti dello Stato e da generose sottoscrizioni private), altri
fattori che potremmo definire "immateriali": la capacità
di usare con intelligenza le risorse messe a vostra disposizione; la
saggia opera di promozione e di sostegno degli enti locali; l'impegno
strenuo dei singoli, delle famiglie, delle imprese artigianali e
industriali, piccole e grandi, per rimettersi subito al lavoro senza
attendere l'intervento dall'alto.
Lungi dal dare il colpo di
grazia a una "propensione alla crescita" che era
ancora in fase iniziale di decollo, il terremoto ha misteriosamente
stimolato la vostra capacità di costruire, la vostra
orgogliosa voglia di fare, ha dato forza al vostro rifiuto di cedere
al dolore, alla disperazione. La natura umana è capace di
questi miracoli.
Sono ben al corrente delle giuste
aspirazioni dei vostri comuni più colpiti ad avere un meritato
riconoscimento. Mi auguro, sono certo che non debba ancora molto
tardare.
Strumenti essenziali della vostra rinascita sono
state le vostre scuole, indispensabili centri di formazione di
giovani lavoratori; e la nuova Università che allora faceste
nascere, con l'obiettivo ben chiaro di stabilire stretti legami
operativi con le finalità e i bisogni della società
friulana. Tutti questi fattori dello sviluppo sono ancora presenti, e
rimangono per voi indispensabili, di fronte alle nuove opportunità
e alle nuove sfide che vi propongono mercati europei e mondiali
sempre più aperti e sempre più vasti.
Buone
amministrazioni locali; buone scuole professionali; buoni istituti
superiori di insegnamento e di ricerca; saldi legami famigliari e di
comunità; amore delle tradizioni; fiducia nei propri valori:
questi sono e rimangono i segreti di un progresso che si fonda su una
forte coesione sociale, su una forte etica del lavoro.
La
capacità di fare sistema, di lavorare insieme - amministratori
locali anche di diverso colore politico; insegnanti ed educatori;
imprenditori singoli, associazioni di categoria ed organizzazioni
sindacali - questi sono stati i fattori che hanno fatto risorgere
così rapidamente il Friuli dalle rovine del terremoto, e che
continueranno ad essere, come qui è già stato
osservato, la linfa del vostro progresso.
Non occorre andare
lontano per scoprire i valori capaci di darvi fiducia nel futuro.
Quei valori sono qui, presenti nella vostra realtà quotidiana
e nella vostra cultura millenaria.
L'Italia, l'Europa,
progrediscono insieme perché hanno un grande patrimonio di
ideali comuni a cui attingere per continuare a dar vita a nuove
istituzioni di governo democratico, di progresso e di pace.
Non
lasciatevi trarre in inganno dall'immagine, che offrono talvolta
tutti i nostri Paesi, non l'Italia soltanto, di improvvisi, inattesi
sbandamenti d'opinione, o di contrasti politici e sociali anche
aspri.
Vi sono sempre, nella natura delle democrazie, margini
di imprevedibilità. E vi sono motivi di conflittualità
in tutte le società. Il segreto della democrazia è di
saper incanalare la conflittualità nell'ambito delle libere
istituzioni, luogo d'incontro e di dialogo, facendo sì che
essa non abbia risultati distruttivi ma sia anzi lievito di
progresso.
Fino a non molti anni fa, appena al di là
delle frontiere, vedevate società apparentemente senza
conflitti. Ma erano anche società senza libertà, senza
stimoli vitali, senza progresso, governate da istituzioni che
finirono per rivelarsi fragilissime e per crollare da un giorno
all'altro.
L'arte di contenere e regolare i conflitti, che è
l'essenza della democrazia, fondata sull'accettazione di principi di
libertà condivisi e rispettati da tutte le forze politiche,
mette continuamente alla prova le coscienze, stimola l'assunzione di
responsabilità da parte di tutti i cittadini, e permette di
costruire istituzioni e organizzazioni sociali solide, capaci di
evolvere nel tempo.
L'essenziale è che la dialettica
politica rimanga viva e forte, che il confronto delle opinioni
rimanga libero da intralci e da pregiudizi, che esso si esprima
attraverso una molteplicità di canali: anzitutto attraverso
una stampa e un sistema radiotelevisivo pubblico o privato che siano
come un caleidoscopio capace di riflettere il pensiero di tutti; e
attraverso la libera espressione della volontà popolare, nei
modi previsti dalla legge, nel Parlamento e nel Paese.
La
nostra Costituzione garantisce, da oltre cinquant'anni, il corretto
funzionamento delle Istituzioni, volto alle finalità e ai
compiti affidati a ciascuna di esse; prevede un sistema di equilibri
e di contrappesi, che è oggetto dell'attenzione costante e
vigile dei cittadini.
In relazione agli avvenimenti di
Napoli, dopo le misure adottate dall'Autorità Giudiziaria nei
confronti di appartenenti alla Polizia di Stato, riaffermo che la
Magistratura e le Forze dell'Ordine costituiscono un patrimonio
comune di tutto il Paese. Assieme, rappresentano da sempre garanzia
del nostro ordinamento costituzionale, e quindi della nostra
democrazia.
Magistratura e Forze dell'Ordine agiscono e
continueranno ad agire secondo quei rapporti di reciproca fiducia e
di collaborazione, che hanno consentito e consentono di garantire la
sicurezza dei cittadini, contrastando con efficacia anche le più
pericolose condotte criminali.
Superata la pur comprensibile
amarezza suscitata da questa vicenda, occorre che tutti recuperino
serenità.
Occorre che la Magistratura - la quale, ne
sono certo, farà in modo di pervenire al più presto
alla conclusione delle indagini - sappia di poter contare sulla piena
fiducia dei cittadini; e che le Forze dell'Ordine avvertano il
sostegno e l'apprezzamento generale, per il loro impegno quotidiano a
protezione della collettività.
Al buon governo può
e deve dare un forte contributo la distribuzione delle responsabilità
e dei poteri in una scala ascendente, che va dai comuni e dalle
provincie, alle regioni, agli Stati nazionali, alle istituzioni di
governo dell'Unione Europea.
Lungi dall'esservi una
inarrestabile corsa alla concentrazione del potere nelle sfere più
alte, come alcuni infondatamente temono, la tendenza oggi dominante
nella nostra patria europea è di lasciare agli organi di
governo locale, più vicini all'elettorato, più vicini
al controllo popolare, tutte le funzioni che questi possono svolgere
efficacemente; e di affidare agli organi via via più elevati,
con un raggio d'azione territoriale più vasto, quei compiti di
governo che non possono essere altrimenti assolti.
L'Italia è
a buon punto (non so, signor Sindaco, se più indietro o più
avanti, in qualche caso, di altri Paesi europei) nella
definizione di un sistema di governo nazionale fondato su un
articolato federalismo solidale; certo, anche qui c'è ancora
molto da fare, soprattutto in fase applicativa.
E' in corso
una maturazione, che presuppone un dialogo impegnato, serrato,
sereno, fra gli stessi enti locali, comuni, province, regioni, e con
lo Stato centrale. Dialogo che ha sedi definite e operanti e
istituzioni di garanzia collaudate da mezzo secolo di vita
democratica: la Corte Costituzionale e il Presidente della
Repubblica, garante ultimo dell'unità nazionale, nel rispetto
della Costituzione e dell'attuazione delle sue norme.
Sono
convinto che i problemi concreti, che sono stati sollevati in questo
nostro incontro, relativi all'attuazione pratica delle nuove norme
costituzionali e ai rapporti da instaurarsi fra le diverse
istituzioni locali e centrali, meritano di essere al centro di un
attento dibattito, da parte del mondo politico, come da parte del
mondo della cultura e dei mezzi di comunicazione.
E'
all'interno di questo quadro, italiano ed europeo, e delle garanzie
di stabilità, di pace e progresso che esso ci offre, che
ciascuna delle nostre regioni elabora il proprio progetto di crescita
economica e civile; sviluppando, contemporaneamente, quella complessa
struttura di governo locale a più livelli a cui stiamo dando
vita.
L'impresa non è facile. Essa mette alla prova il
civismo, ma anche la capacità delle amministrazioni locali di
operare usando, soprattutto per semplificare e accelerare le
procedure amministrative, le più aggiornate tecnologie oggi
disponibili, dimostrando una capacità di innovazione pari a
quella che permette alle nostre imprese di affermarsi ed espandersi
sul mercato mondiale.
Delle vostre ambizioni, come dei vostri
problemi, voi mi avete offerto un quadro esauriente e stimolante, che
arricchisce la conoscenza dei temi che fin dai miei primi incontri di
ieri sono apparsi come i motivi-guida di questa mia visita al Friuli,
così felicemente iniziata. Oggi vi saranno altre importanti
occasioni di portare avanti il nostro dialogo. Vi ringrazio per la
vostra accoglienza, e vi auguro buon lavoro, animato da sentimenti di
motivata fiducia in tutti voi.
http://www.quirinale.it/Discorsi/Discorso.asp?id=17478w#`
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