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Abatantuono il terribile |
Come un Falstaff prodigioso, autoironico e curioso, Diego Abatantuono attraversa le stagioni della comicità italiana, quella doppia velocità: ruvida e smargiassa quando faceva il .terroncello. impetuoso e sgrammaticato dal tormentone .ecceziunale veramente!!!., e più introspettiva a amara in commedie come .Regalo di Natale., .Mediterraneo. e .Turnè.. Ora, con uno sguardo agli esordi cabarettistici, Abatantuono porta in giro Colorado Café Show. Abatantuono, torna al cabaret? No, solo alla formula del vecchio Derby di Milano. Facevo il direttore delle luci, il tecnico: capirà il proprietario del locale era mio zio. Poi un giorno sono andato sul palco a presentare i miei amici: Boldi, Porcaro, Faletti, Salvi. E ci sono rimasto. Però non rifarei mai il cabaret di una volta: sarebbe penoso. Preferisco il ruolo di maestro di cerimonia. Cioè, presentare gli altri? Più o meno, anche perché ci sono cabarettisti nuovi che meritano la scena. Però se ci va lei, la gente ride ancora... E ci credo, cerco di essere simpatico. Non faccio mica il drammatico: guardi, di Albertazzi fra i comici non ce n'è proprio. Ma lei spesso è amaro, mica fa solo ridere... Vero, ed è un dono cha fa parte della storia del cinema italiano, di tanti grandi attori del passato. Perché oggi, purtroppo, questa caratteristica si è un po' persa. Mentre lei l'ha mantenuta. Sì, ma non è mica facile: E' come cambiare velocità in corsa. E mica lo decidi tu: te ne accorgi dalla reazione del pubblico. Se hai sempre fatto il comico, ed entri in un ruolo drammatico aspetti cosa fa il pubblico: se piange, invece di ridere, ce l'hai fatta. I film che ama di più? Quelli con Salvatores: .Marrakech., .Mediterraneo., il nuovo .amnesia.; poi Regalo di Natale. di Pupi Avati, .Il toro., .Per amore solo per amore, ma anche .Il barbiere di Rio.: perché bisogna sempre sapere cosa si vuol fare, se far ridere o commuovere. Il problema è quando non ne azzecchi una. Jannacci dice che c'è poco da far ridere, oggi. E' verissimo. Ma non solo in Italia, anche in Europa. Guardi i francesi: facevano tanto i fighi e ironizzavano sul fatto che avevamo Berlusconi. Ora, con Le Pen, sono caduti dalla padella: quindi c'è poco da gioire in questo momento. Ma un comico deve fare il suo mestiere comunque, no? S', infatti mi dispiace quando certi attori annullano la propria ironia, Faccio un esempio: Nanni Moretti è un gradissimo ed è un peccato che non ironizzi più. Forse è una scelta, uno non ha più voglia di far ridere. Però non sfruttare certe doti è sbagliato. Un sorriso non guasta mai. Invece Moretti fa i girotondi e Jovanotti canta contro il terrorismo. Lei che ne pensa? Non lo so. L'artista prima di tutto è un essere umano, diverso da qualsiasi altro artista che gli passi vicino. Che deve fare, davanti alla realtà? Dipende da chi sei, da come ti rapporti con il mondo. Io, per esempio, non amo una certa smania di esserci, di apparire, comune a tanti miei colleghi. Come il presenzialismo in tv? Ecco, in tv ci vado a raccontare un film o a parlare di qualcosa che mi diverte come il calcio. Per il resto, la mia mossa alla partita a scacchi della vita è la coerenza. Faccia un altro esempio. Nei miei film non c'è mai il contrario di quello che penso: questo è poco ma sicuro. Anche perché non sono sempre sicuro di aver ragione, di aver capito tutto. E la storia italiana degli ultimi anni è costellata di gente che credeva di aver le idee chiare: Occhetto, D'Alema... Perché cita solo leader di sinistra? Perché sono sempre stato legato a quella parte lì. E poi perché gli artisti sono sempre stati di sinistra. Se la sentono gli altri... Ma io la cultura di destra la conosco poco. Forse perché sono nato negli anni Settanta, quando la cultura era di sinistra. Ho passato più di trent'anni della mia vita con quel modo d'intendere le cose. Ma tutto cambia e adesso che c'è la destra al governo, avrà modo di esprimere una sua cultura. E lei che fa? Sta a guardare? Non ho preconcetti: se vedo un bel film, dico ch'è un bel film. Se poi il messaggio è fortemente negativo, allora prendo le distanze. Ma solo a quel punto. Ligabue dice che, da interista, è a rischio cardiaco. Non ci credo, gli interisti dimostrano di avere un cuore di ferro. Perché sono tredici anni che resistono benissimo allo stress di non vincere nulla. Battuta da milanista. Ma lei allo stadio ci va? No, non ci vado più. L'ho frequentato solo l'anno scorso per .Quelli che il calcio.. Il mio intervento era dallo stadio, non potevo fare altrimenti. Ma non era un grande tifoso? Sì, ma non mi piace il clima che si è creato, non mi piace portarci i miei figli, non mi piace nemmeno tanto un tipo di gente che ci va solo per farsi vedere. Non vedo più tanti tifosi, ma gente che a curarsi l'immagine. Sarebbe molto meglio se andassero a curarsi in una clinica. Che fa, polemizza anche con il mondo dello sport? Ci mancherebbe, non sopporto quelli che contano qualcosa solo alla domenica. Chi esercita un fastidioso tipo di potere. Non dico i vigili, ma tutti gli altri. Pensi che io mi sono sempre pagato la tessera. Ma se quando entro in uno stadio mi devo sentire un ospite, mi passa la voglia. Intervista di Renato Tortarolo . IL SECOLO XIX . 26/04/2002 |
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