Non
è tutto rose e fiori dallAfghanistan che forse sta
per essere liberato dal regime oppressivo dei Talebani. Giungono
notizie di altre violenze da parte dellAlleanza del Nord ma
certamente per la prima volta, in un paese assediato dalla guerra
che vive nella più assoluta indigenza e in condizioni per
noi primitive, arriva la notizia che il giogo posto dai Talebani
alla visibilità e sostanza di esistenze umane è
stato apparentemente scardinato. Non stiamo parlando
certamente di restituzione di diritti, tanto meno di liberazione
grazie allintervento occidentale. Ma se la sopravvivenza è
ancora lo scopo di chi vive in quelle terre, alcune riacquistate
libertà probabilmente daranno un minimo sollievo alle
donne afghane. La grata e il cappuccio delle reiette si possono
sollevare, il sole vibrante delle altitudini e delle pianure
torna a colpire gli occhi delle donne, la pioggia e la neve che
stanno arrivando con linverno durissimo bagneranno i loro
visi, finalmente liberi dalla segregazione di una semplice stoffa
che taglia fuori dal mondo. Ogni mattina sarà diversa,
perché si può uscire sole e tornare a studiare e a
lavorare. E i bambini fabbricano aquiloni e dovunque riprende
il brusio del mondo, le emozioni passano dalle canzoni suonate
alla radio, e sì, anche gli uomini sono meno schiavi di
prima, sempre un bel po più liberi delle donne. Le
donne possono camminare per le strade svelando sorrisi, si può
guardare dritto in faccia chi si incontra. E andare da qualche
parte a mangiarsi un gelato, magari sedute a guardare le valli e
le montagne, per pensare un poco a se stesse. Per credere davvero
che adesso non si dovranno temere più mani e piedi mozzati
se appena abbelliti da uno smalto, né si dovrà più
trascorrere gli anni della propria vita nella reclusione, e le
case non torneranno più a essere galere. Ma è
davvero così? O è solo un minimo concesso, anzi è
il minimo concesso da una società fatta, diretta,
conservata dagli uomini? Sono stati gli uomini che hanno deciso
di fare materialmente la guerra, sono stati uomini americani a
aiutare la presa del potere di uomini talebani contro uomini
russi, e adesso sono altri uomini antagonisti a decidere ancora
cosa è permesso alle donne: il permesso di accettare e
adeguarsi a nuove regole alle quali non possono contribuire, che
non possono contestare, alle quali non possono ribellarsi,
augurandosi che siano più benevole e permissive. Uscendo
dalle caverne oscure nelle quali sono state confinate per tanti
anni, le donne afghane cosa avranno provato? Spaesamento, rabbia,
felicità, ulteriori vincoli? Si possono immaginare tutti
questi sentimenti insieme, lontane come queste donne sono da ogni
sofisticazione di pensiero che noi occidentali abbiamo a
disposizione, noi che invece della conquista della libertà
siamo alle prese con la questione delluso che della libertà
facciamo. Il valore simbolico del burqa e la mortificazione del
corpo che ne segue però sono stati ben compresi dagli
uomini e dalle donne afghane. Cosa significava lo sapeva
benissimo chi lha imposto e lo sapeva nella disperazione
chi lo pativa. Il non-valore delle donne passa inevitabilmente
dal corpo: coperto e nascosto interamente in gran parte del mondo
arabo, completamente denudato e esposto nel nostro mondo,
comunque corpo vilipeso finchè non saranno le donne a
decidere cosa farne. Che siano pretese di credi religiosi o
induzioni di ragioni economiche si chiede alle donne di essere
questo o quello, a seconda di ciò che pensa chi ha il
potere per decidere, ecclesiatico o finanziario che sia. Spesso
la richiesta è implicita e strisciante nel «nostro
mondo» e esplicita e violenta nell«altro».
Per questo, riflettendoci, si fa fatica a gioire della
distruzione del giogo talebano. Altri gioghi, sotto altre forme,
nasceranno finchè saranno altre mani ma non quelle delle
donne stesse a sollevarlo.
Valeria
Viganò L'UNITA' - 14/11/2001

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