Un
incontro, al termine di una giornata d'aprile quasi invernale,
con Manuel Agnelli - cantante, chitarrista e leader degli
Afterhours -, Giorgio Prette e Dario Ciffo, rispettivamente
batterista e violinista della band milanese, gruppo di punta del
rock italiano da ormai quindici anni. Un pomeriggio in cui almeno
duecento ragazzi sono arrivati in centro, alla Libreria
Feltrinelli, per incontrarli all'indomani di un concerto che ha
richiamato oltre cinquemila persone al Villaggio Globale, e per
raccogliere autografi sul nuovo disco, uscito due giorni prima.
Ballate per piccole jene è un disco intenso, dove
spiccano i suoni acidi e duri delle chitarre elettriche, ma anche
le raffinate sonorità psichedeliche del mellotron, con
richiami agli anni `60 e `70.
Chi sono queste piccole
jene?
Le piccole jene siamo noi. In
effetti noi scriviamo quasi sempre di cose che ci riguardano
direttamente, ovviamente cercando di lasciare una libertà
interpretativa, in modo che qualcuno ci si possa, se vuole,
riconoscere. Le jene siamo noi e la gente che ci circonda, e
Ballata per la mia piccola jena (seconda traccia del cd e
primo singolo estratto, ndr) in realtà sono io che
parlo a me stesso.
Un tema che trattate spesso è
quello dei sentimenti, quasi sempre degli amori molto
contrastati, conflittuali, difficili: quanto c'è di
personale?
Probabilmente questa sfera affettiva
contrastata dipende anche dalla sensibilità delle persone.
Essendo tutti noi dei bei «caratterini» abbiamo
comunque dei rapporti che, anche quando sono positivi e intensi,
non sono mai completamente pacificati, tranquilli.
In
un brano citate una frase di Giorgio Gaber, due miserie in
un corpo solo. Anche per voi il sogno è
infranto?
No, qui l'ho inteso come un discorso sulla
mediocrità e soprattutto una presa di coscienza della
propria mediocrità. Possiamo dire che Il sangue di
Giuda, da cui è tratta la frase, è la canzone
manifesto del disco, è su una persona che non vuole
eternizzarsi morendo e passare alla storia non commettendo errori
perché è morto prima di poterli commettere, ma
vuole rimanere a vedere che cosa succede e cambiare idea,
eventualmente. «Due miserie in un corpo solo» è
imparare a barare e sentirsi più vero, una situazione in
cui mi sono trovato spesso. Quindi non mi sono collegato al tema
della canzone di Gaber, ho solo rubato una frase per metterla in
un contesto del tutto diverso, come ho fatto tante altre volte
con la Bibbia, Novella 2000, Einstürzende Neubauten, Primo
Levi..
Musicalmente, dopo una fase più
intimista, siete tornati ad un rock più elettrico,
sanguigno.
È vero. Il disco precedente, Quello
che non c'è, è un disco più passivo, più
arreso, molto scuro, sulla perdita di identità. Invece
Ballate per piccole jene è decisamente più
rabbioso, con la consapevolezza dei propri limiti, come dicevo
prima, della propria mediocrità, per cui c'è una
disperazione un po' diversa, meno arresa. E credo che questo
corrisponda anche al desiderio fisico che avevamo di suonare cose
più pesanti, più veloci.
Il futuro...
In
tournée fino alla fine del mese. Abbiamo deciso di
concentrare le date per non essere in tour perenne, anche perché
questo toglie energie per creare musica nuova e ti fa entrare
nella routine e gli spettacoli diventano più celebrativi
che viva. Abbiamo iniziato il tour con i pezzi nuovi prima
dell'uscita del disco proprio per avere un altro tipo di
reazione, con gente che non conosce i pezzi e che quindi è
costretta ad ascoltare e non a celebrare cantando in coro ecc.
Non c'è nulla di male nel celebrare ma quando è
solo così diventa quasi farsesco.
Ma in realtà
al concerto c'era già chi cantava i nuovi
brani.
Probabilmente l'album era già in rete,
anche se non in forma definitiva. E questo è un altro
argomento spinoso. Io mi ricordo che quando ero ragazzo, tra
amici ci facevamo le cassette, a decine, ma questo non influiva
sull'industria discografica, anzi, la alimentava. Credo che
scaricare da internet sia eticamente sbagliatissimo ma penso
anche che il proibizionismo non serva a niente - non è
servito con la droga, con l'alcol o con la prostituzione - e che
non sia questo il problema più grande dell'industria né
il motivo della sua crisi. Moralmente non condivido che si
scarichi musica in questo modo, ma allo stesso tempo penso che se
un cd costa tanto e un ragazzo non può permetterselo non
vedo perché non dovrebbe approfittare di un mezzo che ha a
disposizione. La musica è viva, è una cosa di cui
la gente ha bisogno, una necessità, la si va a cercare e
la si prende in qualsiasi modo. Il pubblico forse non si ritrova
più con i veicoli usati per diffonderla, che sono
amministrati in maniera molto mediocre. Ovunque, ma in Italia più
che altrove.
Intervista
di Roberto Peciola IL MANIFESTO 22/04/2005
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