I no global? Godono di ottima salute |
Dopo averne celebrato ripetutamente il De profundis forse sarebbe opportuno che i più noti opinionisti italiani, prendano atto di tre semplici verità: il movimento contro questa globalizzazione neoliberista è vivo e vegeto, è destinato a durare ancora a lungo ed è capace di essere fortemente propositivo.
La prima verità: il movimento è vivo...
Molti a destra, si erano illusi che la feroce repressione attuata a Genova attraverso la violenza delle forze dell'ordine, l'uso strumentale dei cosiddetti Black Bloc (gruppi violenti ed estranei al movimento), e la criminalizzazione mediatica avrebbe distrutto il movimento o per lo meno l'avrebbe spezzato, ottenendo la presa di distanza di alcune aree associative e cattoliche e costringendo nella spirale suicida della risposta, colpo su colpo, le aree giovanili più radicali. Tutto ciò non è avvenuto, la criminalizzazione mediatica è stata respinta grazie anche al preziosissimo lavoro di tanti operatori della comunicazione. La violenza terroristica dell'undici settembre e la cieca violenza inaccettabile ed inutile della guerra non hanno annichilito la nostra azione, né, come molti speravano, ci hanno rinchiuso nel silenzio.
Le grandi manifestazioni pacifiche dello scorso autunno, hanno reso evidente da che parte provenisse la violenza. Non ci siamo divisi, ma anzi la pluralità delle nostre presenze e delle nostre scelte è diventato il segno della nostra forza. Non ci siamo fatti travolgere dalle sirene mediatiche, né dai richiami del teatrino della politica istituzionale, ma non abbiamo mai rinunciato a porre, ovunque fosse possibile, la centralità dei nostri contenuti.
Veniamo così al secondo punto: sarà una realtà che durerà a lungo...
Questo movimento non è nato a livello internazionale a Seattle, così come in Italia non è nato a Genova, in tali occasioni vi è semplicemente stato un precipitato politico-mediatico che da un lato ha reso visibile al grande pubblico un fenomeno che si era formato negli anni precedenti e dall'altro ha reso consapevoli i protagonisti stessi del movimento della loro forza e dell'importante ruolo che stavano occupando nella società globalizzata.
In Italia questo movimento affonda le sue radici nella seconda metà degli anni ottanta quando decine di migliaia di donne e di uomini, abbandonano, delusi e bruciati dalle sconfitte, la militanza politica. Molti scelgono di proseguire il proprio impegno nella militanza sociale: nascono così centinaia e centinaia di associazioni di volontariato e di cooperative sociali.
Ed alle parole si affiancano sempre più progetti d'intervento, pratiche concrete di solidarietà; il fare diventa centrale nella vita di ognuno, diventa parametro di misura dell'efficacia della propria azione; c'è bisogno di sentirsi utili, di essere riconosciuti e di riconoscersi come operatori di una giusta causa. Ognuno, procedendo nel tempo, si rende conto che la soluzione di una questione specifica rimanda sempre più spesso ad analisi globali, alla necessità di trasformazioni complessive all'urgenza di alleanze sempre più vaste.
La politica, riacquista la sua centralità (anche se sempre è stata presente nell'agire sociale delle molte associazioni), ma è una politica molto diversa da quella lasciata nel passato; l'accento è posto sulle grandi questioni epocali e planetarie, vi è la consapevolezza che il potere e meno facilmente identificabile, contemporaneamente più accentrato e più diffuso; sfugge ai confini nazionali, alle decisioni dei parlamenti. Anche per questo il movimento nella sua complessità non tende da subito a confrontarsi con le dinamiche istituzionali nazionali.
Lo farà quando vi sarà costretto o perché i governi eserciteranno una forte repressione o perché si rifiuteranno di approvare leggi, quali la Tobin Tax, che contrastino questa selvaggia globalizzazione neoliberista o perché cercheranno di approvare leggi che renderebbero ancora più palesi le ingiustizie di questo mondo: come nel caso dei provvedimenti verso gli immigrati o i tentativi di privatizzare e rendere subalterni agli interessi del mercato, servizi essenziali quale la scuola e la sanità.
Questo è, quindi, un movimento destinato a durare nel tempo non solo perché ha un ampio e solido retroterra alle sue spalle, ma anche perché, purtroppo, le grandi ragioni che ne hanno provocato la nascita sembrano destinate, ancora per molto tempo, a restare senza risposta.
E' fortemente propositivo...
Questa è la terza caratteristica di questo movimento.
Molti, tra i media ufficiali, hanno preferito ignorare a Genova gli affollatissimi dibattiti del Public Forum, ma sarà meno facile ignorare il Forum Sociale Mondiale che si svolgerà a Porto Alegre in Brasile dal 31 gennaio al 5 febbraio in concomitanza con l'appuntamento annuale dei banchieri e dei potenti della Terra, che quest'anno, anziché a Davos si svolgerà a New York.
Circa 50.000 persone provenienti da ogni angolo del pianeta discuteranno a Porto Alegre suddivisi in 26 plenarie, 50 seminari ed oltre 500 workshop; giovani e adulti, scienziati e contadini, intellettuali e attivisti delle Ong, lavoratori, sindacalisti, teologi...si confronteranno sui grandi temi della nostra epoca: la lotta alla povertà, l'impegno contro la fame nel mondo, la campagna per l'accesso all'acqua potabile, il rifiuto della privatizzazione dei servizi sociali, gli studi per la riconversione produttiva delle fabbriche di armi, la cancellazione del debito dei Paesi poveri, la campagna per l'accesso ai farmaci, e quella contro gli organismi geneticamente modificati, il rifiuto della guerra come soluzione dei conflitti, l'impegno ambientalista e gli accordi di Kyoto....Dietro ognuno di questi titoli vi sono elaborazioni e proposte precise.
Mi guardo intorno e non mi sembra di scorgere null'altro che una grande omologazione, il pensiero unico del mercato, la supina accettazione della guerra come strumento di non-soluzione delle tragedie del nostro tempo, il terrorismo omicida tanto speculare, nella violenza e nell'espropriazione del diritto dei popoli a decidere il loro futuro, al potere che dice di combattere. Questo movimento sarà forse ancora troppo ingenuo, magmatico, confuso e certamente destinato anche a commettere errori, ad avanzare non sempre in modo lineare, ma all'orizzonte sembra davvero un interlocutore obbligato per tutti coloro che affermano ancora di voler un mondo anche solo un po' più giusto.
Vittorio Agnoletto L'UNITA' 13/01/2002
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