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ALESSANDRO ERRICO |
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Alessandro Erico, ha 27 anni ed abita a Sannicola, a pochi chilometri da Gallipoli. Ha pubblicato "Asimmetrie" (Manni editore), ha scritto e rappresentato tre opere teatrali sulla polisemia del dialetto salentino. Ha vinto alcuni premi di poesia ed è presente in numerose antologie poetiche, tradotto anche in inglese, tedesco, francese e spagnolo. Ha anche scritto sceneggiature per cortometraggi, realizzati col gruppo di attori casuali e di amici saltuari.
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POESIE |
Il ticchettìo dei passi trafigge lalba che rincasa, la notte è un battito alato del cuore, le stelle sono isole di luce ubriaca, unombra fa eco alla parola che regge il sudario, la luna perde la ruggine dei luoghi dove si affoga per vivere colpevoli di non esserlo. E guardo tremar la rosabruna.
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Andarono in fila come angeli dispersi nel tepore della fiamma. Resta la cenere. E noi.
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Uno spiraglio dombre sintromette nel peso specifico della luce, ma in questo paradiso a fari spenti lasino cieco gira la pietra nel dove si cerca luomo: manca qualche sillaba per quel nome di creta spezzata. Il guscio del sonno orbitale indossa con fatica gli occhi allalba, gemella che uccide quando la cicala mangia la formica e si strozza. Il ragno impietosito getta la rete.
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Il vespro raccoglie i suoi frutti negandoci la chiarezza nel ritiro della sera. La coscienza sfiora fili spinati rincorrendo mandorli in fila, sorvolando voci di foglie trascinate quando il tempo cade tra gli ulivi, senza rialzarsi. E si vorrebbe esser come i gatti, distesi sul proprio esistere, in coda a un desiderio chè già estate. Quale vita ci salverà dallo scirocco?
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La rena sintreccia al libeccio che interrò la primavera dei tuoi occhi larghi negli spari, furto innocente di luce. Sogni sono gli accasciati muri nel dormiveglia ai passi della sorte, assediati dalla pioggia. Il rimorso gorgoglia come sabbia sul cuore.
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Incorniciata la luna da una finestra, la notte un abbaio varca la mia frontiera e tu, sorella di stelle maledette, mi ondeggi nel lenzuolo dei tuoi baci senza scheletri da contraddire. Lingegneria sillabica ruota nei cicli del mondo immobile, ovattato dalla morte che tradisce. Dodicimila occhi cavalcano libellule. Sasha, quindicanni di terre altrui, beve la vita che somiglia allacqua
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Neppure la morfina per i campi di nebbia scivolatici addosso. Mano cerca mano come dacqua su acqua il suono buca lanima, in un senso di quasi morte. Nella city of the night la notte è un ombrello di seta e volteggiare di sillabe immuni da significato. Continuo addio è vivere solo di vigilie se lorizzonte conclude il panorama. Lune elettriche mordono la strada. Quando farà giorno alla tua finestra, aspetterai di non capire i baci.
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Il dado circolare del destino sguscia dal candelabro, polso e dita di speranze, che scansa il vento come un affioro del profondo. Alcuni silenzi vocati al disordine scontano fortemente le colpe se la voliera ci fa da specchio, dove giustizia si trucca darbitrio.
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Nel mare traspare la rosa rugosa che massonna dopo sera, carezza dinattraente lume. Invecchiare coralmente di secondi negli amori, affluenti allandare mano dalla mano, lontani dal mosaico del nostro stare. Larancio marcio sovrasta lasfalto che lima i piedi. E come i piedi, il cuore.
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Scisso luomo dallangelo di miele appeso nel paese delle lune. Il circo sgonfia le tende, mistero liquido di specchi chè la striscia dimpercepibile granulare. Fra cipressi e salici, scudisci dombre, mi ritrovo scarda di legno meridiano.
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Le rapsodie prenatali in cui lanno si sdipana sono riverberi orientali di città, giallo nebbia che risucchia il sole nellinvisibile spirale. Simmagenta di cobalto linferma stasi, non vento ma quasi, fra peschi intrisi daurora. Nelle figurazioni di un agire sparai al mio nome e nome tornai. La morte ci troverà vivi?
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Il grecale che scuote le stelle purifica col fuoco la lingua spezzata del lampo, giocattolo boreale per la semina dello scorpione bianco. Gli dèi della tignòla, diseredati dai ricordi, circondano la casa del vasaio con ministri e puttane. Oh re del giorno, dacci per tenda una dimora tra i mari.
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