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MUSICA

IMAGINARIA

Dopo oltre dieci anni di attività giunge Imaginaria, il sesto album degli Almamegretta, indubbiamente una delle band più originali ed innovative del nostrano panorama musicale: in effetti sin dagli esordi nel '93 con 'Anima migrante' la band partenopea ha dimostrato una vena creativa ed uno stile fuori del comune, che gli ha conferito una forte credibilità a livello internazionale tra gli 'addetti ai lavori', consolidata dalla innumerevoli e prestigiose collaborazioni di cui negli anni si è arricchito il curriculum della band.
Se si dovesse condensare in una sola parola la caratteristica peculiare degli Almamegretta, senza dubbio questa sarebbe
contaminazione. Al loro apparire 'Anima migrante' e 'Sanacore' hanno rappresentato una fresca e conturbante novità: microsolchi innervati da tarantelle e tamurriate arricchite da ipnotici momenti dub… Ritmi latini scossi ed irradiati da sinuose ondate orientaleggianti, sonorità rarefatte ad ornare canzoni di un velo dal fascino esotico. Il tutto valorizzato da una spontaneità davvero accattivante. 'Lingo', del '98 ha rappresentato una matura e piacevole conferma delle potenzialità della band, mentre '4/4' ha costituito un momento isolato nella discografia degli Almamegretta, quasi di studio e sperimentazione 'pop', nell'ambito del quale prioritaria appariva la ricerca di una forma 'canzone' più, per così dire, convenzionale. Con 'Imaginaria' il caldo 'istinto latino' torna protagonista del sound.
Abbiamo incontrato
GennaroT, batterista del gruppo, che tra curiosità ed interessanti riflessioni sulla storia della band, ci regala anche golose anticipazioni, come quella relativa all'imminente uscita del primo disco live degli Almamegretta...

Sin dagli esordi nel 1992 il lato più affascinante della band è stato rappresentato dal carattere innovativo ed itinerante della ricerca musicale alla base del progetto: una sorta di viaggio rivoluzionario, per alcuni versi onirico, attraverso gli apolidi e polverosi meandri della vera ‘musica nera’… Un viaggio dal quale suoni e ritmiche non potevano che risultare condizionate e piacevolmente ‘sporcate’. Distanze oceaniche colmate in pochi secondi, suoni avvolgenti e rarefatti che sposano ritmiche esotiche e ipnotiche, samples e loop sintetici accarezzati dalla sensuale voce di Raiz.
Ho sempre identificato questo (eccetto che per alcuni episodi) come il filo conduttore della vostra intera produzione: ‘Imaginaria’, il vostro ultimo lavoro, ha segnato dopo la parentesi ‘pop’di ‘4/4’, una sorta di ritorno alle profonde radici del vostro originale progetto musicale?

Non credo che ci siamo mai allontanati più di tanto da quella che si può considerare la base fondante del nostro progetto, cioè praticare un genere musicale di difficile definizione, che ha l’ambizione utopica di annullare spazio e tempo. In parole povere portare avanti un tentativo di confronto tra musiche che nascono distanti tra di loro sia a livello di tempo(la melodia napoletana con ritmiche contemporenee) sia livello di spazio (la musica mediterranea messa a confronto con il reggae o il funk).
In” 4/4” oltre a qualche episodio in cui abbiamo giocato con la forma canzone c’è sempre ben presente la componente di cui sopra. Forse “Imaginaria” è un album meno pensato, realizzato con meno preoccupazioni, come se fosse un’unica lunga jam registrata in studio.
Non penso quindi che si possa parlare di ritorno alla radici, dal momento che non abbiamo mai abbandonato il nostro punto di partenza, ma abbiamo cercato sempre nuovi sviluppi a quel punto: ogni nuovo disco lo abbiamo sempre inteso e vissuto così.

Ascoltando un album o, meglio ancora, assistendo ad una performance live degli Almamegretta un elemento cattura irrimediabilmente l’orecchio dell’ascoltatore: l’attenzione dedicata dalla band alla qualità e, soprattutto, alla varietà
dei suoni.
Un aspetto che non trova in assoluto paragoni in Italia, ma che caratterizza fortemente gli Alma anche a livello internazionale, ponendoli sullo stesso piano di bands di fama mondiale: la cura del suono, che non appartiene al background della quasi totalità delle realtà musicali nostrane, connota fascinosamente la vostra proposta musicale. Come nasce questa esigenza e come viene perseguito e raffinato il risultato finale?

L’esigenza di caratterizzare il proprio suono dovrebbe essere il primo obiettivo di una band, ed è così per la stragrande maggioranza delle esperienze che arrivano dall’estero. Purtroppo da noi una cosa del genere sembra chissàche ed è uno dei motivi che condanna la “musica italiana” ad una condizione di eterna subalternità nei confronti dei prodotti provenienti dall’ “impero” anglo-americano.
Il “suono” è stata una nostra fissazione fin dall’inizio, tanto da essere i primi ad avere nell’organico della band una persona (D.RaD) che si occupasse in maniera creativa e non convenzionale della materia sonora sia in studio che durante l’attività live. Prima di allora in Italia, il “dub”non era altro che una parola oscura e sconosciuta ai più (musicisti compresi).
Elencare tutti gli accorgimenti che concorrono alla formazione del nostro sound sarebbe lungo e noioso in questa sede, e in fondo non so a che o a chi servirebbe.
Noi non abbiamo una ricetta che vale sempre e comunque, ma quello che abbiamo imparato in questi anni è fondamentalmente una sola cosa: tutta la tecnica e la tecnologia a nulla servono se alla base non c’è un cuore pulsante in grado di comunicare sensazioni e stati d’animo che possono appartenere a tutti, a chi vive nella metropoli più futuribile, come a chi spende la sua esistenza nella periferia dimenticata del mondo.

Come era già avvenuto per ‘Lingo’ del ’98, ‘Imaginaria’risulta pervaso da elementi dal sapore ‘dance’, echi sotterranei di ‘groove’ originariamente provenienti da oltre-manica, ormai patrimonio mondiale; non è mai stata un mistero la vostra passione per la ‘undergorund culture’, movimento che trae stimoli dalla più selvaggia fusione di stili ed etnie e fornisce ai più attenti osservatori inputs sempre freschi (non a caso la sua patria è Londra, da sempre crogiuolo di razze e culture). La maggior parte delle ultime e più originali tendenze musicali lega la propria genesi proprio a questo ambito (penso all’impatto di generi come il breackbeat o il nu-asian beat…)
Nonostante ciò, la componente squisitamente mediterranea
della musica degli Almamegretta, mi riferisco in particolare alle liriche in napoletano e alla voce di Raiz, risulta lo strumento che maggiormente caratterizza ‘Immaginaria’, rendendo unico il risultato.
Sei d’accordo con me?

Il modo più sicuro per far invecchiare precocemente la propria musica è quello di essere continuamente persi appresso alle varie “tendenze” che sempre più velocemente nascono e muoiono sulla scena musicale internazionale. Tenendo ben presente che quando si dice “internazionale” si pensa immediatamente ed esclusivamente a tutto quello che lo show-biz produce, inondandoci di informazioni dettagliatissime sull’ultimo brufoloso teen-ager amerikano che si affaccia sul mercato, ma lasciandoci completamente all’oscuro su tutto quello che non viene dal centro dell’“Impero”.
Quello che facciamo noi, nel nostro piccolo, è in fin dei conti un tentativo di non rassegnarsi a questo destino di sottomissione coloniale, cercando di rendere moderno ciò che viene considerato (e molte volte lo è concretamente) morto e sorpassato.

La vocazione ‘dance’ del live degli Almamegretta è innegabile.
Sebbene, pensando alla tecnologia necessaria per generare le infinite linee sonore che caratterizzano il vostro sound, gli Almamegretta non permettano una diretta associazione al concetto di ‘live band’, questa dimensione vi è sempre stata particolarmente congeniale; il vostro concerto proietta in una zona intermedia (interzona?): una sorta di ’rito', un ibrido tra musica d’autore e selvaggio 'rave', il tutto con un impatto straordinariamente fisico sull’audience.
Riuscire a costruire questi intriganti equilibri e giocarci durante la performance live non deve essere facile…

E sicuramente non lo è dal momento che il nostro repertorio è fatto sia di” canzoni” che di brani più strumentali e “dance”. Quello che concorre a rendere il tutto più omogeneo è la nostra attitudine “fisica” alla musica, evitando quanto più possibile pericolose scissioni tra lo “spirito” e il corpo, tra l’istinto e la mente. Il tutto è ancora più complicato quando si vive in una società che programmaticamente promuove e induce alla continua separazione tra le parti costitutive dell’uomo.

Dopo più di dieci anni di attività alle spalle, avete un ampio repertorio nell’ambito del quale poter scegliere la scaletta live… Ho notato che durante l’ultimo ciclo di concerti Imaginaria non ha ‘monopolizzato’ lo show e sono stati riproposti brani folgoranti degli esordi come ‘Sole’ e ‘Figli di annibale’… Se la scelta privilegia i brani che suonati dal vivo posseggono maggior appeal
, cosa puoi dirmi dei pezzi di Imaginaria?

Con il succerdersi di dischi e tour mi rendo conto che sempre di più tendiamo, forse anche involontariamente, a compilare delle scalette per i live che siano antologiche, mantenendo però anche per i pezzi vecchi lo stesso arrangiamento e lo stesso sound che contraddistingue l’ultimo album uscito.
Man mano che si va avanti si acquisiscono sempre maggiore esperienza e tecnica, che non devono essere, però, di intralcio all’istinto creativo e ,quindi, ci sembra più giusto, sia per il pubblico che per noi, attualizzare tutti i brani in scaletta secondo la nostra sensibilità del momento. Alla luce di ciò non riesco a vedere i pezzi di “Imaginaria” scissi dagli altri che facevano parte del concerto del tour nel suo complesso.
A proposito di ciò ti anticipo che stiamo preparando un album live (+ 2 inediti) dal taglio piuttosto antologico, dove saranno compresi i momenti decisivi o più particolari della nostra carriera on stage.

Produttori, remixers, musicisti, registi… molti ed affascinanti sono i personaggi che hanno incrociato la via degli Almamegretta, accostando nuove e preziose tessere nel mosaico multicolore della vostra musica: sconvolgendolo, distorcendolo e arricchendone gli ingredienti: penso a Ben Young, Adrian Sherwood, Bill Laswell, ma anche Massive Attack, Asian Dub Foundation, Sahinko Namtchilak piuttosto che i nostrani Corsicato e Capuano… Quanto è stata importante questa brillante commistione di talenti? E c’è qualcuno in particolare col quale sognate ancora di poter collaborare?

E’ stata un’esperienza molto eccitante perché, soprattutto all’inizio della nostra carriera, avevamo dei punti di riferimento molto precisi: Adrian Sherwood e Massive Attack in UK e Bill Laswell negli USA. Abbiamo passato moltissimo tempo ad ascoltare ed innamorarci delle loro produzioni, come dei fans sfegatati, poi, per una ragione o per l’altra, ci siamo trovati a lavorare con loro. In quei momenti ci siamo sentiti veramente al settimo cielo. In seguito le altre collaborazioni che si sono succedute ci hanno sempre lusingato assai, ma sinceramente non avevamo più nessun complesso di inferiorità, confrontandoci sempre alla pari e con atteggiamento “open minded”.
Allo stato attuale non abbiamo più miti come prima e, di conseguenza, sarebbe bello allo stesso modo collaborare con l’ultimo cantante contadino di Pomigliano d’Arco come con Kruder & Dorfmeister (tanto per fare dei nomi a me molto cari).

La musica degli Almamegretta si presta decisamente ad accompagnare delle immagini; registi visionari come Pappi Corsicato e Tarsem Singh hanno impreziosito le loro opere con il vostro inconfondibile sound… Raiz ha partecipato al progetto ‘Luna rossa’ di Capuano… Il trait-d’union con il cinema è sempre più deciso. Mi viene in mente una frase di Beth Gibbons dei Portishead, che recitava più o meno così: ‘… ci piace pensare ad ogni nostro nuovo disco come ad una colonna sonora per un film…’
E’ il cinema che calamita i vostri suoni, farciti di visioni, o sono gli Almamegretta a trarre linfa vitale da racconti visivi?

Qualsiasi musica può evocare immagini, immagini intese anche come stato d’animo. Ognuno di noi si può costruire il proprio film con la colonna sonora più evocatrice (e meno male che è cosi!). Questo può accadere anche con la canzone apparentemente più stupida, dipende dal momento che stai vivendo.
D’altra parte mi sembra abbastanza evidente che la nostra musica, che ha sempre un’impronta dub (che è per me la psichedelia di oggi) si presti particolarmente ad ogni tipo di “suggestione”(!?), tanto da interessare registi che noi stimiamo particolarmente. Ed è naturale che si inneschi una sorta di feedback col cinema che ami. Sono molti i film che ci hanno ispirato diversi lavori, soprattutto le opere di Scorsese e alcune di Abel Ferrara.

Purtroppo il fatto che una band come gli Almamegretta, conosciuta ed ammirata all’estero dagli ‘addetti ai lavori’, sia in Italia una mera realtà ‘underground’ non fa scalpore; inoltre, nonostante la vostra etichetta sia una major del calibro della BMG la promozione che vi viene dedicata è davvero ridotta. Come convivete con questa triste realtà?
Recentemente vi è stato un caso, molto emblematico della situazione di stasi di interesse nei confronti delle proposte musicali di qualità nostrane: il caso Linea 77; una band torinese nu-metal che ha cominciato a destare curiosità nell’ambiente discografico una volta ottenuto un consistente successo a livello europeo e non solo… Evento del tutto straordinario per una proposta di nicchia made in Italy. Qual è secondo te la chiave di lettura di queste dinamiche?

Proprio perché la BMG è una major di quel calibro, non è sicuramente la più adatta a promuovere un prodotto come il nostro, che ha bisogno della giusta collocazione ed è difficilmente etichettabile.
Con loro, tra l’altro, qualsiasi discorso sull’estero è impraticabile, perché la politica di qualsiasi major contempla il fatto che se un determinato disco non vende 300.000 copie nel mercato locale, non può essere proposto in nessun altro paese. E’ facile immaginare come una simile impostazione ci danneggi in maniera pesante, chiudendoci qualsiasi possibilità anche nell’underground estero.
Cosa per noi veramente assurda se teniamo presente la vocazione transnazionale della nostra musica. D’altra parte, a prescindere dalla collaborazioni internazionali prestigiose, ne abbiamo avuto prova durante gli episodici tour effettuati all’estero, dove non essendo conosciuto, ti giochi tutto, ma proprio tutto, in quella serata.
Se confrontiamo il fatturato del nostro mercato discografico con quello di altri paesi europei assimilati all’Italia (senza neanche considerare il colosso americano), risulta evidente come quello italiano sia veramente esiguo. Da ciò ne consegue che sempre di più gli uffici locali delle varie major, siano impegnate più a fare la promozione di routine per le stars dei grandi numeri, che a seguire una piccola realtà come la nostra.
E siccome il nostro mercato discografico oltre che piccolo è anche molto provinciale, ecco che se all’estero ottieni un certo successo, desti finalmente attenzione anche qui, dove probabilmente sei passato inosservato precedentemente.

Grazie al guestbook avete la possibilità di avere un riscontro immediato con il vostro pubblico più affezionato: in qualche modo la presenza di questo canale interattivo dal così alto potenziale condiziona la vostra attività?

Non si può parlare di condizionamento vero e proprio, ma la possibilità di un dialogo costante con il nostro pubblico è sicuramente una chance in più che ci stimola molto, tant’è vero che da qualche giorno abbiamo pubblicato un nuovo sito che si prefigura come un contenitore molto ampio a disposizione di chiunque vuole riempirlo di contenuti non necessariamente legati solo alla nostra attività o alla musica. Mi piacerebbe infatti che si discutesse nei forum anche di quello che accade nel mondo inteso sia nella sua accezione generale che particolare (ognuno di noi ha dentro di sé un micro-mondo che può interessare gli altri).

E' in: http://www.themagazine.it/c6b332/news.shtml



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