Patagonia: meta dei turisti, rifugio di nazisti |
Quando il mio amico Djako ha saputo che andavo in Argentina non si è lasciato sfuggire l'occasione. Ha organizzato una colletta in famiglia per mandare un aiuto ai parenti che abitano a Lobos, nella provincia di Buenos Aires. Il viaggio in auto da Buenos Aires con destinazione Bariloche ha dunque come fermata Lobos. La signora Dora ci aspetta sulla porta di casa con la sorella, entrambe felici per l'incontro con le persone che vengono dalla loro terra di origine, così lontana. Ci mostrano le foto della visita di Dora ai parenti vicino a Macerata, qualche anno fa. Arturo, il marito della figlia di Dora, è il più loquace della famiglia. Sotto i suoi fitti baffoni neri racconta che a Lobos esisteva una fabbrica tessile, ma è fallita. Ora le uniche attività sono l'allevamento e la produzione di latte. Apparteniamo alla classe media, ma ormai non vediamo nessuna prospettiva per il futuro. La suocera riceve una pensione mensile equivalente a 50 euro. I primi due anni di Menem non si viveva male, ma da allora le cose sono andate a rotoli. Qui ora può capitare che una settimana si lavori abbastanza bene e la seguente per niente. Ma la situazione attuale è solo l'ultima goccia di un processo che dura da 10 anni., aggiunge Arturo. La Pampa era iniziata già appena usciti dal conglomerato della Gran Buenos Aires, un mostro di città satelliti in cui vive un terzo degli argentini. Continuando sulla Ruta 3, ci troviamo ormai alla periferia di Bahia Blanxìca, una città industriale fondata come presidio militare nel 1828 per controllare la periferia della Pampa. Ancor oggi ospita il Puerto Belgrano, la più grande base navale del Sudamerica. Passiamo la notte a Médanos, un grazioso borgo poco più a sud, che un'insegna stradale identifica pomposamente come capitale nazionale dell'aglio. Viene esportato in molti paesi, tra i quali la Russia, ma se fino alcuni anni fa erano 25 le famiglie che si occupavano della coltivazione dell'aglio ora sono rimaste solo in due. Ora siamo nella Patagonia vera e propria. La valle del Rio Negro è tra le più fertili di tutta la regione: la maggior parte della frutta qui prodotta, soprattutto mele e pere, viene esportata in tutto il mondo. Al chilometro 1166 troviamo un chiosco, in cui Amalia cerca di vendere parte della produzione della fattoria che gestisce insieme al marito. Viviamo nella provincia più produttiva del paese si lamenta Amalia ma siccome siamo lontanissimi dalla capitale qui manca di tutto. Per la crisi, quest'anno non si sa cosa succederà. Dobbiamo comprare i pesticidi dell'estero pagandoli in dollari, mentre siamo costretti a vendere la frutta, che vale sempre meno, in svalutatissimi pesos. E senza comunque vederli fino a dicembre. Anche qui si sente l'eco delle proteste della capitale. La democrazia argentina è molto giovane spiega Amalia -. Purtroppo la gente esce solo ora a protestare, ma avrebbe dovuto farlo moltissimo tempo fa. Vorrei essere ottimista, ma è difficile. Secondo Amalia abbiamo praticamente lo stesso governo che ci deruba da oltre mezzo secolo. Per me ora dovrebbero entrare solo politici giovani che non abbiano avuto a che fare con il ladrocinio di sempre. Ma non esistono!. Qualche chilometro dopo Neuquén, la capitale della provincia, che funge da base per le varie attività agricole della Valle, la carretera si divide di nuovo. Lasciamo la 22 e prendiamo la 237, che si snoda verso sud-ovest, la zona dei laghi, Bariloche e le Ande. Ora le strade diventano quelle caratteristiche della Patagonia: dritte, senza quasi curve, si perdono fino a dove lo sguardo riesce ad arrivare. Tutt'intorno il niente, neanche un albero; solo la tipica vegetazione cespugliosa ed i pali della luce che portano i loro fili chissà dove. Costeggiamo il fiume Limay fino ad entrare nel Parco Nazionale Nahuel Huapi, uno dei più belli del paese, e finalmente appare la splendida Bariloche. Questa zona costituisce la più importante destinazione turistica argentina, sia d'estate che d'inverno. Se moltissimi argentini se ne sono rimasti a casa, la stagione è stata in parte salvata dai cileni, accorsi in massa dal vicino confine sfruttando la convenienza del cambio. Bariloche si trova al centro di una lussureggiante regione di meravigliosi laghi e montagne. Le specialità della zona sono il cervo e la trota salmonata, le marmellata ed il cioccolato, come quello prodotto dalla casa Fenoglio, una delle migliori della città. In centro troneggia la cattedrale gotica. Sembra di trovarsi in un pezzo di Austria o di Foresta trasportato in America Latina. Non è un caso dunque che per iniziare una nuova vita in un altro continente molti ex nazisti scelsero la regione di Bariloche: qui potevano quasi respirare aria di casa. Nella maggior parte dei casi accadde senza eccessivi problemi, grazie ai buoni uffici offerti dal governo di Perón ed ai canali preferenziali del Vaticano. Il caso più famose è quello di Erik Priebke, il boia delle Fosse Ardeatine, che visse tranquillamente a Bariloche per oltre 40 anni. La gente di qui ancora lo ricorda come una brava persona, direttore di un collegio e poi pensionato. Un'incauta intervista televisiva attirò l'attenzione su di lui. La giustizia italiana si mise in moto e riuscì ad ottenerne l'estradizione per poter poi effettuare il processo in Italia. Ma non è l'unico caso. A Buenos Aires avevo conosciuto El Croata, che anche moglie e figli chiamavano semplicemente così. El Croata pur non avendo mai messo piede nel suo paese d'origine, è un fervente nazionalista. Occhi azzurri e penetranti, capelli brizzolati e barba corta, sui 55 anni, El Croata mi ha rivelato che suo padre era soldato durante la Seconda Guerra Mondiale per l'esercito dell'Ndh, il famigerato stato (fantoccio di Germania e Italia) Indipendente Croato, protagonista di efferatezze peggiori di quelle dei nazisti. Sua madre era nipote di Ante Pavelic, il famoso capo degli Ustase, nonché appunto dell'Ndh. Lo stesso Pavelic dopo un paio d'anni passati in un campo della Croce Rossa in Italia, grazie ad appoggi nelle alte sfere del Vaticano nel 1947 riuscì a raggiungere l'Argentina vestito da sacerdote e con il passaporto emesso dalla Croce Rossa Internazionale. Dopo alcuni anni da queste parte, terminò tranquillamente i sui giorni nella Spagna Franchista. Alessandro Gori L'UNITA' 08/08/2202 |
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