Con i friulani nella Terra del Fuoco |
Mi aspettavo molto da Ushuaia, la città più a sud del mondo, come viene di solito presentata. Me l'avevano descritta fredda, bassa, con case di lamiera e gente un po' triste, forse anche pericolosa. Questa visione romantica non corrisponde quasi alla realtà. La città è cresciuta a dismisura negli ultimi 25 anni ed ha perso parte della sua identità. Con la Legge di Promozione Industriale del 1978 furono create molte industrie, ma erano effimere e non si basavano sulla produzione locale. Si importavano componenti elettronici e li assemblavano qui, ma questa non è Taiwan. Moltissimi argentini arrivarono dalle province più disparate. Non si sarebbero mai integrati nel tessuto sociale locale, composto di altri immigrati, arrivati precedentemente e ormai amalgamatisi creando un'identità locale. I nuovi immigrati venivano invece fin quaggiù per arricchirsi e ritornare poi al più presto a casa loro. Lo si notava dai loro giardini non curati. Il villaggio di Ushuaia è nato intorno al presidio penale. La prigione ha avuto numerosi ospiti famosi, ma il più peculiare è sicuramente il detenuto numero 40: Cayetano Santos Godino, meglio conosciuto come il Petiso Orejudo (il piccoletto orecchiotto). Nel 1912 Buenos Aires visse un'epoca di terrore per una serie di omicidi. Le vittime erano perlopiù bambini di pochi mesi o pochi anni. Un sedicenne dalle orecchie estremamente pronunciate non contento di uccidere le sue vittime partecipava anche ai loro funerali, per cui diventò ben presto l'indiziato numero uno. Ecco come spiegò i suoi crimini: Al mattino, dopo che mio padre e i miei fratellini mi sgridavano, uscivano di casa per cercare lavoro e, siccome non riuscivo a trovarlo, mi veniva voglia di uccidere qualcuno. Per cui mi mettevo a cercare una vittima da ammazzare. Il Petiso morì dopo alcuni decenni di prigionia sembra per le botte ricevute dai suoi stessi compagni. Aveva ucciso un gatto, la mascotte dei detenuti, gettandolo nella stufa accesa. Gli immigrati friulani in Argentina sono moltissimi e su tutto il territorio sono presenti le loro associazioni, prima fra tutti i Fogolàrs. Da tempo ad Ushuaia il Fogolàr non esiste più. Ma vi risiede ancora la signora Ancilla D'Agostino, originaria di Grions del Torre, comune di Povoletto. I friulani rimasti qui alla fine del mondo sono ormai pochi, ma con ancilla ci ritroviamo nell'Almacén (magazzino) italiano di proprietà di Dante Buiatti, di Torreano di Martignacco, a pochi chilometri da Udine. Dante ed Ancilla arrivarono nel lontano 1948 con la stessa nave, insieme a 1100 italiani, di cui il gruppo furlan era il più numeroso. Un imprenditore bolognese aveva vinto un appalto del governo argentino dell'epoca per costruire due quartieri di Ushuaia, allora ancora un villaggio di sole 2200 anime. Dante ha 78 anni ed è ora su una sedia a rotelle, perché qualche anno fa gli fu amputata una gamba. Mentre chiacchieriamo all'interno del suo Almacén , tutti i clienti che entrano riveriscono Don Dante. Io ero scalpellino, racconta. Un giorno, nel 1948, un tizio venne a cercarmi mentre stavo scolpendo un monumento ai caduti per la guerra. Mi disse che cercavano gente per andare a lavorare in Argentina. Ma bisognava presentarsi subito a Bologna per le interviste. Era il 28 giugno, ed il monumento si inaugurava per San Pietro, cioè il giorno dopo. Ovviamente io non potevo mancare. Così rinunciai. L'occasione si ripresentò quasi subito, nel successivo settembre. Questa volta Don Dante andò a Bologna, fece le interviste e ripassò da Torreano a prendere la borsa per partire. Destinazione la fine del mondo. Salparono il 26 settembre da Genova. Dante ricorda la traversata con le onde alte 10 metri. Ushuaia gli piacque subito, con le montagne che mi ricordavano le nostre Alpi, anche se qui sprofondano a picco sul mare. Tuttavia le sorprese e lo scontro con dura realtà iniziarono subito: Quando arrivammo, il 28 ottobre, c'erano 14 gradi, ma fu solo un abbaglio. Già il giorno successivo, alle 7 di mattina iniziammo a lavorare e faceva freddissimo e nevicava. E noi avevamo ancora tutti i nostri vestiti nella stiva!. Alla fine dei due anni, molti decisero di fermarsi in Argentina. Anche perché l'imprenditore se ne andò di nascosto nonostante tutti avessero diritto al viaggio di ritorno. Ma il contratto non ce l'hanno mai dato!, rammenta Dante. Se Ancilla ha viaggiato in numerose occasioni in Italia e in Friuli, Dante ci è invece tornato solo una volta, nel 1988, a 40 anni dalla sua partenza. Quasi non riconobbe i luoghi della sua infanzia. la tresemana (la statale tra Udine e Tricesimo) prima era solo un prato e ora non c'è più neanche solo un prato libero!. Nel frattempo il terremoto aveva spazzato via molte delle presenze a lui care. Arrivo finalmente al luogo che è considerato la Fine del Mondo. Si trova nel Parque Nacional de la Tierra del Fuego a Lapataia, un parco naturalistico non lontano da Ushuaia. Il percorso per arrivarci coincide con la Ruta 3, la strada che inizia a 3mila chilometri da qui, nella piazza del Congresso di Buenos Aires e percorre tutta la costa argentina. Il viaggio dalla capitale fino alla fine del mondo è stato estremamente emozionante. Un'infinita galleria di panorami e di personaggi letterari è sfilata davanti ai miei occhi. La sfida era arrivarci via terra, utilizzando soprattutto la Ruta 40. secondo alcuni, infatti, il viaggio non è metodo per spostarsi da un punto ad un altro, ma è invece percorrere quello che c'è in mezzo. Un cartello conferma la fine della Ruta 3. Si può andare ancora oltre ed il sentierino arriva su un'ultima rocca. Tutt'intorno, scogli e altre isolette, ed anche un pinguino perso arrivato da chissà dove. Questo non è ovviamente il punto più a sud, ma è forte la sensazione di trovarsi in uno dei luoghi più estremi del pianeta. Naturalmente dipende dai punti di vista. La gente di qui non considera questa regione la fine del mondo. Per queste persone la loro terra costituisce invece l'inizio di tutto. Alessandro Gori L'UNITA' 19/08/2002 |
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