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BRUNO ARPAIA

Il Secolo XIX – 22/06/2001

Si aggirano spie nei carrugi di Genova


L'abbiamo scampata bella. E ora che il pericolo è passato, possiamo rivelare ai nostri lettori quanto è accaduto in questi giorni a Genova, senza che nessuno se ne accorgesse. Per forza: è una storia di spie e controspie. Logico, dunque, che su di essa sia calato il silenzio. Come qualche anno fa ha definitivamente spiegato Umberto Eco, i servizi segreti devono rimanere segreti, se no che servizi sono?

E' vero: a volte diventano fin troppo loquaci, battono colpi come quello dell'annuncio del temuto attentato a Bush, ma i più avvertiti sanno che si tratta solo di fumo negli occhi, di manovre diversive. Normalmente le spie tramano nell'ombra, si mimetizzano col paesaggio circostante, lavorano sotto traccia. Non portano più gli occhiali scuri e il cappello a tesa larga, né gli impermeabili alla Bogart. E' per questo che a Genova, di questi tempi, non si vedono. Ma ci sono, eccome. La Superba, oggi, è come Lisbona prima della scoperta dell'America, quando loschi figuri, soprattutto spagnoli e italiani al servizio di varie corti europee si muovevano nei corridoi della reggia di Manoel I per carpire ai portoghesi i segreti della scienza nautica, la tecnologia avanzata dell'epoca, in cui i lusitani erano maestri.

Genova, oggi, è perfino peggio della Berlino postbellica, quando agenti di tutte le nazioni si scambiavano segreti e prigionieri a metà di un ponte, avvolti nelle brume dell'alba.

A Genova, oggi, spie giapponesi, agenti dell'ex Kgb, francesi del Dgse, tedeschi del Bnd, inglesi del M15, Cia e Fbi neanche a parlarne, del Sismi, del Comsubin, del Ris, e dei Ros scivolano silenziosi rasente ai muri dei carrugi, si acquattano dietro i piloni della Sopraelevata, parlano disinvolti nelle loro ricetrasmittenti come se fossero innocui telefonini con gli auricolari, si travestono da operai delle fognature per sigillare i tombini con procedimenti misteriosi, salgono e scendono da navi ed elicotteri, si lamentano perché non si fidano degli alberghi in cui sono stati sistemati, si scambiano nottetempo informazioni riservate e rigorosamente criptate per vi di Echelon.

Insomma, è la maggiore concentrazione di spie per metro quadrato della storia. Tutto per garantire la sicurezza di un vertice fra gli otto grandi che ormai è diventato puro apparato scenico, esibizione barocca di fasto e di potere, visto che le decisioni più importanti sono già state prese prima, con gli incontri delle delegazioni degli esperti, o magari via telefono ed e-mail.

Resta il fatto che il vertice si farà, e che i capi di stato dovranno essere protetti. Ma da chi? Quel'è il vero nemico di tutti questi superagenti? Il popolo di Porto Alegre? Puah, dilettanti, ci mormorano fonti confidenziali. Allora il Genio del Male di turno, il terrorista Osama Bin Laden? Solo una copertura, uno specchietto per le allodole. No, no: niente di tutto questo. Non ci crederete, eppure il vero bersaglio delle superspie internazionali convenute a Genova è costituito da alcuni loro “colleghi” di cui il mondo intero, almeno fino a qualche tempo fa, ignorava l'esistenza. Sono gli agenti dei servizi segreti padani, catalani, baschi, carinziani, corsi, bretoni, scozzesi, fiamminghi, gallesi e occitani.

Eccolo, il vero pericoli. Li aveva smascherati Manuel Vasquez Montalbàn nel suo ultimo romanzo e adesso non possono più far finta di nulla. Nel più tenebroso segreto, infatti, il fronte europeo delle Nazioni senza stato ha creato un apparato parallelo di intelligence di lotta contro la globalizzazione, colpevole di mortificare il nazionalismo e le piccole patrie, e adesso le superspie antimondializzazione sono lì, a Genova, agguerritissime, per mandare a monte il G8 e il “super Stato sovietico UE”, come l'ha definito il ministro per la Devolution, che è già di suo un agente padano infiltrato nel governo italiano. Fortuna che il Sismi, la Cia e compagnia vigilavano. Dopo giorni di accurati pedinamenti, li hanno neutralizzati. Il primo contatto operativo fra gli uomini del fronte Nazioni senza Stato era avvenuto una settimana fa, in un bar di malamorte di Via Gramsci. Seduti a un tavolino, intenti a fischiettare O mia bela madunina, gli ufficiali dei servizi segreti ufficiali hanno individuato l'agente Trevirgolanove (per cento), responsabile dei servizi padani, accompagnato dal suo vice, nome in codice Perunsoffio. Una task force con i controfiocchi: Trevirgolanove (per cento), nato a Carugate Brianza è risultato il primo nel corso per superspia e venditore di aspirapolveri (Graham Greene docet) dalla Scuola Radio Elettra di Torino del 1998, mentre la vita di Perunsoffio è tuttora avvolta nel mistero. “Verso le ore 16”, citiamo testualmente dal rapporto top secret di cui siamo venuti in possesso, “si è avvicinato loro un uomo di mezza età, non troppo alto, dall'evidente gruppo sanguigno A Rh negativo, identificato in seguito come Joseba Mendizabarreta, basco, capodivisione esteri dell'apparato segreto del governo di Vitoria”.

E qui, per maggiore chiarezza, gli uomini di Frattini allegano una fotocopia delle dichiarazioni di Xavier Arzalluz, leader del partito nazionalista basco, che sostiene che l'identità razziale di quel popolo è contraddistinta dal fattore Rh negativo del sangue. Roba da far rabbrividire Hitler di gioia “Egunon, zer moduz zaudete?” ha chiesto Mendizabarreta con aria furtiva. “Un messaggio criptato”, ha sussurrato sicuro Trevirgolanove (per cento) rivolto a Perunsoffio. “E' stato allora”, prosegue il rapporto riservato, “che la nostra squadra è entrata in azione. Purtroppo, quando l'hanno visto avvicinarsi i nostri uomini travestiti da lampioni, i tre stranieri malintenzionati sono riusciti a fuggire. Le ricerche sono proseguite per diversi giorni, ma solo oggi (ieri per chi legge, ndr) hanno dato i loro frutti e il caso è stato chiuso”.

Secondo il rapporto, Mendizabarreta è stato catturato quasi subito nei pressi di un furgone dell'Avis mentre cercava di farsi fare una trasfusione per mimetizzarsi, invece Perunsoffio è stato riconosciuto in un bar mentre faceva colazione pucciando il cotechino nella grappa. Solo per catturare Trevirgolanove (per cento) c'è voluta più fatica. Dopo giorni di inutili ricerche, ieri gli uomini del Sismi hanno sentito una voce flebile provenire da sotto un tombino del centro storico già sigillato. Quando hanno sollevato la grata, l'hanno trovato sporco e lacero, ma sempre presente a se stesso. Nel vano tentativo di passare per napoletano, addentava una mozzarella padana doc, di quelle in vendita a Pontida una settimana fa. “Mi arrendo”, ha detto serio. “Viva la Padania, anche se questa mozzarella fa schifo. Ma mi spiegate cosa voleva dirci Mendizabarreta?”. “Voleva dire “Buongiorno, come state?”, gli ha rivelato un capitano del Ris. Soltanto allora l'impassibile agente Trevirgolanove ha ceduto alle lacrime. L'abbiamo scampata davvero bella.

Bruno Arpaia – IL SECOLO XIX – 22/06/2001

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