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Bruno Arpaia

L'ufficio stampa della Franzoni?

Meglio che non mi telefoni

“The times they are-a-changing”, i tempi stanno cambiando, cantava tanti anni fa il vecchio Bob Dylan. Ma nemmeno lui poteva immaginare quanto. Credo che perfino i suoi glauchi occhi profetici rimarrebbero sbarrati e attoniti di fronte alla notizia che Annamaria Franzoni, la madre di Cogne, adesso si è dotata di un ufficio stampa per tenere i rapporti con giornali e tivù. Una mossa in qualche modo logica, se si pensa che è stata preceduta dal cambio di avvocato difensore. E che avvocato: nientepopodimeno che l'onorevole Carlo Taormina, l'ex sottosegretario agli Interni, il difensore del presidente del Consiglio, lo stratega, a detta di molti esperti, di una condotta processuale “gridata”, quasi sempre tesa non a combattere una giusta battaglia dentro l'aula del tribunale, ma a difendersi dal processo tentando di delegittimare i giudici per i più svariati motivi.

Una giustizia-spettacolo che si affianca alla politica-spettacolo e alla società dello spettacolo descritta, sempre tanti anni fa, più o meno nella stessa epoca di Bob Dylan, da Guy Debord.

Non bisognerebbe, dunque, meravigliarsi se la signora Franzoni, indagata per infanticidio, ritiene necessario incaricare una persona di curare le relazioni con la stampa e di gestire la sua immagine o le sue partecipazioni ai salotti televisivi. Eppure, scrivo queste parole e “allibisco”, come ripeteva un mitico personaggio di Domenico Starnone. Un ufficio stampa per una persona, magari innocente, ma pur sempre sospettata di aver ucciso il proprio figlio? The times they are-a-changing.

Forse i miei nove lettori ricorderanno che, in segno di rispetto per le persone implicate nella vicenda e per i meccanismi della giustizia, avevo invocato il silenzio su Cogne, mi ero rifiutato di schierarmi, avevo esortato tutti a “rispettare i ruoli, a fare i conti con il tempo e con l'indicibile grandezza di una tragedia che resta particolare, unica, anche se può far scomodare miti e archetipi universali come Medea o Urano”. Adesso la stessa signora Franzoni mi smentisce. No, no, altro che silenzio e rispetto: di lei si sparli il più possibile, sui giornali, nei talk show e sui rotocalchi patinati; che il suo processo continui a godere delle prime pagine e del prime time, magari con annunci di nuove gravidanze; che psichiatri, soubrette, anatomopatologi e presentatori televisivi continuino imperterriti a disquisire sugli schizzi di sangue del corpicino di Samuele come se parlassero della vittoria di Schumacher. Un apposito ufficio stampa manderà ai giornalisti le schede preconfezionate sulla vicenda, deciderà a quali trasmissioni partecipare e a quali no.

Non so se questa strategia sarà vincente, però contenta lei...Ma a me, per favore, l'ufficio stampa si guardi bene dal telefonare.

Bruno Arpaia – IL SECOLO XIX – 24/07/2002

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