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La scuola e le anime del ministro Moratti
Sostiene Letizia Bartali che l'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare: sbagliata la riforma dei cicli scolastici, sospesa al buio prima ancora di diventare operativa; sbagliato l'esame di stato, che deve ritornare a chiamarsi esame di maturità; sbagliata, soprattutto, l'idea che l'educazione sia un bene pubblico che lo Stato (cioè, è meglio ribadirlo, ognuno di noi) deve assicurare a tutti garantendo la libertà d'insegnamento e le convinzioni di ciascuno. Sostiene Letizia Borges che il modello ideale è la Lotteria di Babilonia, il più adatto a un paese vertiginoso dove la lotteria è parte principale della realtà. Ogni settembre, studenti e docenti torneranno a scuola senza sapere cosa li aspetterà: il loro destino dipenderà dagli umori di un ministro o dall'estrazione di un numero come nel racconto del Grande Cieco argentino? Sostiene Letizia Gentile che gli italiani devono capitalizzare le grandi tradizioni che hanno, a cominciare dal liceo classico, con la sua capacità di far ragionare in maniera logica e critica. L'ideale per la futura classe dirigente. E gli altri, i meno abbienti, i meno fortunati? No problem: formazione professionale a gogò dai 14 anni in poi, quella direttamente legata alle aziende e al mondo del lavoro, come prima degli anni Settanta. Tanto meglio se i futuri lavoratori avranno poca capacità di ragionare in maniera logica e critica. E al diavolo tutti quelli che pensano, ormai da anni, che contrapporre le lettere alle scienze sia un gravissimo errore, che le cosiddette due culture, quella umanistica e quella scientifica, in realtà siano una cosa sola. Sostiene Letizia Giussani di essere contraria a una scuola che insegue sempre l'ultima moda, dove si vorrebbe insegnare quello che è stato inventato all'ultimo momento. D'accordo, ma come la mettiamo con le tre I berlusconiane? La scuola-azienda non doveva improntarsi a Internet, inglese e impresa, cioè quanto di più all'ultima moda offre il Mercato? Sostiene Letizia Fantozzi (nel senso di ragioniere poco capace) che assumerà sessantamila docenti.
Ma la Casa delle Libertà non si era finora sgolata a ripetere che nella scuola italiana c'erano decine di migliaia di professori inutili? E i bilanci pubblici? Tranquilli: ci penseranno i miracoli del collega Tremonti, che forse è un lontano parente della ministra della Pubblica (?) Istruzione e vanta anche lui un qualche Fantozzi nel suo albero genealogico. Del resto, i due esponenti di governo devono avere entrambi fatto il vecchio liceo classico e perciò hanno qualche problema con i numeri. Sostiene Letizia Buttiglione, tra le olas e il tripudio dei ciellini del meeting di Rimini, che la scuola pubblica opera in regime di monopolio. Dimentica, la ministra, che la Costituzione, proprio per garantire la libertà di scelta, assegna come priorità alla Repubblica la funzione educativa, imponendo la pluralità di voci e di opinioni, nel rispetto di qualunque esigenza formativa. Se poi qualcuno vuol fare educare i propri figli in un ambiente chiuso e protetto, nella rigida e fondamentalistica applicazione delle idee cristiane, musulmane, buddiste o padane, liberissimo di farlo: ma non chieda fondi o finanziamenti a chi, con le tasse, già versa abbastanza denaro per garantire il pluralismo. Più semplice di così.
Sostengono in molti che chi semina vento raccoglie tempesta, che in campo scolastico, come ha ripetutamente sottolineato e documentato in questi ultimi anni Mario Pirani, i governi di centrosinistra avevano provocato sconquassi e disastri, brandendo idee confuse e copiando modelli vecchi e già desueti altrove, adeguandosi allo spirito del tempo neoliberista, ma cercando inutilmente di mitigarlo, provocando così ancora più confusione fra studenti e professori. Eppure, una tempesta così forte e così travolgente non ce la saremmo aspettata. Una tempesta tutta ideologica, con buona pace di chi, a destra e a sinistra, non ha fatto che blaterare di fine delle ideologie. Ci resta una sola consolazione: che si tratta pur sempre dell'ennesimo annuncio, che provvedimenti concreti non ne abbiamo ancora visti. Sostiene Letizia Moratti che non ha interesse ad associare il suo nome a una riforma della scuola. Sostiene, sommessamente, il sottoscritto: magari fosse davvero così.
Bruno Arpaia
IL SECOLO XIX 27/08/2001
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