|
BIBLIOTECA
| EDICOLA
|TEATRO
| CINEMA
| IL
MUSEO | Il
BAR DI MOE | LA
CASA DELLA MUSICA |
LA CASA DELLE TERRE LONTANE |
| LA
STANZA DELLE MANIFESTAZIONI | NOSTRI
LUOGHI | ARSENALE
| L'OSTERIA
| IL
PORTO DEI RAGAZZI | LA
GATTERIA |
IL
SECOLO XIX |
||
Il mito e lo stregone |
(Trascrizione dell'intervento di Bruno Arpaia al Festivaletteratura di Mantova, il giorno 7/9/01 alla Casa del Mantegna)
Benedetto il Festivaletteratura di Mantova. Perché, insieme a qualche altra manifestazione (come, per esempio, Chiaroscuro ad Asti o Fondamenta a Venezia), sembra aver risvegliato un interesse vero per i libri e gli scrittori. Perché ha dimostrato che, sia pure per pochi giorni, una città normalmente sonnolenta può venire vivificata e radicalmente trasformata, incredibile a dirsi, da un evento culturale. Perché da speranza vedere gente che fa la fila per assistere, a pagamento e pigiata come sardine, agli incontri con gli autori. Perché è vitale quel brulichio notturno che agita le strade del centro storico normalmente deserto. Perché è incredibilmente vedere come si formino fitti capannelli attorno agli scrittori che passeggiano tra piazza delle Erbe e palazzo Te. Perché il Festivaletteratura è la prova provata che, perfino in questi tempi superficiali e rutilanti, cultura non vuol dire noia, ma può anzi significare piacere, emozioni, passioni, esperienza. Uno stimolo capace di trasformare l'aria, di far uscire i cittadini dalle tane e di far riconquistare loro le strade e le piazze.
Se poi, come capita a me, si può andare a Mantova anche a parlare dei propri amori letterari, come Gabriel Garcìa Màrquez, o a presentare un grande maestro come Mario Vargas Llosa, cosa desiderare di più? Avevo meno di vent'anni quando mi capitarono fra le mani Cent'anni di Solitudine e Conversazione nella Cattedrale.
All'epoca chi leggeva romanzi non era visto di buon occhio: saggi, bisognava leggere, e soprattutto saggi politici. Io era passato da Zanna Bianca e Ventimila leghe sotto i mari direttamente al Manifesto del Partito Comunista e al Capitale, di cui non avevo capito quasi una mazza, però mi vantavo di averlo letto. Del resto, era anche l'epoca in cui la morte del romanzo non era solo teorizzata, ma data per certa, definitiva e irreversibile; dominavano l'avanguardia, gli sperimentalismi, una letteratura avvitata su se stessa. Perciò, quando cominciai a leggere: Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendìa si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio, fu come una folgorazione improvvisa, fu la rivelazione di un mondo, anzi di un universo che mi si spalancava davanti e mi chiamava.
A quei tempi il massimo brivido letterario poteva venire dalle minuziose descrizioni del nouveu roman francese o dagli sperimentalismi cervellotici dell'avanguardia. Invece gli scrittori latinoamericani, con Màrquez, Cortàzar e Vargas Llosa in testa, ci ricordavano che si potevano, e si dovevano, raccontare storie senza rinunciare a sperimentare linguaggi e a inventare mondi, a mescolare culture. Che il romanzo, a certe condizioni, poteva tornare alla pienezza delle sue funzioni e della sua godibilità, Che qualche secolo prima, con il Chisciotte, era nato meticcio, ibrido, capace di fondere generi diversi, e che adesso poteva tornare ad essere dialogico, polifonico, resistendo alla voce unica che tenta di risuonare sul pianeta.
Gli autori latinoamericani del boom fondevano l'amore per il plot del grande romanzo borghese e del feuilleton ottocentesco con il gusto per lo sperimentalismo linguistico e la ricchezza sintattica e lessicale del Siglo de Oro spagnolo, adeguandosi alla rivoluzione scientifica del XX secolo. Di qui, il relativismo prospettico e la moltiplicazione dei punti di vista nella narrazione, le spericolate architetture temporali e la prosa possente, fiorita, mai disgiunta dall'imperativo collante della storia, che insieme descriveva e inventava il mondo e la realtà. Di qui l'aggressione al tempo e allo spazio, narrativi ma non solo.
Gabriel Garcìa Màrquez, ossessionato dalla solitudine e dal tempo, battezzava, come il primo Buendìa, José Arcadio, tutte le cose di un continente ancora senza nome, nel desiderio di abbracciare un'estensione temporale smisurata, dove, come ha scritto Ariel Dorfman, l'individuo è divorata a sua volta dal mito. Vargas Llosa, invece, spavaldamente non faceva mistero di scrivere i suoi libri a partire da un'ambizione di totalità ormai quasi scomparsa, da un desiderio di mettere ordine nel caos della realtà per renderla più comprensibile. Era un architetto di trame, uno stregone delle tecniche narrative, un illuminista cocciuto che non aveva paura di paragonare il narratore a un demiurgo, a un Dio che, sulla scia di Flaubert, si aggira in ogni cunicolo dell'universo romanzesco che ha creato, ma senza mai manifestarsi, senza mai scoprirsi, amando allo stesso modo tutti i suoi personaggi, perfino i più malvagi.
Da allora non ho più perso un colpo: ho letto tutti i loro libri. E ne hanno scritti tanti. Ho continuato a farlo anche quando la moda latinoamericana è finita. Sono rimasto abbarbicato a quel mondo come il famoso soldato giapponese nella giungla, continuando a coltivare in orgogliosa solitudine le mie musiche e i miei romanzi, a indignarmi per i colpi di stato e le finte democrazie in America Latina, a seguire oscuri e meravigliosi scrittori che in Italia nessuno voleva pubblicare, a sentirmi testardamente parte di un mondo che, in tempi di nuove intolleranze e di nuovi razzismi, aveva fatto del meticciato, dell'ibridazione e della mescolanza fra le culture il proprio punto di forza, il segno della propria identità.
Con quei libri mi sono sempre divertito, dalla loro lettura ho sempre imparato qualcosa. Per fortuna, adesso la ola della lingua di Cervantes e Calderòn ha ripreso a battere impetuosamente sulle nostre coste, adesso un pezzo di America Latina te lo ritrovi ogni giorno anche a Milano, a Genova o a Napoli, adesso mi invitano perfino a Mantova a parlare di Garcìa Màrquez e di Vargas Lllosa.
Bruno Arpaia IL SECOLO XIX 07/09/2001
|
MOTORI
DI RICERCA | UFFICIO
INFORMAZIONI | LA
POSTA | CHAT
| SMS
gratis | LINK
TO LINK!
|
LA CAPITANERIA DEL PORTO | Mailing
List | Forum | Newsletter | Il
libro degli ospiti | ARCHIVIO
| LA
POESIA DEL FARO|