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MUSICA

Avitabile: “Il mio suono per tutti i sud del mondo”

“Abball'o sole abball'o scuro” (balla al sole, balla di notte), canta Enzo Avitabile, intrecciando la sua voce profonda con quella dell'algerino Khaled, poi sul suo sax e un eco maghrebina innesta le percussioni dei Bottari di Portico con un'ipnotica cadenza ripresa da un rito del Venerdì Santo. Più in là Manu Dibango porta l'Africa nera che s'è rinnovata con il funky e il jazz, ed è fra queste coordinate che si muove Savamm'o munno, il nuovo cd di Avitabile, compositore, sassofonista e cantante dell'hinterland napoletano (area Scampiglia, “zona 167”, ne va fiero) pubblicato dalle edizioni del Manifesto con distribuzione internazionale tramite l'etichetta britannica Wrasse records da metà mese. Il disco ha una marcia poetica notevole e appartiene a quel filone, vitalissimo per quanto sfruttatissimo del sud Italia che attinge alle proprie radici per propagarsi nell'area mediterranea e oltre.

Avitabile, quel che lei combina viene usualmente definito “contaminazione”: un concetto abusatissimo.

In realtà ho lavorato sempre per avere un mio linguaggio, un suono originale. La contaminazione quando è incrocio va bene, ma non deve essere una colonizzazione, né anglosassone né di altri. Per quel che mi riguarda il mio criterio è semplice: se il più grande suonatore di oud è palestinese chiamo lui, se era di Macerata lo chiamavo da lì, se Khaled era di Termoli andava bene lo stesso. Musicalmente rivisito gli strumenti del meridione, come la mandola e la chitarra battente, incrociando il mio suono con altri suoni del mondo che si sposano bene con le melodie mediterranee.

Come usa la tradizione?

Faccio un esempio: con i bottari di Portico, Campania, interpretiamo un codice trecentesco nato come rito propiziatorio per la raccolta della canapa e, su questo ritmo, ha scritto testi che vogliono trattare del sociale senza perdere di sentimenti ed emozione.

Vuole restare ancorato alla tradizione?

No, Posso impiegare le launeddas sarde, il suono più antico del Mediterraneo, ma è una maniera di raccontare un nuovo percorso e i nostri giorni. Per fare un altro esempio, in Tutt'egual song 'e criature racconto dei bambini nel mondo che vivino nel disagio, sottoterra a Bucarest, che sniffano colla, in Puort'Aller canto di Porto Alegre, dei fatti di Genova al G8, del mio amico don Vitaliano. Da sette anni cerco di scrivere in un dialetto metropolitano contemporaneo uscendo dallo schema dei testi classici napoletani, che sono omologati, conosciuti nel mondo e credo abbiamo fatto il loro percorso.

Considera l'area napoletana, o campana, la più ricettiva in Italia verso le culture del sud del mondo?

No, tutte le aree possono essere ricettive, anzi mi preoccupa che da noi non arrivi il messaggio di veri fenomeni come l'Orchestra Baobab o, dal Mali, Rokia Traurè.

Alcune madri di Ivrea recentemente hanno contestato la presenza di una donna in una scuola perché porta il velo. Come superare simili pregiudizi?

La musica può aiutare a superare i pregiudizi, ma più che altro bisogna divulgare il principio della tolleranza senza alcuna discriminazione ed è un lavoro che va fatto a scuola, a cominciare dall'asilo. Senza dimenticare l'informazione, anche se oggi la tv è contro l'informazione, è solo intrattenimento, alienazione e pubblicità.

Intervista di Stefano Milani - L'UNITA' - 10/04/2004



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