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Il capitano Achab racconta



L'assoluzione

 

A cura di Emanuele Mignone


Mi diressi verso i servizi. L'unica differenza fra gli animali e gli uomini è che noi ci guardiamo allo specchio. Ci guardiamo vivere. Lo facciamo così spesso che alla fine crediamo di saperla lunga su noi stessi e ci illudiamo di saperla abbastanza lunga anche su gli altri. Niente di più sbagliato. Ogni uomo vive per i fatti suoi in una specie di universo parallelo. Sì, a volte c'è qualcosa in comune. Ma più spesso è solo un'illusione o peggio l'arroganza di capire l'altro usando te stesso come misura. E' questo che faccio spesso. Anche quella mattina di una settimana fa, quando iniziò questa storia…

Avrei potuto mandarlo al diavolo, il vecchio Steve. Ma pensai a tutte le porte che doveva aver preso in faccia da quando, due anni prima, era stato radiato dalla polizia. "Eccesso di difesa", diceva la motivazione. Aveva steso cinque rapinatori in una botta sola, giù nella 37ettesima.

Sapevo cosa voleva dire e non mi andava di collaborare a mettere quel punto e a capo. Del resto, fermandolo con quella domanda, mi ero incastrato. Non potevo offrirgli molto. Solo storie squallide, ma era quello che voleva e lo ebbe.

Ci vedemmo il giorno dopo, per un "lavoro". Aveva l'espressione di un bambino a cui Babbo Natale ha portato un giocattolo nuovo. La cambiò quando seppe di che lavoro si sarebbe trattato.

Scesi dalla macchina.

Accelerò con decisione e la mia vecchia auto tossì in avanti. Uhm! Povera frizione!

Non sapevo ancora per quanto avrebbe lavorato con me. Comunque, avrebbe dovuto darsi una regolata sui ritardi: erano quasi le nove. Per cominciare gli avevo affidato un lavoretto semplice. Eppure sentivo una vocina sussurrarmi cose antipatiche. Accidenti a lui! Avrebbe potuto almeno telefonare. Ripensai a cosa avevamo detto e fatto quella mattina. C'era un particolare che mi aveva colpito…Quella mattina avevo estratto per un attimo la Phyton dal cassetto, ma almeno quel giorno avevo deciso di lasciarla lì, a dormire.

Una volta avevo pizzicato un maniaco sessuale. La sua passione erano gli zoccoli di legno. Quando ne vedeva uno gli si muovevano persino le orecchie. Steve aveva un'espressione simile in quel momento.

Sì, il vecchio Steve, nonostante tutto, aveva sempre una fanatica passione per le armi. Mentre riflettevo su queste cose, il telefono iniziò a squillare. Era l'ispettore Bollinger. M'informò che il ricciolone biondo se n'era andato all'altro mondo e la vedova gli aveva parlato del mio incarico scova-corna…

Arrivato al molo, mi premurai di vedere subito l'altro tizio. No, non era Steve, altra corporatura.

Bollinger aveva ragione, era una 44 Magnum. Ma l'idea non mi piaceva.

Se era stato Steve, mi aveva proprio incastrato. A dir la verità, però, non era giusto sospettare di lui per la Magnum. Magari aveva trovato l'incarico deprimente e aveva mollato tutto dopo dieci minuti. Oppure, seguendo un semplice paio di corna, poteva essere andato a sbattere in un grosso pasticcio. Poteva anche essere stato ammazzato al posto mio. Potevano essere successe un sacco di cose, accidenti! L'unica era iniziare a cercarlo. Girai tutta la notte e mezza mattinata per provare a rintracciarlo. Alla fine provai anche dalla sua ex-moglie. Dura e spigolosa quanto il suo nome: Birgitta Kester.

Brigitta insistè per offrirmi un pessimo caffè e raccontarmi un sacco di cosucce poco amene a proposito di Steve…e improvvisamente venne fuori qualcosa di utile.

Sui trattati di criminologia avevo letto qualcosa di simile. Onesti cittadini che, con una divisa, diventavano belve. A loro era sufficiente essere investiti da qualcuno che ai loro occhi era detentore del potere e della giustizia…Ed ero stato io…io a dare il via libera a Steve! Forse assassino non era la parola giusta. Restava il fatto che avevo dato un lavoro e la mia benedizione ad un tipo dannatamente pericoloso. Ed a pranzo ebbi un sacco di fastidiosi pensierini. Non avevo prove che Steve fosse l'assassino…Per ora solo supposizioni. E se ero così pronto a condannarlo, perché gli avevo dato fiducia? Comunque, dovevo fare qualcosa e subito. Tanto per cominciare dovevo saperne di più sul biondo. Andai dalla vedova, che non mi parve molto inconsolabile ed inoltre recitava male la sua parte.

Era l'unica traccia che avevo e mi ci tuffai. Anche se avevo avuto come l'impressione che la donna non fosse sola, in casa. Andai da Mart, addetto al centro meccanografico della centrale telefonica.

Nel pomeriggio la mia auto fu ritrovata in un vicolo di Queens, non molto lontano dal porto. Sui sedili c'erano tracce di sangue. Bollinger aveva minacciato di arrestarmi. Probabilmente Steve era stato ucciso e qualcosa mi diceva che la soluzione di tutto era lì, nel deposito di Mody Finger. Finger si occupava di oggetti esotici. Per lo più di animali imbalsamati. Entrai nel deposito attraverso una porta chiusa male. Illuminati dalla mia torcia elettrica, gli occhi di un puma brillarono come gemme. Ma il tizio che apparve da dietro una cassa da imballaggio assomigliava ad uno scimmione, ma non sembrava per niente imbalsamato. Aveva una pistola in mano e dietro di lui apparve l'ombra di un nano.

Mody Finger s'avvicinò, insieme al nano, e dal nulla comparvero altri tre tipi.

Steve apparve da dietro il puma e subito la 44 Magnum iniziò a ruggire. Una furia della natura. La cosa più incredibile è che rideva. Continuava a ridere, come fosse tutto un gioco per lui. Ne stese quattro e poi si avvicinò a Finger.

Cinque nuovi esemplari s'erano aggiunti allo zoo di vetro. Steve non si fermò neanche mezzo secondo a guardarli.

Era pazzo. Completamente pazzo. Tranquillo come un drogato dopo il buco.

Rimasi zitto, a fumare.

Dovevo trovare qualcosa di forte. Qualcosa di forte e di breve che lo facesse vacillare.

Fu a quel punto che mi venne l'idea. L'idea di vedere fino a che punto arrivava la sua follia.

Estrasse fulmineo il suo beneamato cannone. Il mondo per lui era bianco o nero. Improvvisamente ai suoi occhi ero diventato tutto nero.

Non sono un patito di armi. La mia non era una 44 Magnum. Ma una semplice Python. E la sapevo usare, all'occorrenza. Prima di cadere, Steve mi guardò fisso negli occhi e sorrise duro. Mi puntò addosso la pistola e premette a vuoto. Clik, clik. Scarica. Mentre Steve moriva, un brillio attirò la mia attenzione. Uno dei proiettili che avevo evitato aveva colpito il puma in mezzo agli occhi. Se n'erano staccate due splendide gemme. E allora capii tutto. Ecco di cosa si trattava: importavano clandestinamente diamanti e perle, incastonandoli al posto degli occhi degli animali imbalsamati…Evidentemente, prima di vendere gli animali, rimettevano gli occhi di vetro e il gioco era fatto!

La voce di Bollinger mi richiamò in aula.

I cari signori della Corte avevano concluso che era "palese" la legittima difesa. Bravi. E avevano fatto capire che avevo reso un buon servizio a tutti, togliendo di mezzo uno come Steve e i trafficanti di diamanti.

Fuori dal tribunale, Bollinger mi invitò a bere.

Innocente, già. Ma c'era qualcosa che quei signori non potevano sapere. Io stesso cercavo di non pensarci, di non confessarlo neppure a me stesso. Eppure mi sembrava di ricordare che quando avevo visto Steve steso ai miei piedi…con fatica, sì, con una fatica del diavolo…avevo trattenuto un sorriso.



last modify 11/12/2001

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