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Il capitano Achab racconta

A cura di Emanuele Mignone


La verità

 

Margit Daves era una gran bella ragazza, ma quel giorno nel mio ufficio era solo una madre disperata. Venti anni prima in una notte di luna piena, le avevo promesso eterno amore. Tutti sanno che il plenilunio ha pessimi effetti sulla mente.

La cosa che mi impressiona nelle belle donne sfiorite è la bocca. Più invecchiano e più la bocca si fa piccola, secca.

Come ho potuto desiderare quella bocca, cercarla, sognarla, baciarla? Domanda banale, lo so. Tant'è, ci cadi sempre. Piuttosto perché finì il mio amore per lei? Durò meno di una settimana, mi pare.

Ricordai com'era finita: alla luna nuova m'ero accorto che era solo una yankee perbene, figlia fino all'osso di un pastore evangelico. Nella sua bella testina era racchiusa l'enciclopedia puritana al completo dalla paura del sesso al razzismo.

La voce uscì come se avessi in gola un paio di raspe.

Il risultato fu quello di trovarmi davanti ad una porta con scritto Alan Daves Detective. In fondo, ma molto in fondo, sono un romantico. Forse.

In effetti gli occhi del pargolo erano troppo puliti per intraprendere la turpe strada dell'investigazione.

Il concetto era semplice, l'incarico antipatico. Non usai più di dieci parole. Il pargolo si accese come in fiammifero.

Seppe essere duro, sintetico, amaro, come previsto dal copione "detective metropolitano". Commise un solo errore: la frase finale.

Andammo a parlare da Moe davanti a un bicchiere di whisky. Il sacro liquore è uno dei ferri del mestiere. Se voleva fare veramente il detective doveva imparare le regole.

Mentre ne parla gli occhi gli brillano. Ci sono molti figli che mitizzano il padre, soprattutto se non hanno fatto in tempo a conoscerlo bene.

Mi fece un acqueo, sfibrato sorriso alla Mitchum e disse: "Andare a stuzzicare Daltrey". Effettivamente il sistema migliore. Ma, cinema a parte, anche il più dannatamente pericoloso.

Io aspettai in auto, mentre il pargolo era nella tana del lupo. Riuscii ad ascoltare tutto, grazie alle meraviglie della tecnica. Le voci erano un po’ ovattate.

Comparvero quasi insieme. Lui dalla porta, curvo su una sigaretta, gli occhi bui. Wilma Daltrey alla finestra. Non riuscivo a distinguerla bene, ma la sensazione era spettrale. Ad un certo punto lo spettro cominciò a muovere meccanicamente la testa da destra a sinistra. Diceva "No, no…no". Dio solo sapeva cosa volesse intendere. Forse proprio un accidente. Continuava a muovere la testa con un movimento, lento, secco, preciso, come se al posto del collo avesse delle rotelle oliate. U po’ meno efficienti dovevano essere le rotelle che aveva nella testa, almeno a giudicare della fissità dello sguardo.

Decidemmo di dare un'occhiata alla biografia di Miss Frankenstein. Solita carriera: Miss Tennessee 1970. Qualche filmetto con il nome d'arte di Deborah Cardinal, poi il matrimonio con l'eroe nazionale. Solo un particolare era parso un po’ strano.

Nei giorni seguenti decidemmo di andare a leggere i verbali di polizia in cui era descritto il ritrovamento del cadavere di Ernest Daves con la ricostruzione del delitto.

Ci accorgemmo che i rapporti della polizia erano piuttosto sommari, poco più di una formalità. Nessun cenno al tipo di arma da fuoco. Ma fu Alan a scoprire la cosa più interessante.

Ma nonostante le nostre brillanti intuizioni, non avevamo nulla di veramente solido con cui provare qualcosa. Un po’ come Galileo Galilei che si fece una bella sudata a dimostrare che era la terra ad andare a spasso per i cieli e non il sole. Naturalmente il suo problema era più serio del nostro…Cominciavo a pensare anch'io che c'era sotto qualcosa. Ma non sapevo dove sbattere esattamente la testa.

Mariner Hotel. Più che per dormire è famoso per la ginnastica che ci puoi fare con le operose donnine che lo bazzicano. Il portiere aveva l'aria di un gigantesco insetto bianco, nato e cresciuto sotto il quadrante delle chiavi.

Sperai di non dover usare le maniere forti. Se lo avessi colpito mi avrebbe fatto impressione vedergli colare dalle ossa il grasso liquido biancastro che di sicuro gli circolava al posto del sangue.

Clienti febbraio-marzo '72. Niente, nessun nome conosciuto. Solo un campionario di nomi inequivocabilmente falsi.

Facemmo su e giù un bel po’ di volte sui registri e alla fine feci caso a quel nome: Sam Spade, 42° strada. Nel mese di marzo era registrato una decina di volte.

Guardando con più attenzione ci accorgemmo che nello stesso periodo era registrato un altro nome di nostra conoscenza.

Fummo interrotti da un parente stretto di King Kong. Grufolò parole e chewin-gum, proprio come un gorilla. Mentre i suoi piedoni rombavano sul pavimento.

Detti al mio giovane collega una veloce dimostrazione di bruta violenza. Peccato che il gorilla si dimostrò non altezza. Al terzo gancio andò a sognare le natie foreste di banane.

Sant'Agostino, padre della chiesa, fece carriera grazie alle sue illuminazioni. Non nel senso del neon, ma in quello delle idee folgoranti. Era esattamente ciò di cui sentivo bisogno per andare avanti.

Non che effetti collaterali avesse S. Agostino durante le illuminazioni. Io divento il ritratto del benemerito Conte Dracula. Tale e quale.

Alan mi seguì piuttosto incredulo. I giovani non hanno fiducia nella sacra cultura. L'addetta alla distribuzione quando s'accorse che si trattava di un giallo, me lo allungò con un bieco sguardo di disprezzo.

La pista era giusta. Nelle pagine del libro c'erano alcune annotazioni manoscritte. Alan riconobbe ancora la calligrafia del padre. Il messaggio era distribuito in tutto il volume. Una parola qua, una là. A volte solo una lettera o dei segni convenzionali. Tra riga e riga, a margine, nell'indice di copertina. L'insieme però era un rapporto dettagliato, con nomi, numeri e indirizzi dell'intera indagine Daltrey. Non fu difficile comporre il mosaico. Evidentemente Ernest aveva scelto quel sistema geniale perché aveva paura di qualcosa.

Dal Mariner Hotel avevo portato via un souvenir.

Andammo avanti nella decifrazione. Era come una febbre. Dovevamo sapere, sapere, sapere…

Saper dribblare certe domande è un requisito fondamentale per tirare a campare. Decidemmo che era ora di fare due chiacchere con Lady Frankenstein.

Anche non insistere è un requisito fondamentale. E' faticoso insistere. Ci vuole troppa voce. E così augurai mentalmente buona fortuna al ragazzo, mentre scavalcava il muro della villa. E poi potevo sempre sentire tutto…

Nella hit parade delle fregature due cose stanno ai primi posti. Le donne che ti vogliono sposare e le legnate in testa. Mentre aspettavo il ragazzo, ne ricevetti una sacrosanta. Quando riapri gli occhietti dopo una legnata non ti ritrovi nel paese dei balocchi, poco ma sicuro. Sai benissimo che di lì a poco ti ritroverai spianata addosso un bel po’ d'artiglieria o la faccina tosta di qualche tanghero. Quella volta però fu diverso. Non una schifosa cella sotterranea, ma qualcosa di simile all'appartamento reale dell'Hilton. Tentatrice mi guardava una bottiglia di bourbon della marca migliore. Portarmi in un posto simile per freddarti era roba da giapponesi. Ma il lungagnone, che entrò trenta secondi dopo, non aveva per niente l'aspetto di un giapponese.

Il lungagnone mi fece sgambettare per un paio di corridoi sterminati. Le finestre erano oblò di luce insondabile. Tutt'intorno, discreti come zanzare, ronzii di chissà quali marchingegni elettronici. Era come passeggiare in un frigo. Finalmente arrivammo alla meta: uno stanzone assurdamente bianco, metallico. Al centro due conchiglie di plastica. Su una Alan, sull'altra il classico iettatore scappato da u film di fantascienza.

Era solo una battuta ad effetto degna di Flash Gordon. Ero quasi certo che non volevano la nostra pelle. Comunque il marziano abboccò e mosse le sue labbra sottili.

Ora il marziano parlava senza pause. Al posto del cervello pareva avere un terminale. Immaginai un pezzo grosso chiuso nella stanza dei bottoni pilotarlo come un giocattolo.

Non dimenticherò mai lo sguardo di bimbo impaurito con cui cercò di aggrapparsi a me. Tentai goffamente di far tacere il robot.

Strinse la boccuccia elettrica e sparì. Ma feci in tempo a notare un lampo di sadica soddisfazione nei suoi occhi. Ci aveva goduto. Ecco perché. Dietro la maschera di ferro intravidi per un attimo l'ometto qualunque. Forse due ore prima aveva litigato con il figlio o con la maglie.

Camminammo di nuovo nei lunghi, ronzanti corridoi.

Non lo so, amico…Non so quale sia la verità, né dove stia di casa. So solo che più invecchio più ho l'impressione che faccia male alla salute. Perciò, ammesso che esista, la verità è caldamente pregata di tenersi lontano dal sottoscritto il più lontano possibile. Grazie.

last modify 03/08/2003

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