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IL SECOLO XIX 20/09/2001 |
Moby Dick metafora americana della lotta contro il male |
Compie 150 anni il libro di Melville. Negli stessi anni Manzoni scriveva I Promessi Sposi
Esattamente 150 anni fa, nell'ottobre 1851, veniva pubblicato Moby Dick di Hermann Melville. Scambiato sulle prime per un libro d'avventure di balenieri divenne poi, nella considerazione universale, il libro più profondo dell'anima americana. Una delle colonie della letteratura mondiale d'ogni tempo. E perciò anche odiatissimo: vedi Zelig di Woody Allen. Rileggere certi passi proprio in questi giorni di sciagura può far correre per la schiena qualche brivido in più: io vedo nella balena confessa Achab una forza atroce innerbata da una malizia imperscrutabile. Questa cosa imperscrutabile è ciò che odio soprattutto: e sia La Balena Bianca il dipendente o sia il principale, io sfogherò si di lei il mio odio. Non parlarmi d'empietà, marinaio, io colpirei il sole se mi facesse offesa (nella traduzione di Pavese).
Se il Presidente americano ha detto: Sarà una lotta monumentale del bene contro il male, ma il bene prevarrà è più che probabile che, pur nella semplificazione estrema dello slogan e delle circostanze, le parole nascano da lontano e s'innervino in una cultura nazionale che nei momenti tragici ritrova i propri fondamenti.
Ma per noi italiani? La strabiliante e inquietante grandezza di quel libro apocalittico risulta ancor più strana ed esemplare nel confronto con un altro romanzo, tutto nostrano, inesportabile, che si dimentica fosse in gestazione grosso modo negli stessi anni. La quarantana dei Promessi Sposi è del 1840. Un abisso più profondo dell'Atlantico divide i due continenti letterari che li hanno generati. A cominciare dalla struttura. In prima persona 2Moby Dick che inizia con il famoso Call me Ishmael. Some years ago, having little or no money in my purse..., che dischiude una delle rarissime forme d'epica della contemporaneità, possibile solo in America col western di terra o di mare.
In terza persona e distanziato nella dimensione del romanzo i Promessi Sposi con il doppio incit: Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti... e Per una di quelle stradicciole, tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, sulla sera del giorno 7 novembre dell'anno 1628, don Abbondio, curato d'una delle terre.... Manzoni sa tutto sul seicento lombardo, nessuno l'ha descritto meglio di lui. A suo modo è uno storicista. Ma la conclusione è antistorica.
Il primo è invece in romanzo geografico: nella sua rotta il Pequod inanella tutti i mari del mondo in una quasi completa circumnavigazione che è una sorta di globalizzazione cartonautica. E sfocia puntualmente in una assunzione di potere e impegno nazionale e politico (missione storica della nazione americana): sono le baleniere di Nuntucket che portano la eterna democrazia negli angoli più riposti del mondo.
Come New York e in particolare Manhattan è una mappa proiettata sul suolo, così la rotta del Pequod cerca nella geografia della superficie marina il proprio destino, che è un destino collettivo. E che è un destino imperiale sui generis: imperialismo non in forza dell'occupazione delle terre ma in virtù della navigazione, della caccia e del commercio, perciò il nuntuckettese pretende di possedere a buon diritto il mare, il mare è suo, egli lo possiede come gli imperatori possiedono gli imperi.
Al contrario, la stupenda profondità storica del Manzoni dona tutti i suoi frutti tranne uno, il più alto: la fiducia nella Storia, che viene svalutata di fronte alla Provvidenza divina, al limite di un sospettabile nihilismo, che può investire perfino l'idea di nazione: in chi ci dobbiamo infine identificare noi italiani? Nel troppo alto Innominato? Nel fanciullesco Renzo? O nella maschera nazionale, il capolavoro assoluto, ossia Don Abbondio?
Unico romanzo senza donne e senza sesso, il primo. Agnese, Perpetua, Lucia, la madre di Cecilia e soprattutto Gertrude nel secondo. Quanti pianti, dolori e sospiri (Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati dal cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi...), nei Promessi Sposi. E in Moby Dick soltanto una lacrima. Una sola, ma che lacrima: Ma i dolci aromi di quell'aria incantata parvero alla fine dissipare, per un attimo, l'oggetto canceroso nel suo cuore. Di sotto al cappello calcato, una lacrima cadde nel mare dall'occhio di Achab: tutto il Pacifico non conteneva tante ricchezze che valessero quella misera goccia.
Soprattutto: gli imbarcati del Pequod sono cowboy del mare, protagonisti di un'epopea di Tersiti che rinnova Iliade e Odissea rovesciandone i ruoli sociali. Marinai di tutte le razze, proletari, feccia multietnica del mondo (c'è persino un cannibale polinesiano e un arabo, il Parsi Fedallah il fedelissimo del capitano americano): ai più vili marinai e rinnegati e reietti io ascriverò d'ora innanzi qualità elevate, benché oscure, e interesserò intorno a loro tragiche grazie. La pretesa umiltà anche sociale dei personaggi dei Promessi Sposi cede di fronte a personalità ben più forti. Non solo perché i veri reggitori degli eventi sono altri cardinali, conti, vicari, padri provinciali ma perché lo stesso Renzo si trasforma da filatore di seta in un piccolo industrialotto bergamasco, antesignano di una figura borghese italica che imparato la lezione della massima prudenza: Ho imparato diceva a non mettermi né tumulti: ho imparato a non predicare in piazza etc. E insomma tutti e due gli imprenditori, traggono nell'ultima la loro ben nota morale (cioè quella del Manzoni9 spicciola e universale: Che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani, e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia di Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. Alla mediazione storico -etica e alla cauta e mediana saggezza manzoniana forse salvifica anche su questa terra corrisponde l'apostrofe di Achab a Starbuck, il suo secondo, che protesta di essere qui in mezzo al mare solo per far bottino d'olio e non per vendicarsi di una bruto che non ha parola.
Nessuna mediazione è possibile per Achab. La sfida è tra lui e Dio, tra lui e il Male, anche contro ogni principio economico: il massimo di tecnologia materiale e umana (le migliori baleniere del mondo) di solito al servizio del profitto e della ricchezza diviene strumento di una teologia scritta con la punta dell'arpione.
Tutte le sottigliezze giuridico-religiose escogitate dal cattolicesimo (il matrimonio a sorpresa, il voto di Lucia sciolto dalla Chiesa, i compromessi tra potere politico e potere religioso) e tutte le sottili, ipocrite astuzie della diplomazia umano-latina (Sopire, troncare, padre molto reverendo, quieta non movere et mota quietare, principiis obsta, opponiti al male sugli inizi) presuppongono, sì, una formidabile coscienza dei rapporti umani come rapporti di forze, ma nella fiducia di una tattica mediatoria che ha nel compromesso storico e metastorico la sua vera arma.
A questa incomparabile saggezza s'opporrà l'intransigenza melvilliana sul cannibalismo universale (la predica agli squali come doppio della francescana predica agli uccelli) e nel destino ineluttabile di un confronto diretto con la forza divina, comunque si manifesti. La terra si contrappone al mare. Non ci sono conventi in cui ripararsi in mezzo agli oceani. Terra e mare hanno ognuno un loro nomos, come dirà Carl Schmitt. Ed è il mare a imporre il suo (oggi lo spazio aereo).
Achab lo sa bene e infine esplode nel suo ultimo terrificante grido di guerra: A te vengo, balena che tutto distruggi ma che non vinci; dal cuore dell'inferno io ti trafiggo, in nome dell'odio, vomito su di te l'ultimo mio respiro...Così! Lancio la fiocina!. E la fiocina parte come un missile Tomahawk. Solo per causare la catastrofe finale. Ora, non c'è uomo riflessivo che non contempli ogni tanto l'ipotesi non puramente accademica che questo mondo un giorno più o meno lontano, chissà per quali cause, finisca. Resta da discutere: a) se avverà di colpo e di botto nel clima torrido e sanguinolento della caccia di Achab, oppure in una più lenta e protratta agonia nel regno del tiepido manzoniano; b) se rimarrà qualcuno che come Ismaele possa dire con le parole del messaggero di Giobbe And I only am escaped alone to tell three!, E io solo sono scampato per raccontarla.
Giorgio Bertone IL SECOLO XIX 20/09/2001
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