MAURIZIO MAGGIANI

Ecco perché Genova accoglierà il popolo di Seattle


Se le collette internazionali non saranno abbastanza generose, se l’organizzazione intercontinentale non funzionerà a dovere, se l’effetto serra provocherà una sovrabbondanza di maremoti ed uragani, se verrà sospeso il trattato di Schengen e si barricheranno le frontiere, allora saranno più o meno centomila. Se no, se le cose andranno meglio, saranno magari cinquantamila di più, o più ancora; il limite massimo non è dato sapere. Comunque verranno, questo è poco ma sicuro. A Genova, naturalmente, in luglio, come è logico, a dire la loro ai Grandi della Terra come hanno già fatto altrove; a Seattle la prima volta che i media se ne sono accorti.

Non hanno un nome o una sigla che li identifichi, se non un assai generico Forum mondiale sociale: non si danno pena di etichettare se stessi. Del resto non sarebbe neppure possibile farlo, visto che non c’entrano niente con le forme tradizionali di associazione. Tra loro ci sono sindacalisti e vescovi, ecologisti e pacifisti, contadini senza terra e ragazzi senza lavoro, volontari di Ong cattoliche e economisti postmarxisti, scrittori di romanzi e scienziati in odore di Nobel, sindaci e cittadini, militanti politici agguerriti e sognanti figli dei fiori, neri e gialli, bianchi e bruni, del sud e del nord, dell’est e dell’ovest.

Sono la Globalizzazione, quella parte della globalizzazione di cui i governatori dell’economia mondiale si sono dimenticati di informare per tempo i governi della politica. Che li osservano ingombrare l’orizzonte delle loro certezze e si chiedono stupiti: cos’è ‘sta marmaglia, questa inelegante turba che ci viene a scocciare proprio ora che stiamo per inaugurare il Paese Globale del Bengodi? Non fanno parte del quadro, si ostinano a non vedere da che parte sta il manico del coltello. Asociali e criminali contro la storia; in verità non esistono neppure. Invece esistono, e non potrebbe essere altrimenti. Perché l’idea dominante del Globo, l’ideologia che ha unificato i governi e omologato il pensiero politico, e cioè che questo sia il migliore dei mondi possibile e l’Economia, la sua insindacabile Entità Suprema, fa acqua da tutte le parti. Da tutte le parti del Globo. E se questo sistema globale fa alcuni di noi più ricchi, rende assai più povere – materialmente e spiritualmente – moltitudini di altri uomini. Che, visti da qui, dal cuore di un benessere incosciente, stanno sullo sfondo, indistinti come ombre. Bestie, più che uomini, visto che come bestie sono trattati, mentre gli spieghiamo per benino che le previsioni dei nostri esperti dicono che prima o poi la nostra ricchezza non mancherà di ricordarsi di loro. Intanto loro si gustano lo spettacolo della nostra; e di quello spettacolo dovrebbero saziarsi?

Solo i gonzi possono credere che tutto stia filando liscio come l’olio, solo gli incoscienti possono pensare davvero che si possa ergere una muraglia abbastanza alta per difendere il cuore del sistema. La realtà è che noi ricchi siamo assediati, che è sotto assedio l’ideologia che ci sostiene e sotto assedio sono le istituzioni politiche e culturali e religiose che abbiamo creato a difesa dei nostri privilegi. E nella storia dell’umanità sono ben poche le città che hanno resistito ad un assedio. Verranno in centomila a Genova a ricordare ai capi di stato e a noi questo e altro. Appartengono a migliaia di gruppi diversi con molti diversi pensieri. Quei pensieri difformi sono, in un mondo malamente normalizzato, un’oggettiva ricchezza. Ma non è necessario essere d’accordo con loro, certamente non con tutti, per capire che l’errore peggiore che possiamo fare è di respingerli. Intanto perché non sarà materialmente possibile farlo, a meno di trasformare una bella e civile città in un accampamento militare difeso dall’artiglieria. Poi perché è stupido tentarlo.

Davvero pensiamo di doverci difendere con gli autoblindo dal pensiero difforme, dall’opposizione a ciò che pensiamo sia giusto? E’ questa la migliore idea di politica che abbiamo a disposizione? Oppure è sensato accogliere questa gente, ascoltare quello che hanno da dire e trovare il modo di discuterne? Se fosse possibile sarebbe un’occasione unica. Per la città, ma anche per i centomila, per la parte migliore di loro. A rischio di sembrare sciocco, direi cge sarebbe una svolta storica. Ci si ricorderebbe a lungo di Genova ne l mondo per qualcosa di assai nobile. Per quanto conosco il movimento posso affermare che la componente violenta o facinorosa è estremamente minoritaria. A Nizza, ad esempio, non erano più di centocinquanta quelli che nei media sembravano migliaia, un gruppetto quelli che sono stati fatti passare per tutti quando si è avuto bisogno di mettere su lo spettacolo horror che pare assicuri l’audience. Va da sé che se li accoglieremo armi in pugno anche i più miti tra loro saranno tentati di ricredersi sulla loro mitezza.

Maurizio Maggiani – IL SECOLO XIX – 12/02/2001