Il Secolo XIX 23/2/2001 |
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Il mio vecchio biliardo su cui gioco ad occhi chiusi |
Sulle colline del Golfo della Spezia, nel verde smeraldino e l'argento delle piane degli ulivi e la pietra serena delle vecchie pievi, c'è, sulla costa del Vignale, una antica sede di Mutuo Soccorso Operaio. Nel bel verde del Vignale il divertimento è sociale, , sta scritto su un cartello fatto volenterosamente a mano da un poetico socio; ed è proprio così. Anche tralasciando il fatto che un piattone di ravioli fatti i casa è quanto mai dilettevole e socievole, quella Società conserva nel suo cuore l'ultimo biliardo in tutto il territorio nazionale su cui posso ancora provarmi a giocare. A boccette, naturalmente.
Ci vedo così poco ormai che faccio persino fatica a trovare la sponda e con ragionevole prudenza mi sono allontanato dal gioco del biliardo in tempo per non fare una brutta figura di troppo. Ma non al Vignale: lì gioco ancora. Ci ho giocato per trent'anni su quel biliardo, non serve che io veda qualcosa. Lo sento. Potrei giocarci ad occhi chiusi.
Sento una per una tutte le sue gibbose, le falle invisibili, le tensioni e i segreti del panno. Avrà cent'anni quel biliardo, cinquanta il suo panno; il campione del mondo ci rischia il cappotto per mano dell'ultimo pivello del posto se non gli dare il tempo di raccapezzarcisi nel dedalo delle sue secolari difformità.
Dunque, nonostante tutto, gioco ancora a biliardo, lo faccio per non perdere la Mano. Il biliardo mi ha dato la Mano ed è una ricchezza che non voglio perdere. E' plasticità, tattilità creativa, sensibilità pranica, nobiltà della funzione prensile. La Mano delle boccette è la mano del panettiere, del vasaio, del muratore primordiale, la mano dell'amante esemplare. Una mano in diretto, intimo contatto con la materia, con lo spirito nella materia, la mano che la trasforma. La boccia nella mano del giocatore crea astrazioni, teoremi, disegni di pura invenzione. Cose assai meno evidenti di un pane, di un vaso o di un amplesso, ma pur sempre reali, nell'interiore universo di un gioco.
Non starò qui a fare inutili confronti con Bazzica o Goriziana, ma non può sfuggire al colto e all'inclita che la Mano del boccettista, assieme attore e strumento, è capace di un gioco di purezza e essenzialità che la stecca non potrà mai eguagliare. Appunto stecca, un di più di strumentazione, appendice artificiale che si frappone tra l'anima e il gioco.
Senza poi tener conto che quando ai tempi della dorata gioventù la mia classe forvaca in massa la scuola per apprendere la vita in modi più confacenti ed istruttivi dei canoni manuali, si sono formati sotto la cupola della locale Accademia del Biliardo due gruppi spontanei e ben distinti che tali sono rimasti negli anni e nella vita: i generosi idealisti delle boccette e i debosciati infingardi della stecca. Pinocchio giocava a boccette, Lucignolo a stecca.
Maurizio Maggiani - IL SECOLO XIX - 23/2/2001