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"JERONIMUS" |
||
LA
POETESSA Dl RIPA TICINESE |
La
sera del 9 novembre scorso su "Retequattro", nella
trasmissione "Linee d'ombra", una rapida e fugace
intervista ad Alda Merini,
la poetessa coccolata dai massmedia, metteva in risalto la vicenda di
una donna che si è trovata per vari anni rinchiusa,
ingiustamente, in ospedale psichiatrico. La brevità
dell'intervista, tuttavia ci ha stimolati ad una nostra intervista in
cui, avendo conosciuto Alda Merini
in tempi "non sospetti", possiamo veramente dire che
l'autrice si è lasciata andare ad una testimonianza "senza
veli", tipicamente alla milanese.
Zaninetti
- L'ultimo libro si chiama "Orazioni Favole Salmi". L'hai
pubblicato di tua volontà o te l'hanno pubblicato?
Merini
- No, no, io ha fatto questo librino perché è nato da
una nipotina e ho dedicato questi racconti per i bambini, ho fatto
queste orazioni. In proprio diciamo con l'aiuto di un
libraio.
Zaninetti
- Di un libraio!? Ed è uscito anche un tuo libro presso
Einaudi?
Merini
- Ma, adesso è uscita l'antologia presso Einaudi dalle origini
ai giorni nostri. Dalle origini...
Zaninetti
- Quindi tutte le tue opere?
Merini
- No.
Zaninetti
- Scelte?
Menrini - Degli stralci
Zaninetti
- Opere scelte?
Merini
- Sì.
Zaninetti
- Quali sono le tue prospettive per il futuro? Rispetto alla
produzione.
Merini
- Ma, io chiuderei in bellezza perché ho scritto talmente
tanto che potrei anche fermarmi. Però, l'accadimento più
bello della mia vita è la poesia.
Zaninetti
- Hai scritto mai in prosa nel senso di narrativa?
M. - Delirio
amoroso. Diario.
Zaninetti
- No, al di là delle cose intimistiche. Cose realistiche,
intendo dire...
Merini
- No, romanzi storici no.
Zaninetti
- Dunque la poesia è la tua grande Musa...
Merini
- La Poesia è la mia grande figlia.
Zaninetti
- Tua figlia? Si chiama proprio Poesia?
Merini
- Sì, si chiama Poesia. E forse è meglio che si chiami
così, perché se si chiamasse in un altro modo... Del
resto, se Bianco ti dice di stare attento a me, può essere che
io faccia anche una poesia pericolosa. Abbastanza aggressiva,
diciamo...
Zaninetti
- Ma no! Orazioni, Salmi, Favole". E' docile, la tua
poesia.
Merini
- Non è che le poesie siano esenti dalle bestemmie, eh!
Zaninetti
- Questo è fuori discussione. D'altra parte, magari, Bianco,
se volesse, potrebbe anche pubblicare questa intervista che stiamo
facendo? E poi sai che Bianco, in Calabria, a Badolato, ha realizzato
La strada della poesia"? lo ci sono stato e con lui
abbiamo realizzato un'altra volta Aspettando Pasolini" con
la lettura della mia "Beffarda requisitoria".
Merini
- Non sapevo. Mah. Se Bianco pensa... che sia pericolosa, lasci
perdere. Ti dirò una cosa: qui, noi, avevamo nella casa un
assassino vero e proprio.
Zaninetti
- Un assassino?
Merini
- Era stato in prigione. E la sua compagna quando saliva le scale,
data la pericolosità del soggetto, diceva:"Stai attento,
perché l'Alda Merini
in fondo è buona". Certo, lui ne aveva ammazzati
sette.
Zaninetti
- Però.
Merini
- Ed io ora mi sto domandando ancora che cosa potrei fare io, visto
che dicono che sono pericolosa... Ti dirò, a proposito del
termine pericolosità, che a me interessa molto, perché
è un termine che viene usato....
Zaninetti
- La mia era soltanto una battuta.
Merini
- No, la mia no. Questo termine viene usato per emarginare i diversi.
Ed è uno dei, diciamo degli... sconci verbali. Voglio dire che
se tu gridi perché hai un sorpasso, la cosa è normale.
Se invece grida uno che è stato in manicomio lo ritengono
pericoloso...
Zaninetti
- Eh, si. È una logica mentale un po perversa.
Merini
- In effetti ti danno sempre come pericoloso. Specialmente dal punto
di vista sessuale. Tu potresti uccidere... pensa un po'. Tanto è
vero che una volta ho incontrato un paziente e, vedendolo
mortificato, gli ho chiesto:"Ma lei fa l'amore qualche volta?".
E lui mi ha risposto: "No, perché sono
pericoloso".
Zaninetti
- Ah.
Merini
- Sì, perché gli psichiatri confondono la pericolosità
con l'istinto. E gli istinti sono sempre pericolosi... Quando non c'è
una ragione che ti governa... Ma grazie a Dio, qualcuno al potere ce
l'ho anche io, nella mia testa, e che comunemente si chiama Super
Io... Ci tengo a precisare questa cosa, perché mi fa molto
male sentire dire che l'Alda Merini
è pericolosa.
Zaninetti
- Gli psichiatri di una volta, forse, o almeno quelli in cui sei
incappata. Mario Tobino invece, scrittore e psichiatra, non la
pensava affatto così: non so se hai avuto modo di leggere "Le
libere donne di Magliano" e, successivamente, "Gli ultimi
giorni di Magliano", recensito su Logos" nel 1982,
dopo la Legge Basaglia, in cui disperava per i poveri sani
(considerati matti) costretti ad uscire in mezzo ai pazzi (che si
consideravano sani)... Del resto, allora si vedeva molto giusto,
quando era d'uso dire che Manicomio" era scritto di
fuori... No, né io nè Bianco pensiamo che tu sia
pericolosa. Era soltanto una battuta.
Merini
- Però è stato detto.
Zaninetti
- Ora io vorrei domandarti una cosa. Rispetto all'ultimo tuo libro...
Quello pubblicato da Einaudi. Che cosa puoi dire a uno che non l'ha
letto?
Merini
- Beh, che non mi ha entusiasmato molto. Perché francamente...
il passato, la rivisitazione dei primi esperimenti poetici...
Insomma, oramai sono confluti tutti nel manicomio, in questa fornace
aggiuntiva che poi ha recuperato e smosso un sacco di... anche di
putridume si, in fondo. Perché, se vogliamo, il manicomio è
stato la palude...
Zaninetti
- lo vorrei saltare l'argomento-manicomio perché già
più volte ne hai parlato. L'ultima volta che ci siamo sentiti
al telefono, m'hai detto che avresti voluto dirmi delle cose
riguardanti tuo marito, o sbaglio?
Merini
-Mah. lo ricordo che lo conoscevi anche tu. lo l'ho amato molto.
Purtroppo, però, ne ho sentite talmente tante su di lui.. Ho
sentito tanto parlar male di lui... Il fatto è che quando ci
hanno portato via i figli, qualcuno ha detto che io ne volevo
ammazzare uno. Invece era e rimane un grande amore. Anche se lui non
era coltissimo, l'altro, tanto per accontentare l'opinione pubblica,
diciamo che era uno squilibrato. Ma l'amore, questi squilibri non li
conosce. Tu che cosa ne dici?
Zaninetti
- È probabile. Del resto, io, l'opinione pubblica che tu
accontenti la amo quasi smisuratamente. Mi sta un po' qui, però,
il fatto che non segua Jeronimus-Logos" come dovrebbe. Ma
noi non disponiamo dei mezzi che ha Berlusconi (che va ad aggredire
anche il Presidente del Consiglio comportandosi da vero estremista di
Destra, n.d.r).
Merini
- Davvero, Zaninetti;
Ma non andiamo più in là. Torniamo a parlare di mio
marito.. Eravamo una bella coppia. Anche se male assortita quanto a
cultura. Però, affettivamente, avevamo una buona marcia, tutto
sommato.
Zaninetti
- Che cosa conosci e che cosa pensi, tu, della poesia attuale?
Merini
- lo non vado mai a queste vernici poetiche, a questi ritrovi
mondani. Trovo che ci siano tanti facinorosi, tanti cretini che si
credono poeti ma, alla fine, parlano solo a sproposito. Soprattutto
tante persone moralmente indigenti, che credono di essere poeti solo
perché sanno leggere o scrivere o dicono qualche cavolata alla
fidanzata. Io sostengo che la poesia è una formazione
culturale.
Zaninetti
- Ecco. Ci vuole anche dello studio, per scrivere?
Merini
- Parecchio.
Zaninetti
- Bisognerebbe, prima di scrivere, leggere molte cose. Soprattutto
molta poesia.
Merini
- È vero. Bisogna leggere molto, bisogna alle volte anche
abbandonare delle cose, anche rinnegarle. Bisogna patirla, la
poesia...
Zaninetti
- Nella mia biografia, per esempio (pubblicata alla fine del '97 su
"Vernice", la rivista di Torino diretta da Sandro
Gros-Pietro), che è in realtà una autobiografia, però
scritta in terza persona, dichiaro che la mia prima raccolta di
poesie giovanili l'ho poi ripudiata, in seguito, perché di
derivazione troppo scolastica. Non conoscevo ancora molte cose e
pensavo che scrivere fosse una cosa più semplice...
Merini
- Ma certo. Ci sono dei momenti in cui deve avvenire, insomma, un po'
come la potatura dell'albero. A volte il poeta rinnega certe sue cose
ed è strano come sia avvenuto, nella mia antologia, che
proprio uno dei maggiori critici le vada a salvare. Questo fa rabbia,
al poeta, perché lui può avere chiuso con quel
capitolo. Non so se mi capisci. Per esempio, a me piace di più
il periodo manicomiale, soprattutto perché la poesia è
più sociale.
Quindi ha un contenuto più forte, più
universale, mentre il paterna d'animo, mio o tuo, poco importa alla
comunità, alla società.
Zaninetti
- Certo. Allora sei d'accordo con me che, quando si scrive poesia,
non si dovrebbe parlare dei propri stati d'animo, ma piuttosto di ciò
che si vede nella realtà, quella che ti sta davanti?
Merini
- Certamente. Infatti, diceva un signore, proprio di una delle mie
cadute formidabili, nelle apparizioni da Costanzo.. Perché
adesso, non al centro, ma sul Naviglio, mi conoscono tutti come
quella che è stata da Costanzo, non quella che ha scritto 30
volumi di poesia, volumetti diciamo... Quella che ha lavorato una
vita per fare un carteggio all'Università di Pavia. La vernice
del palcoscenico, purtroppo, inquina anche le persone... E mi sento
dire cose di questo tipo, aberranti... "Ha fatto dieci anni,
però è stata ripagata". Se lei vuole andare da
Costanzo, rispondo, si faccia venti anni di galera. Io preferisco
fare qualcos'altro.. È questo che ti fa male. Non Costanzo in
sé, poverino, che é una persona pregevole e di stile.
Ce l'ho con l'italiano: ti consacra poeta perché sei apparso
in televisione. Però, per il resto, sei un comune
scemo.
Zaninetti
- Che cosa puoi dire di Costanzo?
Merini
- Non posso dirne che bene. Perché proprio da Costanzo, ed era
la prima volta, io sono stata trattata come un essere umano. Ho visto
Costanzo sedere vicino a me, quasi in una condizione di
sottomissione, di sudditanza. L'arroganza che conosco sui Navigli,
grazie a Dio non c'era. Mi sono venuti a dire: "Ma lei è
più bella, in televisione". Si, sono più serena,
più a mio agio...
Zaninetti
- Non lo so, perché io non ho la televisione: io sono proprio
un nullatenente. Non ho neanche la casa, non ho niente...
Merini
- E vabbé. Ma questo non vuol dire che, poi...
Zaninetti
- Io, poi, poeta non mi considero. In effetti non scrivo poesie dal
'78. Io faccio più che altro, critica. Il mio lavoro è
quello di critico. Critico cinematografico, teatrale, letterario,
d'arte. Sempre, è ovvio, con uno sfondo puramente
sociale.
Merini
- Guarda però, Zaninetti,
che non puoi ritirarti. Il poeta ha il dovere di parlare anche per
quelli che non sanno esprimere ed esprimersi...
Zaninetti
- Questo, indubbiamente
Merini
- lo credo che tutti siano poeti. Sono poeti autentici anche quando
non hanno i libri dei poeti. Ma non quando gli chiedono come ha
fatto, uno, ad essere poeta. Allora io, veramente, non farei loro
frequentare più le scuole... Perché si nasce si e si va
avanti. Si cercano i mezzi per esprimersi. Tutto lì,
no?
Zaninetti
- Tu leggi anche la letteratura, la narrativa?
Merini
- Leggo poco. In questi ultimi tempi ho perso molto. Dico la verità,
leggo molto poco. Ci vedo anche sempre meno, grazie
all'elettroshok...
Zaninetti
- Ecco, un'altra cosa. Una domanda rispetto a questo libro, Esuli,
della minimum fax di Roma, curato da Paolo Mattei. Ti hanno
contattata, dopo la pubblicazione?
Merini
- Non ricordo...
Voci intersecate.
Merini
- L'italiano è noto per la sua maleducazione. Devo dire che
hanno ragione quando dicono, all'estero, che gli italiani sono ladri.
Non tanto perché rubano, ma perché non hanno rispetto
per gli altri... Ho sentito dire... delle cose tremende. Anche su
giornali femminili, dicevano che ero una femminista. Invece io sono
una donna che ha sempre considerato l'uomo il cardine della
tolleranza e del suo ingegno. Io stimo gli uomini, non sono una
femminista. Assolutamente no e posso dirti che quello che mi dà
la forza di andare avanti è proprio la forza che aveva mio
marito. Il ricordo di mio marito è quello che... Ha fatto
bene, se avevo la lingua lunga, a rinchiudermi in manicomio.
Dovrebbero finirci altre donne, in manicomio, oltre a me.
Zaninetti
- Mah. Forse si dovrebbe ripristinare il manicomio. Già cera
Giorgio Gaber che diceva: "Far finta di essere sani..."
Merini
- Ma guarda...
Zaninetti
- Poi c'è stato anche un libro di Fromm, pochi anni fa; "I
cosìddetti sani. La patologia della normalità"
Merini
- Te la spiego io, la patologia della normalità. Il malato
soffre perché non c'è una dialettica... Prendi il
paranoico ed il sano, che è convinto della sua ragione. Da li
non lo smuove più nessuno. E' l'uomo regresso e proprio
quell'uomo che non progredirà mai. Non voglio dire che tutti
debbano essere nevrotici, ma almeno avere all'interno qualche
problema per cui interrogarsi. Mi sembra essenziale, specialmente per
l'uomo moderno. O no?
Zaninetti
- Beh, direi proprio di si. Mi fa venire in mente, tutto questo, il
film francese lodio. Tutti e due sbagliano, i
protagonisti, e alla fine entrambi sono convinti di avere ragione e
lo vogliono ribadire con la violenza dell'arma, l'uno dando la morte
allaltro. Io trovo che l'errore "umanitario" stia in
questo; non ammettere mai di avere torto. Cosi si continua a
commettere un errore dopo l'altro. Violenza dietro violenza. Io credo
che gli uomini non sappiano ancora che cosa sia l'amore. Come nel
titolo di un libro di Lella Cusin: "Non ancora uomini, la mano
già preme sopra il mitra".
Merini
- Quello moderno è un uomo che va perdendo quota. Adesso è
andato anche sulla Luna, ma con la terra ha perso quota. Non trovi?
Zaninetti
- È vero. Luomo è molto lontano dallessere
ciò che potenzialmente potrebbe essere
Ti
ringrazio.
INTERVISTA
ESCLUSIVA TRATTA DALLA RIVISTA "JERONIMUS"
Intervista di
Teresio Zaninetti
-Trascrizione di Antonio MIDURI
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