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Oz: il fanatico è un altruista

È in libreria il nuovo libro di Amos Oz "Contro il fanatismo" (Feltrinelli ), saggio tratto da tre interventi dello scrittore israeliano all'università di Tubinga in Germania. Oz, tradotto in molte lingue e famoso in tutto il mondo, è attivo sostenitore dal 1967 del processo di pace e della soluzione bi-nazionale del conflitto tra Israele e Palestina. I suoi articoli, i suoi saggi sull'argomento ne hanno fatto una delle principali figure di Israele e una delle più autorevoli voci di tolleranza.

Come spiega il fanatismo e i fondamentalismi dei nostri giorni?

Sempre più persone hanno un disperato bisogno di risposte molto semplici. Le ideologie e le forme di religione più fanatiche offrono semplici risposte, a volte di una sola frase, per tutto.

Come si riconosce un fanatico?

Il fanatico è sempre molto altruista. E' più interessato agli altri che a se stesso. Prova sempre a salvarti l'anima o a cambiarti, oppure ti aiuta a "vedere la luce". Vive la sua vita solamente attraverso le altre persone. Naturalmente se non può cambiarti ti ucciderà. Ma lo farà perché ti ama, non perché ti odia.

Qual è la cura contro il fanatismo?

Innanzitutto sono necessari relativismo e scetticismo. E credo che il senso dell'umorismo sia una grande cura. Non ho mai visto una persona dotata di humor diventare un fanatico. E non ho mai visto un fanatico con il senso dell'umorismo, perché possederlo significa saper ridere di se stessi. Molto spesso condizioni di disperazione, estrema povertà, oppressione e la mancanza di ogni speranza sono responsabili della diffusione del fanatismo. Pertanto è anche importante cercare di rimuovere queste situazioni insostenibili in varie parti del mondo.

E il compromesso che parte ha contro il fanatismo?

Ho sempre creduto che il compromesso sia la chiave della coesistenza tra persone. E' vero per le nazioni quanto in un matrimonio. So che molti in Europa, specialmente quelli più giovani e idealisti, pensano che il compromesso rappresenti l'opportunismo oppure la mancanza di integrità morale. Nel mio vocabolario la parola compromesso è sinonimo di vita.

Come mai definisce il conflitto israeliano - palestinese una guerra tra due vittime?

Perché entrambe le parti di questo conflitto sono state, in maniere differenti, vittime dell'Europa. Gli Arabi attraverso il colonialismo, l'imperialismo e lo sfruttamento. Gli Ebrei attraverso le persecuzioni, le discriminazioni e un genocidio. L'Europa ha una responsabilità molto pesante nei confronti delle due parti di questo conflitto del Medio Oriente.

L'espansione dell'Unione Europea avrà influenza sulla sua soluzione?

È troppo presto per dire in quale direzione si muoverà l'Europa. Se diventerà una superpotenza egoista avrà un impatto negativo sul resto del mondo. Se, al contrario, assumerà serie responsabilità verso le parti sofferenti del mondo avrà un potere molto positivo. Mi è però chiaro che il suo allargamento le attribuisce molte più responsabilità internazionali.

Come giudica la situazione attuale del processo di pace visti anche i risultati del referendum tra gli appartenenti al Likud, il partito di Ariel Sharon?

Il 40% dei membri del Likud ora accetta che i gli insediamenti devono essere eliminati e i territori restituiti o lasciati da Israele. Questa è una buonissima notizia. Non mi aspettavo che l'intero Partito del Likud si trasformasse in un movimento per la pace, ma che il 40% del Likud, guidato dallo stesso Sharon, sia adesso a favore di restituire i territori credo sia un punto di svolta molto positivo.

Nutre ancora speranze per la Road Map? E per l'accordo di Ginevra di cui è uno dei promotori?

Sì, il mio ottimismo non ha orari e scadenze. Non posso dire quando, ma il problema sarà risolto. La cosa importante è che la maggioranza delle due parti, israeliani e palestinesi, già conosce quale sarà alla fine la soluzione: una spartizione con la creazione di uno stato palestinese vicino di casa di Israele.

L'antisemitismo riappare in maniera preoccupante in Europa.

Insieme ad altre forme di razzismo, come la misoginia, l'antisemitismo è una malattia antica, un disturbo mentale e deve essere curato di generazione in generazione. Non può essere sanato semplicemente da una conferenza o da una risoluzione ma è molto importante che i paesi europei siano coscienti che il virus dell'antisemitismo è ancora vivo e molto attivo.

Sta scrivendo in questo periodo? Come saggista o come narratore?

Sto lavorando a un nuovo libro. Non so ancora se sarà un romanzo o un racconto. Le volte che sono contento di me al 100% non è perché ho scritto un racconto o un romanzo bensì perché ho realizzato un articolo molto feroce per dire al mio governo di andare all'inferno. Fin qui non mi hanno ascoltato: mi leggono ma purtroppo non seguono il mio suggerimento. Quando ho il desiderio di raccontare una storia, cosa completamente diversa, allora scrivo un romanzo. Non scrivo al computer, scrivo per esteso, a mano, con semplici penne a sfera. Ne ho due sulla mia scrivania: una per gli articoli e l'altra per narrare. Il mio bisogno di raccontare viene da lontano. Ho incominciato a cinque anni, appena mi insegnarono l'alfabeto. Iniziai a inventare piccole storie, a scriverle e a raccontarle per colpire le ragazze. Inizialmente volevo fare il pompiere, convinto che le impressionasse di più, poi ho finito per scegliere di fare il romanziere.

Quali sono i suoi rapporti con gli scrittori Abraham B. Yehoshua e David Grossman, voci che si battono con lei per la pace?

Sono due miei cari amici. Yehoshua lo conosco fin dai tempi della scuola. Ci sentiamo al telefono molto spesso e ci incontriamo per le attività di pace. Tra di noi ci sono sfumature diverse. Metaforicamente è come ci trovassimo tutti e tre alla guida di un'auto: qualche volta vedo Yehoshua alla mia sinistra e Grossman un po' più a destra; dieci minuti dopo io stesso posso essere a sinistra di entrambi. Però andiamo tutti e tre verso un'unica direzione.

Intervista di Nuccia Cifarelli – IL SECOLO XIX – 22/06/2004

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