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Il romanzo interiore |
Certamente Saul Bellow è da annoverarsi tra i maggiori artefici dellinnesto della letteratura (e cultura) ebraica nel ceppo della letteratura (e cultura) americana. Tanto da poterlo considerare uno dei grandi padri (ebraici) della narrativa americana del Novecento. Pensiamo ai - più o meno coevi - Isaac Bashevis Singer (1904-1991), Henry Roth (1906-1995) e, appunto, Saul Bellow stesso (1915-2005). Generazione cui avrebbe fatto seguito la non meno formidabile seconda ondata dei Philip Roth, dei J. D. Salinger, dei Norman Mailer. Cui avrebbe ancora fatto seguito la terza ondata (certamente meno eclatante, ma pur sempre feconda) dei David Leavitt, gli Ethan Canin, i Matthew Scharpe, eccetera. Grazie ai romanzi di Saul Bellow bisognò cominciare a tener conto - non solo coloro che amavano la letteratura ma anche i vocabolari - di parole come Trepverter, mensch, Yiches, mamzeirim. Per non parlare poi di termini fondamentali dellebraismo, come bar mitzvah, bat mizvah, kaddish, dybuk, yeshiva, eccetera. Ma non era solo una questione di parole ebraiche o parole yiddisch che entravano nella grande vorace (e ben allenata) pancia della lingua inglese (o, meglio, americana). Cera in ballo qualcosa di molto più importante. Con i romanzi di Saul Bellow si immetteva nel fiume della narrativa americana un affluente completamente nuovo, eccentrico, portatore di acque diverse. Anzi, a essere precisi, Saul Bellow immetteva due fiumi. Uno era quello dellebraismo, o meglio dellebraicità. Vale a dire una parola e un pensiero che, essendo per storia e tradizione inclini allinterrogare e allinterrogarsi, alla critica e allautocritica, costituivano un grande fattore di novità e diversità (e resistenza) rispetto al compatto corso della cultura americana. Laltro fiume era costituito dalle radici russe della famiglia di Saul. Esso avrebbe apportato nuove dosi di interiorità e introspezione alla parola del romanziere Bellow e alla letteratura in cui essa confluiva. Assieme a Vladimir Nabokov, insomma, Saul Bellow sarebbe stato uno dei due grandi traghettatori dellintrospettività russa verso la terra dAmerica (potremmo parlare di una ideale linea Dostoevskij-Nabokov-Bellow). Tutto ciò si sarebbe tradotto in un importante arricchimento e sprovincializzazione della la cultura americana. Non solo da un punto di vista letterario, ma anche antropologico, psicologico, politico. Lebraicità di Bellow e di coloro che sarebbero seguiti sarebbe stata infatti il prezioso osservatorio di una cultura tra le meno disposte a farsi inglobare da altre culture, edificato non al centro ma ai bordi e fuori del flusso principale (il mainstream) di una cultura americana così forte, trascinante e seducente, da rendere quasi impossibile, per chi in tale flusso si trovi immerso, volgere ad essa uno sguardo autenticamente critico. Significativamente, il primo libro di Bellow (uno scarno romanzo in forma di diario, uscito negli Stati Uniti nel 1944) si sarebbe intitolato Dangling Man. Il giovane protagonista è infatti un uomo in bilico, sospeso tra la vita civile che ha solo formalmente abbandonato e una chiamata alle armi che tarda ad arrivare. Nellimpasse del ritardo e del vuoto burocratico, il bilico si allargherà presto a indecisione esistenziale, a logoranti e paralizzanti rovelli mentali. Fin da questa prova (che si rifà alle Memorie del sottosuolo, di Dostoevskij) apparirà chiaro che l'autore è interessato al movimento interiore dei suoi personaggi. Un novel of ideas, insomma, un romanzo di idee, che lo situa già in una posizione particolare nellambito del romanzo americano. Dopo la pubblicazione di The
Victim, nel 1947, sarebbe venuto, quasi dieci anni più
tardi (1953), The Adventures of Augie March (Le
Avventure di Augie March). Tale romanzo sarebbe non solo
stato il primo di grande risonanza, ma anche formalmente molto
diverso. Vivace, movimentato: tanto da essere definito un romanzo
picaresco. Il protagonista, Augie March, sembra come ribellarsi
al plumbeo destino della sua famiglia (una madre quasi cieca, un
fratello ritardato) imbarcandosi in una serie di dubbie
avventure. Tutto il suo vagare e dibattersi sembra però
alla fin fine tendere a una ricerca del proprio io. Non
mancheranno inoltre, nella sua testa, le riflessioni sulla
società e sui tempi (vedi il protagonista che si lamenta
della troppa storia, la troppa cultura, le troppe notizie
che ci schiacciano come le cascate del Niagara). Come
in Dangling Man e in altri romanzi, il luogo sarà
Chicago, ove Bellow si sarà trasferito dal natio Canada
alletà di undici anni e alla cui università
insegnerà per vari altri anni, dopo essersi
trasferito. Un altro romanzo memorabile
sarebbe stato, nel 1969, Mr Sammlers Planet (Il
pianeta di Mr. Sammler). In esso, un anziano ebreo polacco
sopravvissuto allOlocausto mescola, sovente con incerte
cesure, lorrore del passato e il malessere del presente. Il
suo occhio guarda comunque con grande attenzione il paese che lo
ospita, gli Usa. Offrendo al lettore una indimenticabile,
terrificante America popolata di giovani regrediti a un livello
quasi di barbarie (non male per uno scrittore che ha più
volte proclamato il suo incondizionato amore per il paese). E, a
proposito, va detto che in questo romanzo esce fuori uno degli
aspetti meno simpatici e più limitativi dello scrittore.
Una inquietante, talora ossessiva antipatia per i giovani (le
scimmie negli alberi, come Sammler aveva letto in un libro,
intente a defecare nelle loro mani, per poi bersagliare tra le
urla i sottostanti esploratori). E, giacché ci
siamo, anche una forte antipatia per tutto ciò che è
nuovo. O radicale. O di sinistra. Tanto che nei momenti più
accesi delle guerre culturali di qualche anno fa (quelle sulla
political correctness e sul canone letterario) il nome di Bellow
era divenuto quasi un sinonimo di reazionario (e pensare che, da
giovane, aveva avuto simpatie per il trotzkismo). Francesco Dragosei L'UNITA' 07/04/2005 |
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