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Massimo Carlotto

Il lato oscuro del giallo

Nel trentennale della pubblicazione del longseller La donna della domenica di Fruttero e Lucentini e nel quarantennale dell'esordio in edicola di Diabolik si terrà a San Pellegrino Terme il primo festival del giallo italiano. Da oggi fino a domenica 10, trenta scrittori si confronteranno sulle diverse tematiche della letteratura poliziesca. Mente e direzione di questa importante convention nazionale è Raffaele Crovi che già molti anni fa aveva colto le potenzialità del giallo, quando la cultura italiana osteggiava e disprezzava apertamente la cosiddetta letteratura di genere. Affiancato dal figlio Luca, affermato studioso del settore e da Tecla Dozio, libraia specializzata in Milano e infaticabile sostenitrice degli autori italiani, Crovi ha organizzato un momento di dibattito di cui si avvertiva la necessità da molto tempo. Intorno alla letteratura poliziesca sono fiorite negli ultimi anni numerose iniziative di notevole spessore ma mai di queste dimensioni e con un così alto numero di autori invitati.
Il giallo italiano è uno dei fenomeni editoriali più interessanti degli ultimi anni e al prossimo Salon du livre di Parigi (22-27 marzo) le saranno dedicati una serie di appuntamenti curati da Laurent Lombard. Interessante e innovativa anche la formula dei cinque dibattiti in cui interverranno sei scrittori alla volta per approfondire i temi espressi dalla produzione italiana: società e storia, violenza e malavitosità, diversità e devianze, corruzione e giustizia, dimensione onirica e dimensione paranormale. In poche parole fare il punto della situazione per capire dove sta andando il poliziesco italiano.

La stampa sta dando ampio risalto all'iniziativa e dalle numerose interviste pubblicate in questi giorni si evidenzia che in Italia non esiste un'omologazione del genere. Anzi la ricchezza sta proprio nella diversità che contraddistingue il lavoro di ogni scrittore, non solo nella scelta delle trame e dei luoghi ma anche nel linguaggio e nello stile letterario. Per trovare dei punti comuni di riferimento bisogna attenersi rigidamente ad alcuni criteri generali. Il più importante è che raccontare una storia criminale, ambientata in un determinato luogo e in un determinato, momento significa descrivere, radiografandola, la realtà politica, sociale ed economica che ci circonda. E poi che sempre di più la letteratura poliziesca attinge apertamente le trame dalla cronaca e in questo senso i romanzi rappresentano (anche) una nuova forma di inchiesta. Un aspetto molto amato dai lettori che ormai, all'interno di un rapporto molto stretto con gli autori, consigliano i casi da seguire, offrendo spunti e materiale. Ma al di là di questo c'è davvero poco altro che possa permettere di definire il giallo italiano. In realtà è un grande calderone in cui bollono idee e fermenti che più che riflettere identità letterarie riflettono la società italiana nel suo complesso.
E' indubbio che il poliziesco italiano (e non solo) stia vivendo un momento particolarmente felice, sia dal punto di vista della produzione che del mercato editoriale, ma è altrettanto vero che si regge su un equilibrio precario che corre sempre il rischio di andare in pezzi. Finora gli autori sono stati in grado di reggere il confronto con le richieste di un pubblico sempre più esperto ed esigente che, giustamente, pretende che la letteratura poliziesca gli racconti quanto sta accadendo in questo preciso momento storico. Non bisogna dimenticare che viviamo in un paese che, da piazza Fontana in poi, ha perduto il senso della verità. Nessuno crede alle verità ufficiali al punto che i processi più noti vengono celebrati contemporaneamente al di fuori delle aule dei tribunali. E cosa più grave, si assiste quotidianamente a un vero e proprio depistaggio mediatico che evita accuratamente di raccontare le grandi trasformazioni nel mondo criminale e le sue connessioni con gli ambienti politici, finanziari e imprenditoriali ma, attraverso una struttura consolidata, concentra un'attenzione morbosa su fatti di sangue, certamente terribili e sconcertanti ma di scarsissimo interesse generale.
Dal caso Marta Russo alla contessa Agusta, da Erika e Omar fino al recente delitto di Cogne assistiamo a un teatrino dove giornalisti, esperti e tuttologi ci raccontano ad esempio che la società e la famiglia sono è in crisi con lo stesso spessore con cui parlano della crisi della canzone italiana a Sanremo. Quello che non ci raccontano (e il motivo è evidente) è che viviamo in una società che produce crimine e anticrimine in una spirale senza fine perché la società stessa è criminale. Mario Puzo, autore de Il Padrino, che non era certo uomo di sinistra, disse che i veri gangster moderni sono gli uomini che gestiscono il potere economico. Una verità apparentemente elementare. Il caso Enron dimostra quale sia la portata "criminale" del conflitto d'interessi ma nei talk show non avrà mai lo stesso livello di attenzione dedicato ai fidanzatini di Novi Ligure. E qui si potrebbe continuare all'infinito.
L'altro aspetto pericoloso del depistaggio mediatico è che si vuole creare un'immagine completamente falsata della realtà giudiziaria. Il caso di Cogne ne è l'esempio più evidente. Da un lato si propone un modello di "garanzie" procedurali ineccepibile, dall'altro un metodo investigativo basato sull'infallibilità della scienza che non hanno nulla a che vedere con la realtà ma sono molto rassicuranti. Le stesse forze dell'ordine, sono molto più disponibili di un tempo a rapportarsi con i media e offrono un'immagine di scrupolosità investigativa che non lascia scampo al crimine. Eppure basta pensare ai fatti di Genova e alle perizie sulla morte di Carlo Giuliani o ai lager in cui sono rinchiusi i clandestini per rendersi conto che la gestione dell'ordine pubblico e della quotidianità dei tribunali e delle carceri è ben diversa.
La difficile sfida del giallo italiano si misura proprio sulla qualità della realtà che si sceglie di raccontare. Il potere ci stordisce di menzogne e la verità è sempre più eversiva. In questo senso il giallo è uno strumento straordinario per il solo fatto che racconta una storia. Ma forse può fare qualcosa di più. Nel passato si è detto che il romanzo poliziesco aveva il ruolo di "punzecchiare" il potere. Oggi, come strumento di controinformazione, può servire a creare coscienza nei lettori e soprattutto dare voce a chi non ce l'ha. Molti autori non sono d'accordo, pensano che il giallo debba solo raccontare storie. Altri continuano a credere nella legalità delle istituzioni. Si tratta evidentemente di posizioni squisitamente politiche che riflettono la diversità della sinistra in questo paese. Per questo capita che un autore si possa sentire più vicino a scrittori stranieri, magari sudamericani, francesi o spagnoli che a quelli nostrani. Il dibattito in corso è assolutamente pacato e costruttivo ma le differenze esistono e nel futuro si evidenzieranno sempre di più.

A fine aprile, in Francia, una conferenza stampa annuncerà la nascita del Festival del Noir Mediterraneo. Ospite d'onore dell'edizione del 2003 sarà proprio l'Italia e quello sarà un altro momento importante di confronto perché il Noir Mediterraneo ha scelto di privilegiare le trame che svelano e denunciano le connessioni tra potere politico e criminalità. La globalizzazione dell'economia ha determinato la globalizzazione della criminalità. Secondo le Nazioni Unite, il reddito annuale delle organizzazioni criminali transnazionali è superiore ai 10.000 miliardi di dollari (equivalente al Pil dei paesi in via di sviluppo); un'enorme quantità di denaro che deve essere riciclata. L'area del Mediterraneo è stata individuata da tempo come la grande lavatrice delle mafie che, da quella cinese a quella russa, si sono ormai stabilmente radicate nel territorio. Ma tutto questo non sarebbe possibile senza la complicità di larghi settori del mondo finanziario e imprenditoriale, la commistione tra economia legale e illegale e una corruzione endemica nelle forze di polizia e nella magistratura. Ispirato all'opera di Jean Claude Izzo, lo sguardo degli autori è nero e pessimista ma allo stesso tempo vero e disincantato. Da un lato il mare e il cielo azzurro del Mediterraneo, la solidarietà e l'amicizia, dall'altro la violenza e la sopraffazione del potere, la corruzione e l'avidità.
Il grande laboratorio del giallo è l'Europa che si distingue sempre di più dalla produzione statunitense, sempre più noiosa e reazionaria, per il coraggio e la capacità di esplorare nuovi territori e di confrontarsi con il lato oscuro dell'Impero. Il Male per eccellenza.

IL MANIFESTO – 08(03/2002


Massimo Carlotto

DONDE ESTA OESTERHELD?
Il fumetto argentino DESAPARECID
Torino, Museo dell'Automobile

Dall'8 febbraio al 7 aprile 2002


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