BIBLIOTECA | | EDICOLA | | TEATRO | | CINEMA | | IL MUSEO | | Il BAR DI MOE | | LA CASA DELLA MUSICA | | LA STANZA DELLE MANIFESTAZIONI | | | NOSTRI LUOGHI | | ARSENALE | | L'OSTERIA | | LA GATTERIA | | IL PORTO DEI RAGAZZI |
Massimo Carlotto |
||
Un eroe mascherato e distratto nell'Argentina dei desaparecidos |
Zorro, quello vero, è
morto a Buenos Aires. Armando Catalano, genitori siciliani, in arte
Guy Williams, venne ritrovato cadavere in un lussuoso appartamento di
calle Ayacucho nel Barrio Norte. Era il maggio del 1989. Oggi è
oggetto di culto e i siti internet si sprecano ma allora Zorro morì
in solitudine come una volpe nella prateria e solo la puzza della
decomposizione convinse i vicini a chiamare la polizia. La notizia
occupò qualche trafiletto dei quotidiani impegnati a
raccontare la campagna elettorale di Angeloz e Menem e le imprese
dell' Independiente che stava conducendo un campionato
denso di colpi di scena. La salma rimase per un anno nel panteon
Dell'associazione argentina degli attori, prima che il
figlio Steve ne richiedesse la cremazione e la restituzione delle
ceneri. A Los Angeles vennero poi disperse. La causa del decesso
venne liquidata come un ataque de presiòn mortal
ma i pochi amici argentini espressero dubbi attraverso una teoria
abbastanza precisa su certa gente interessata all'eliminazione per
gelosie e quattrini. Ma forse questo fa parte della leggenda, che
Zorro sia morto di ictus non fa piacere a nessuno. Gli ultimi anni di
Guy Williams in Argentina furono quelli di un dandy in una grande
città sudamericana: belle donne, locali alla moda e tirar
tardi alla Recoleta. Zorro, insomma, aveva smesso da tempo di
mascherarsi e di difendere i deboli con la spada. A dire il vero in
Argentina non si era mai sognato di farlo. Eppure qualche motivo ci
sarebbe stato, ad esempio la dittatura che aveva fatto sparire
migliaia di persone.
Zorro era arrivato a Buenos Aires nel
1973 quando la triple A era impegnata nelle prove
generali del colpo di stato. La gente moriva nelle strade ma Williams
aveva altro per la testa. Rotto il contratto con la Disney aveva
girato il mondo cercando una nuova patria per il suo personaggio.
Dopo alcune apparizioni televisive a Canal 13, (dove conobbe Fernando
Lupiz, l'attore che gli fece da spalla in tutto il periodo argentino,
all'inizio piuttosto preoccupato che Zorro usasse una spada vera)
decise di stabilirsi nella capitale.
Tra il 1977 e 1978, in
piena dittatura militare, girò con un circo in lungo e in
largo per l'Argentina. Un grande tendone pieno di bambini dove Zorro
e il figlio (Fernando Lupiz) sconfiggevano puntualmente i cattivi.
Bernardo ormai era troppo vecchio e il sergente Garcia era morto due
anni prima e Guy Williams dovette inventarsi il personaggio del
figlio per le sue nuove avventure. Fu un successo strepitoso lo Zorro
della dittatura, al punto che produttori graditi ai generali
fiutarono l'affare di un grande film: El Zorro vivo o muerto.
L' Instituto de Cinematografia si precipitò a
finanziare il progetto con 700.000 dollari. Williams e Lupiz
scrissero la sceneggiatura ma al momento di passare alla
realizzazione sorsero i primi problemi. Williams abituato a Hollywood
pretendeva mezzi e raffinatezze cinematografiche che avevano fatto
lievitare i costi di un altro paio di milioni di dollari. Ma
soprattutto voleva il controllo assoluto e non sopportava le
ingerenze dei produttori, che volevano rifilargli amanti e attori di
scuderia. La goccia che fece traboccare il vaso fu la pretesa del
futuro governatore Palito Ortega di affidare la parte del fedele
Bernardo all'attore Carlitos Balà. Williams non volle
ascoltare ragioni e il progetto sfumò.
Nel frattempo
Williams si era legato alla giovane giornalista della Semana
Araceli Lisazo, una storia che durò qualche anno tra alti e
bassi e terminò con la morte dell'attore che, proprio il
giorno in cui l'ictus lo uccise, doveva chiamarla per chiederle la
mano.
Nel 1983 cadde la dittatura e si iniziarono a contare
morti e scomparsi, ma Zorro, già in pensione, era troppo
distratto per accorgersene. Eppure ogni mattina lo vedevano a La
Biela a bere caffè e sbocconcellare brioches leggendo il
Buenos Aires Herald. All'amico Lupiz confidava che la
gente non gli chiedeva più autografi. Non aveva ancora capito
che per attirare l'interesse avrebbe dovuto girare mascherato da
Zorro. Lezioni in questo senso ne aveva avuto parecchie. Quando
girava con il circo, finiva le serate a mangiare asado nelle ville
dei grandi proprietari terrieri, i cui figli si lamentavano sempre di
non vederlo in costume.
Come il professor John Robinson,
perduto in una lontana galassia, personaggio che aveva interpretato
per tre anni in una serie televisiva, Williams non aveva mai voluto
rendersi conto di vivere in un paese dove l'orrore era quotidiano.
Quando girava con il circo superava posti di blocco dove i militari
controllavano file di persone appoggiate alle auto e agli autobus con
le mani in alto e Buenos Aires era oscurata dal coprifuoco. Zorro
rimase così un eroe gringo, estraneo e lontano, nonostante
amasse definirsi con gli amici «abbastanza progressista».
Di fatto contribuì all'immagine proposta dai generali di
un'Argentina che lottava contro il terrorismo ma che continuava a
vivere. E a sognare eroi d'importazione. Oggi Zorro fa la pubblicità
di una compagnia telefonica. Grandi manifesti dove un sms recita:
Zorro, ritorna. Ti sei dimenticato la spada. Bernardo.
Massimo Carlotto IL MANIFESTO 11/01/2005