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Ora è tempo di fare i conti con il passato |
Vorrei iniziare da un fatto di cronaca. L'altro giorno, in occasione della grande parata militare del 12 ottobre, a Madrid si sono visti sfilare, l'uno accanto all'altro, un reduce della repubblicana Divisione Lecler che prese parte alla liberazione di Parigi dai nazisti e un vecchio volontario della Divisione Azzurra, quella che Franco inviò a combattere in Russia con l'esercito di Hitler. L'idea, strampalata, è stata del ministro della Difesa. Il risultato è stato, invece, che i due hanno quasi finito per prendersi a botte. Ecco, la Spagna di oggi, il suo rapporto con il passato è, almeno in parte, proprio questo.
Javier
Cercas quarantaduenne scrittore e giornalista spagnolo della guerra
civile che ha insanguinato la Spagna dal 1936 al '39 e
dell'importanza di non dimenticare, di non voltare le spalle al
passato se ne intende. Ne ha fatto il tema portante del suo Soldati
di Salamina, romanzo edito due anni fa in Italia da Guanda, che
gli è valso il premio Grinzane Cavour nel 2003 e una
popolarità senza precedenti in patria: primo nelle classifiche
di vendita per 50 settimane consecutive. Un romanzo ambientato negli
ultimi mesi della guerra civile che racconta, mischiando i generi del
reportage storico e del noir, la storia di un falangista al quale un
repubblichino salva la vita. Un successo editoriale che è
approdato al cinema in una versione firmata dal regista e scrittore
Victor Trueba (di lui Feltrinelli ha pubblicato due romanzi: "Quattro
amici" e "Aperto tutta la notte") e che
ieri è stato proiettato qui a Stresa, nell'ambito della
seconda edizione del Grinzane Cinema, rassegna dedicata al rapporto
fra cinema e letteratura.
Cercas,
in fondo il suo romanzo non parla proprio di una possibile
riconciliazione fra vincitori e vinti?
Sì.
Ma il punto sta nel fatto che questo tipo di riconciliazione non può
che essere privata. Intendo dire che se i due veterani fatti sfilare
l'altro giorno a Madrid si fossero incontrati in una casa o in un
bar, magari avrebbero finito per stringersi la mano. Ma così,
pubblicamente non poteva che finire a botte.
Per
la Spagna dell'era Zapatero è ancora così difficile
fare pubblicamente i conti con il passato?
Zapatero
non ha cambiato la Spagna. Non lo ha fatto, nel bene e nel male.
Quello che è cambiato è il governo. Per il resto gli
spagnoli erano già pronti e da tempo ai cambiamenti che
Zapatero sta introducendo. Ciò per il quale non sono ancora
pronti è affrontare con serenità un dibattito sul
franchismo. E la ragione sta nel franchismo stesso che ha ibernato la
vita spagnola per quarant'anni e, cadendo, l'ha spinta verso uno
stato euforico che spingeva solo a guardare avanti. La Spagna
postfranchista voleva rimettersi in corsa con l'Europa, guadagnare il
terreno perduto. La parola d'ordine era non guardarsi indietro.
Ora
è venuto il momento di farlo?
Il
successo che ha avuto il mio romanzo ne è una dimostrazione.
Quando l'ho pubblicato il mio editore aveva previsto una tiratura
bassissima: "lo leggeranno solo gli ultrasessantenni",
aveva predetto. La sorpresa, per lui e in parte anche per me, è
stata che a leggerlo sono stati soprattutto i giovani. Quelli stessi
ragazzi che oggi, in uno spot televisivo su una serie di reportage
sulla guerra civile, dicono al nonno: "Stasera non esco. Guardo
la tv".
Lei
crede che questo processo possa dare dei frutti in tempi brevi?
E'
difficile dirlo. Il tema della riconciliazione è un problema
molto complicato: coinvolge non solo la politica ma anche la morale,
la giustizia. Recentemente Amos Oz ha detto una cosa che io condivido
appieno: il problema israelo-palestinese non si risolverà mai
se continueremo a parlare in termini di giustizia anziché
parlare della realtà. La realtà, in Spagna, è
che storicamente hanno convissuto e tuttora convivono due culture:
quella dei vincitori, i franchisti, e quella dei vinti, i
republicani.
Ci
sono ancora dei retaggi culturali del franchismo?
Senza
dubbio e la più evidente è l'Eta: non accetta che la
Spagna sia ormai un paese democratico e persegue logiche totalitarie
di chiaro stampo fascista anche se ammantate di retorica di sinistra.
Il
suo nuovo libro parlerà di tutto questo?
Anche
di questo perché la letteratura parla della vita e lo fa
dandogli una forma ben determinata. Non ci saranno nuovi eroi del
passato ma un'altra guerra sì. Dei nostri giorni.
Intervista
di Andrea Casazza IL SECOLO XIX 15/10/2004
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