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CHE FARE? |
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Nikolaj
Gavrilovic Cernyevskij |
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Che Fare?, scritto nel 1863, fu conosciuto durante la vita di Cernyevskij solo tramite copie clandestine e così, quando fu finalmente pubblicato nel 1905, ebbe un successo strepitoso, tanto da poter essere considerato una sorta di breviario di ogni giovane (Kropotkin) e divenire in breve uno dei romanzi formativi dei giovani russi del primo novecento.
Il
romanzo è centrato sul rapporto uomo-donna come rapporto
basilare della società, attraverso il quale sono mostrati
tutti gli altri aspetti del reale; avviene perciò che i
problemi del tempo, con le discussioni relative, si esplicitano
seguendo le vicende di scelte comportamentali delle persone
romanzesche. Accenniamo in breve a tali problemi: uguaglianza dei
sessi, critica delle convenzioni, impostazione etico-sociale delle
condotte personali e, soprattutto, organizzazione produttiva di tipo
cooperativistico con distribuzione egualitaria dei profitti e
processi educativi interni alla produzione stessa. E' singolare, di
fronte al gusto attuale oggi, che viene data qui una fusione continua
tra il divenire
( continuamente autocritico invece che di flusso
indistinto) delle persone e del divenire sociale.
In altre parole
non c'è niente del romanzo-saggio e invece l'analisi
sentimentale-morale è la costante del libro.
(
Eleonora Fiorani e Francesco Leonetti, introduzione)
La mattina dell'11
luglio 1856, la servitù di uno fra i maggiori alberghi di
Pietroburgo presso la stazione ferroviaria di Mosca era in una grande
perplessità non esente da agitazione. La sera innanzi, verso
le nove, un signore era arrivato con una semplice valigia, aveva
preso una camera, presentato al visto il passaporto, domandato del tè
e una bistecca, e detto che non lo si disturbasse, perché era
stanco e voleva dormire. Badassero però a destarlo alle otto
del mattino, perché aveva da sbrigare affari urgentissimi.
Dopo di ciò, chiusa la porta, s'era prima sentito gran rumore
di forchetta, coltello, piattini, e poi subito silenzio:
evidentemente, il passeggero aveva preso sonno. Venuta la mattina,
alle otto precise, il cameriere bussò: nessuna risposta. Bussò
più forte: niente. Il sonno, si vede, era profondo.
Il libro procede come un normale romanzo d'amore e di mistero, ma dopo una decina di pagine ecco che lo scrittore interviene parlando direttamente al lettore: quello che ha letto è solo un espediente per invogliarlo a leggere il libro di uno scrittore sconosciuto
[...] le prime pagine del romanzo mostrano quanto poco conto io faccia del pubblico. Ho adoperato la vieta astuzia dei romanzieri, incominciando con qualche scena di effetto, presa dal mezzo o dalla fine, e l'ho avviluppata d'una nebbia misteriosa. Tu pubblico, sei buono, molto buono, però bevi alla grossa. Non si può contare che dalle prime pagine tu indovini se il libro sia degno o no di lettura. Tu non hai fiuto, e devi per forza ricorrere ad altri mezzi. Di mezzi ce ne sono due: o il nome dell'autore o l'effetto.[...]
Vera,
il personaggio principale del libro
Voi
mi chiamate sognatrice, voi volete sapere quel che io domando alla
vita?
Non voglio né dominare né umiliarmi, non
voglio ingannare o infingermi, non voglio guardare al giudizio
altrui, né conseguire quel che gli altri mi suggeriscono e che
a me non serve.
Io non sono usa alla ricchezza, non ne provo il
bisogno; e perché mai cercarla, solo perché gli altri
la credono desiderabile?
Non sono mai stata in società,
non so cosa voglia dire brillarvi, non me ne sento in alcun modo
attirata; e perché dovrei sacrificar qualcosa, solo per il
fatto che gli altri la stimano una gran cosa?
Per quel che
non serve a me, niente sacricherò: né me stessa né
il più piccolo dei miei capricci.
Io voglio essere
indipendente e vivere a mio modo; per quel che mi serve son pronta a
tutto; quel che non mi serve, non lo voglio e non lo voglio.
Che
cosa mi servirà? Lo ignoro. Voi dite: io son giovane,
inesperta, muterò col tempo... e sia, muterò quando
muterò; ora non voglio, non voglio, niente voglio di quel che
non voglio. Voi domandate quel ch'io voglio? Ebbene, no, non lo so.
Voglio io amare un uomo? Non so. Anche ieri mattina, destandomi, non
sapevo di dover amare voi; né so quel che sentirò
quando amerò un uomo. Solo questo so, che a nessuno voglio mai
soggiacere, che voglio essere libera, che non voglio esser obbligata
a chicchessia per non sentirmi dire: tu hai il dovere di far per me
questo e quest'altro! Voglio fare esclusivamente quel che vorrò
fare, e facciano pur gli altri allo stesso modo; a nessuno chiedo
niente, di nessuno voglio costringere la libertà, e voglio,
voglio, esser libera io stessa! sta in: pag
40-41