Racconto di MAURO CORONA

SOLO FOGLIE DI SOGNI CHE CADONO


Ferragosto malinconia d’autunno. Può sembrare un paradosso, ma non lo è. Mai poesia come "Il sabato del villaggio" s’addice di più al quindici di agosto.

Certo che è difficile, nel caos dei divertimenti, delle sagre, del mare, della montagna, accorgersi di qualcosa. Il turista, che poi siamo tutti noi, maschera molto bene la sua crescente tristezza. Ma lo sa benissimo che ferragosto corrisponde alla domenica della famosa poesia.

Con quella data finisce la breve estate delle ferie e un altro pezzettino della nostra già poca allegria finisce sepolto nella gerla delle preoccupazioni. Né può consolarci il fatto che, nei giorni successivi, vi siano ancora parecchi turisti in circolazione. Ferragosto è il trillo della sveglia, è il sinonimo di dura realtà che ritorna, di fabbriche che riaprono, di amori interrotti, di code sulle autostrade, di scambi di indirizzi e numeri telefonici.

E per i giovani, all’orizzonte dei mari d’oggi non tanto più azzurri spuntano, a ferragosto, le vele di un nuovo, noioso anno scolastico. Ferragosto, per i vacanzieri, diventa l’autunno delle foreste e - come gli alberi - anche gli uomini, dopo quella data, iniziano a perdere le foglie. Sono foglie di sogni che cadono, di speranze che si staccano, di entusiasmo che viene a mancare, di fiducia che se ne va. E sui rami spogli e graffianti rimangono impigliati solamente i pensieri dei futuri problemi quotidiani.

Il quindici di agosto anche i fuochi delle sagre paesane cominciano a spegnersi e le braciole non hanno più il sapore piccante dei giorni precedenti. Il guaio è che diamo troppa importanza a certe date col rischio che, quando esse scadono, ci ritroviamo depressi e avviliti con in mano il classico pugno di mosche. Il segreto potrebbe nascondersi nel cercare di strappare al tempo un po’ di ferragosto tutti i giorni. Così non si arriverebbe a quel fatidico appuntamento carichi come molle pronte a scoppiare. Ferragosto è una data fatidica, un punto di vertice attorno al quale tutto cade a precipizio. E` come la cima di una montagna : un luogo finale da cui non si va in nessun posto. Si può solo cadere.

Allora non affezioniamoci troppo a una sola montagna. La sua vetta dovrebbe servire solo a ritemprarci e forse a trovare le nuove motivazioni per scalarne subito un’altra. Magari il giorno successivo.