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I misteri dItalia: storie da romanzo Intervista a Luca Crovi |
La verità sui fatti del G8 ve la rivelerà lAlligatore. No, non il nemico irriducibile di Capitan Uncino, ma il singolare investigatore creato da Massimo Carlotto. Nel Maestro dei nodi, nuovo romanzo dello scrittore veneto in uscita a settembre, verranno a galla storie mai raccontate, episodi nascosti, testimonianze imbarazzanti. In un mix esplosivo di realtà e fantasia.
Sì, perchè da tempo, ormai, gli scrittori di gialli sono quelli che mettono il dito nella piaga dei misteri dItalia. Parlano di mafia, come Andrea Camilleri e Domenico Cacopardo. Riportano alla ribalta la strage di piazza Fontana, nel romanzo La primavera dei mai morti di Piero Colaprico e Pietro Valpreda. Raccontano lincarognirsi delle nostre città, del nostro vivere.
Snobbati da tanti critici, sottovalutati da troppi lettori, i giallisti di casa nostra hanno, adesso, lonore di vedersi riuniti in una storia della letteratura poliziesca made in Italy che Luca Crovi ha scritto per Marsilio: Tutti i colori del giallo (pagg. 365, euro 17).
Gli anni Settanta della Storia dItalia sembrano un serbatoio inesauribile di misteri - dice Luca Crovi - pronto per essere scandagliato dagli scrittori di gialli. Basta leggere i libri di Carlo Lucarelli, Marcello Fois, Piero Colaprico e Pietro Valpreda.
Solo gli anni Settanta?
No, quello è un filone. Laltro, invece, guarda da distanza ravvicinata il nostro tempo. I romanzi gialli e noir, adesso, sono quelli che meglio sanno raccontare le trasformazioni della nostra società. E lo fanno in maniera lucida, senza tranciare giudizi.
Per esempio?
Massimo Carlotto da tempo sta costruendo unimmagine dello sfascio dellosannato Nordest. Ed è terrificante proprio perchè corrisponde alla realtà. Andrea Camilleri parla di mafia con una competenza che forse nessuno ha più.
Sono sassi gettati nello stagno?
È un modo per costringere il lettore a porsi delle domande. Colaprico e Valpreda nel loro nuovo romanzo, La primavera dei mai morti, non a caso raccontano la rivolta nel carcere di San Vittore del 1969 e la strage di piazza Fontana.
Vendono molto?
Vendono bene. E fanno scoppiare dinvidia i loro colleghi. Ma io dico: se tanti narratori, invece di stare lì a guardarsi lombelico, si fossero sintonizzati con la realtà, forse la crisi del libro non sarebbe così profonda.
Ma il giallo italiano non era snobbato da tutti?
La critica letteraria ha sempre trattato il giallo italiano come una sorta di Cenerentola della letteratura. Un genere da lasciare in cucina, mentre nel salotto buono si mettono in mostra i gioielli. In realtà, bravi scrittori capaci di inventare intrighi, misteri, li abbiamo sempre avuti.
A partire da chi?
Per esempio, da Carolina Invernizio ed Emilio De Marchi. Sul finire dellOttocento, i loro romanzi noir vendevano già benissimo.
Quali?
Il cappello del prete di De Marchi in sei anni riuscì a bruciare sette edizioni. Uscì in contemporanea a Napoli e a Milano vendendo subito tutte le copie della prima tiratura.
Inventando la pubblicità libraria?
Quello fu il primo romanzo italiano ad avere un notevole lancio pubblicitario. Inventarono dei cartelloni, disseminati per la città, con un gigantesco cappello da prete sopra.
Un po criptico, no?
Sì, ma prevedeva che, dopo una settimana, arrivassero altri cartelloni con la scritta: Il cappello del prete, grande feuilleton di Emilio De Marchi. Non basta, vennero ingaggiati anche dei ragazzi-sandwich che giravano per Napoli con la stessa pubblicità.
Libri popolari?
Popolari, perchè volevano coinvolgere il maggior numero di lettori possibile. Però, Emilio De Marchi, Carolina Invernizio, Matilde Serao, scrivevano storie poliziesche, con atmosfere noir, misteriose, stilisticamente di alto livello.
Letteratura, quindi?
Senza dubbio. Una tradizione che, poi, è stata riscoperta dopo gli anni Venti del Novecento. Quando sono nati i mitici Gialli Mondadori. Allinizio, il fascismo ha aiutato questo settore, perchè il 15 per cento degli autori della collana doveva essere italiano.
Poi, però...
I romanzi polizieschi, infarciti di omicidi, di indagini e colpi di scena, sono diventati indigesti per il regime. E allora, molti autori italiani si sono rifugiati nel filone rosa. Ezio DErrico e Giorgio Scerbanenco, tanto per fare due nomi, hanno trovato rifugio nei Romanzi della Palma. Narratori noir travestiti da piccoli Liala.
Il black-out è proseguito ben dopo la caduta del fascismo...
Nel secondo dopoguerra, la narrativa sè concentrata soprattutto sulla realtà italiana. Raccontando la Resistenza, la lotta la fascismo e la nazismo, la ricostruzione, i mutamenti della società. E, ovviamente, il dramma dei lager.
Gli scrittori di gialli sono scomparsi?
No, qualcuno tentava di sopravvivere. Ma era durissima, perchè gli editori cercavano soprattutto dei buoni imitatori dei classici inglesi e americani. E Alberto Tedeschi simbarcava in crociate perdute quando giurava sulla bravura, per esempio, di Franco Enna.
Poi è arrivato un certo Giorgio Scerbanenco...
Che con il ciclo dedicato a Duca Lamberti è riuscito a tracciare la strada maestra per il giallo italiano. Cioè, quella che ha iniziato a confrontarsi con la realtà del nostro Paese. Con i problemi sociali, politici, territoriali. Uno come Loriano Macchiavelli ha saputo raccontare le trasformazioni della sua Bologna e dellEmilia in maniera straordinaria.
E non solo quello...
No, perchè in coppia con Francesco Guccini ha costruito tre deliziosi romanzi storici, che ruotano attorno al maresciallo Santovito, posti tra il presente e il passato.
Intervista di Alessandro Mezzena Lona IL PICCOLO 21/05/2002
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