Figlio
della periferia rossa parigina, cresciuto nella
cultura della Resistenza, Didier Daeninckx ha scoperto la
letteratura alletà di tredici anni, grazie a un
vicino operaio che possedeva la collezione completa dei libri
tascabili. È autore autodidatta di estrazione operaia,
profondamente legato alla banlieue parigina. La sua natia
Aubervilliers vanta infatti una solida tradizione industriale e
operaia: fu nel 1919 la prima città francese destrema
sinistra, e prima della seconda guerra vi si stabilirono i
repubblicani spagnoli.
Quandero
bambino - ricorda Daeninckx - consideravo Parigi una città
straniera. Se adesso andarsene a fare un giro a Beaubourg o
sui Campi Elisi può apparire un fatto banale, trentanni
orsono io potevo fare questo viaggio, due o tre volte
allanno, grazie a mia nonna, bigliettaia a
Porte-de-la-Chapelle e che mi apriva le porte della
metropoli. Ha lavorato nelle tipografie e iniziò
nel 1978 lapprendistato nel giornalismo come
corrispondente locale, esperienza dalla quale ha imparato a
prestare unestrema attenzione per i particolari,
irrilevanti solo in apparenza, per gli sfondi, per le storie
secondarie inserite nella trama principale. Ama il lavoro
dindagine paziente per dare la parola a quanti, di solito,
non hanno altro ruolo che quello di tacere.
Da
sempre impegnato nel sociale, ha trattato nel 1983, in A
futura memoria, del caso di Maurice Papon, colpevole di
crimini contro lumanità, diventato ministro della
Repubblica.
Era
allepoca potentissimo, ex ministro del bilancio nominato da
Giscard dEstaing. Ben 15 anni dopo, nel 1998 è stato
accusato di «crimini contro lumanità» il
reato più grave della giurisdizione europea, e condannato
per quanto la deportazione degli ebrei nel 1942. Abbiamo dunque
avuto in Francia il caso di criminale contro lumanità
diventato prima prefetto di polizia a Parigi e in seguito
ministro.
Ritiene
che un fatto di questo genere possa accadere ancora oggi?
Beh,
stiamo migliorando: il nostro ministro della cultura, Donnadieu
de Vabrès, non è stato accusato che di riciclaggio
di denaro. Inoltre un senatore molto influente, Charles Pasqua,
ha decine di processi in sospeso, e secondo la giustizia
americana avrebbe beneficiato di alcune elargizioni
da parte di Saddam Hussein. Non abbiamo più nel governo
dei criminali veri e propri come Papon, ma persone assai poco
raccomandabili. Stiamo rubando il primato allItalia.
Secondo
lei leventuale ratifica della Costituzione potrebbe
proteggere i Paesi europei da fatti del genere?
Niente
affatto, e io sono apertamente contrario a questo Trattato. Lho
qui davanti a me: leggo nellarticolo 4 e fra le libertà
fondamentali viene inserita la libera circolazione delle
persone, dei servizi, delle merci e dei capitali. Per la
prima volta una Costituzione ritiene essenziale la libera
circolazione dei capitali, e vi intravvedo un enorme pericolo.
Esiste poi un articolo un po camuffato, sulle isole
anglo-normanne che possono servire da paradisi fiscali. La
Costituzione permette questi trucchi, e ciò mi urta nel
profondo.
Crede
comunque in un dialogo culturale europeo?
Certamente.
Ma torno a parlare della Costituzione. Mi ci oppongo da
democratico: sono di origine belga e leggo nel Preambolo Sua
Maestà il re dei Belgi, mentre la Costituzione
francese esordisce: In nome del popolo francese. Il
principio democratico e repubblicano viene calpestato fin dalle
prime parole. Io rifiuto di rendere omaggio a un monarca per
diritto divino. Se i belgi riconoscono un dirigente per diritto
divino, il problema è soltanto loro. Ma che non si chieda
a me, repubblicano, di riconoscere la legittimità del loro
re, o della regina dInghilterra, o del re Juan Carlos messo
sul trono da un certo dittatore Francisco Franco. Noi francesi
abbiamo tagliato, in tutti i sensi, i ponti con la monarchia, due
secoli orsono. E ora vorrebbero che io riconoscessi la
legittimità di persone figlie di Dio. Io non
credo in Dio e non riconosco neanche i suoi figli.
Torniamo
alla cultura europea, al dialogo fra le diverse culture e
letterature. Esiste a suo avviso?
Sì,
certo. Anche senza la Costituzione che, alla cultura nella
Sezione III, Parte III, articolo 3, non dedica che cinque piccoli
commi di una banalità avvilente: LUnione
contribuisce al diffondersi delle culture. Io mi dichiaro
pro-europeo, anche se contrario a questa Costituzione: il
programma Erasmus, e tutta una serie di disposizioni e di
finanziamenti, hanno permesso la circolazione delle culture in
Europa. Ora temo che la politica della concorrenza, del rifiuto
degli aiuti pubblici, costituisca un serio pericolo per la
cultura. Ecco, la Costituzione prevede la concorrenza fra le
diverse iniziative culturali, a scapito della cooperazione.
Quale
posto ha occupato la letteratura europea nella sua formazione di
scrittore?
Essenziale.
Devo moltissimo a Günther Grass, a Primo Levi, a Eduardo
Mendoza, a Umberto Eco, a Manuel Vázquez Montalbán
e a Giorgio Scerbanenco, per dirne soltanto alcuni, alle maniere
diverse di vedere il mondo. Uno scrittore rappresenta in qualche
modo il punto dincontro di tutte queste influenze. Ma io
non ho mai ragionato in termini di letteratura prettamente
europea. Centanni di solitudine, ad esempio, mi
parla del mondo, e Delitto e castigo mi fa pensare alla
vita, alla storia, al diciannovesimo secolo, al tempo e al
passaggio del tempo.
Milan
Kundera deplorava, negli anni 70, che alcuni Paesi,
europei fino alla Seconda guerra mondiale, come la
Russia, la Cecoslovacchia, la Polonia, lUngheria, si
trovassero isolati dallEuropa occidentale anche dal punto
di vista letterario...
Ha
certamente prevalso la cultura della guerra fredda,
lidea sbagliata che questi Paesi fossero una sorta di no
mans land della storia. Ma più che la
letteratura, il cinema ha permesso di superare questidea;
penso a registi come Milos Forman, Andrei Wajda, e Emir Kusturica
per la ex Jugoslavia, che ci hanno aiutati a capire che i
cittadini dellaltra parte della cortina di ferro
condividevano le stesse preoccupazioni degli europei. Ritengo
essenziale il ruolo svolto da Václav Havel: lui per primo
ha richiamato lattenzione dellEuropa sulla cortina
ideologica che lo isolava dal resto dEuropa.
I
suoi romanzi sono stati tradotti in venticinque lingue. Lei non
crede che un lettore straniero possa avere difficoltà a
cogliere la specificità della sua lingua, il francese?
Sì,
certo. Le racconto questa storia: il mio traduttore giapponese di
A futura memoria (dove parlo dellimperatore Hirohito
definendolo un collaborazionista), mi spiegava che la persona
dellImperatore è sacra, e Hirohito ha notoriamente
collaborato con i nazisti. Ma di un intoccabile non
si può parlare apertamente. Era quindi convinto che i
giapponesi non avrebbero letto il mio libro come episodio
prettamente francese, ma come metafora della loro storia. E lui
intendeva orientare la traduzione in questo senso. A mia volta ho
imparato dalla letteratura noir americana, da autori come Dashiel
Hammett e Raymond Chandler, a conoscere i non detti
della società francese, a intuire ciò che avveniva
dietro le quinte.
Lei
ha scelto di vivere a Aubervilliers, a 500 metri da dove è
nato. Non lattira la grande città?
Sto
bene qui, e intendo continuare a occuparmi delle mie rose, della
lattuga per le tartarughe
E
leggere la Costituzione!
È
lei che mi ci ha costretto. Ma voglio aggiungere che noi in
Francia abbiamo un motto: Liberté égalité
fraternité, e quello europeo sarà Uniti
nella diversità. Nessun cenno alluguaglianza.
Avrei preferito ad esempio uguali nei diritti, perché
la diversità mi sembra secondaria in una Costituzione: è
un dato di fatto, mentre luguaglianza significa una lotta.
Intervista
di Anna Tito L'UNITA' 28/05/2005
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