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Marcelle
Padovani |
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Vi scrivo dal medio evo |
Intervista a Umberto Eco
Milano. Un elegante palazzo milanese di fronte al castello sforzesco, costruito nel XIV secolo, del quale scorge la splendida torre medioevale dalla finestra del suo studio. Una casa in cui si respirano il gusto del benessere borghese e la passione di un grande collezionista. Ventun anni dopo Il nome della rosa, Umberto Eco ha ritrovato il suo adorato Medio Evo in un romanzo che è anche la sua opera più personale: Baudolino. In quel turbine di erudizione medioevale messo al servizio del feuilleton popolare, racconta, lungo i quaranta capitoli, ciascuno dei quali costituisce come un romanzo a sé, le avventure dell´eroe Baudolino, un contadino adottato dall´imperatore Federico Barbarossa nell´anno 1155. Scaltro, furbo, bugiardo, Baudolino segue il padrone in Europa, compie i suoi studi a Parigi, padroneggia altrettanto bene il basso latino e il greco, il tedesco e il provenzale, confonde volentieri «quel che vede e quel che vorrebbe vedere» (sarebbe bello averne una copia sottomano - e passare un paio di giorni a cercare la citazione originale). Scrive la famosa «lettera del prete Gianni», che lasciava sperare in un regno favoloso agli esploratori del suo tempo e che fece sognare Marco Polo e i viaggiatori d´Occidente. Racconto fantastico, picaresco e comico, Baudolino è un monumento di ottimismo, una celebrazione delle virtù dell´immaginazione e della menzogna.
Come Ulisse e Pinocchio, il vostro eroe Baudolino non si accontenta di mentire, ma tesse anche l´elogio della menzogna.
Tutti i protagonisti del mio libro dicono che Baudolino è un bugiardo. Non è del tutto vero, perché i bugiardi vogliono travestire il passato. Baudolino, invece, mente sul futuro. E poi crede a quello che dice. Inventa storie che soddisfano la sua fantasia, il suo senso dell´utopia. Come Cristoforo Colombo che credeva di sbarcare nelle Indie, Baudolino si mette in testa di raggiungere le terre del mitico prete Gianni. Fabbrica quindi documenti falsi.
Che cos´è, per lei, la menzogna?
Mentire non significa dire il falso, significa dire una cosa che si sa essere falsa. Quando Tolomeo diceva che il Sole ruota intorno alla Terra, diceva una cosa falsa ma non era un bugiardo. Il mio Baudolino affabula, ma ci crede ciecamente. Inventare è il suo modo di essere, il motore della sua esistenza.
Il Medio Evo è il motore della sua esistenza?
La mia età dell´oro Ho scritto Baudolino perché avevo in mente l´idea di un romanzo picaresco intellettuale, intorno a un personaggio che racconta e si racconta delle storie e che viaggia nelle enciclopedie medioevali come in un mondo reale. Cercherò di essere più concreto: come cammina uno sciapode, un essere che si regge su una gamba sola? Dove mette il piede? Prima a destra e poi a sinistra? O prima davanti e poi dietro? Dove ha il pene? Davanti? Di fianco? il genere di domande, molto pratiche, che mi ponevo scrivendo il libro. Per scovare la verità nella leggenda.
Il suo libro è profondamente ottimista. Che la menzogna sia un antidoto alla follia del mondo?
Ma non ho voluto scrivere un elogio della menzogna. Volevo raccontare come, dal fantastico, si potesse accedere all´esistenza vera.
Baudolino, è vero, fabbrica documenti falsi, ma che fanno davvero la storia. Quanto tempo ha impiegato a scrivere questo libro?
Cinque anni. I primi due anni ho pensato a una trama con dei giornalisti che fondavano un nuovo quotidiano e dovevano inventare degli scoop. Ma ho temuto che somigliasse troppo a Il pendolo di Foucault. Allora mi sono chiesto quale fosse stata la più grande soperchieria della storia. Risposta: la lettera del prete Gianni. Allora nella mia testa si è verificato un corto circuito, tra quell´idea del falso scoop e la leggenda della fondazione di Alessandria, la città in cui sono nato. Ecco perché ho scritto Baudolino. Sono sempre stato affascinato dalle false testimonianze e dai documenti falsi. D´altronde ho scritto dei saggi sulla nozione di falso e tenuto una conferenza sulla letteratura che si intitolava "la forza del falso". Il falso, spesso, produce storia.
Lei insegna, viaggia. Quando trova il tempo per scrivere?
Lavoro in modo irregolare. Spesso d´estate, in campagna, durante le vacanze. Quando lavoro, o sono in viaggio, mi accontento di tappare gli interstizi. Infatti mi sposto molto tra Milano, dove vivo, Bologna, dove insegno, e il resto del mondo, dove mi chiamano per tenere conferenze e per parlare dei miei libri.
Che cosa ha pensato delle recensioni del suo libro apparse sulla stampa italiana? Per esempio di quella del giornale cattolico Civiltà cattolica, dove si lamenta che non venga dato nessun credito alla fede?
«Civiltà cattolica fa il suo mestiere. Per Il nome della rosa, ero stato addirittura accusato di empietà e di eresia. Sta di fatto che Baudolino è un romanzo décapant dal punto di vista delle religioni: le reliquie, le false teste di san Giovanni Battista, i teli che si dice abbiano asciugato il corpo di Cristo. Se Il nome della rosa raccontava il Medio Evo dei manoscritti, Baudolino mette in scena quello dei poveri, delle scimmie e dei nani. Carnascialesco».
Mi parli di Baudolino. Lo fa nascere in Padania, in Piemonte.
La Padania è un´invenzione della Lega Nord di Umberto Bossi. La sue esistenza risale al massimo a una decina d´anni fa, è una pura e semplice fantasmagoria senza unità né geografica né linguistica. Parlare della Padania è come fare la metafisica dell´Ile-de-France. Il mio Baudolino è soprattutto un piccolo buono a nulla, un furfantello, un visionario che arriva perfino a invaghirsi di una capra.
L´Italia si è recentemente lanciata in una crociata contro gli immigrati, contro le moschee. Baudolino non milita contro quello spirito, esaltando la cooperazione tra cristiani, ebrei e musulmani?
Il mio libro è uscito, in Italia, un anno prima dell´11 settembre. Quando sarà pubblicato negli Stati Uniti, la gente sarà sicuramente convinta che il personaggio di Aloadin sia stato ispirato da Bin Laden. Si può scrivere su qualcuno che cade da cavallo, ma il lettore penserà malgrado tutto che si tratti di un incidente aereo....
La sua ironia è feroce.
L´unico modo per prepararsi alla morte è convincersi che gli altri esseri umani sono dei fessi. Dall´idraulico che non riesce a riparare il lavabo, al sindaco che dispone un´illuminazione assurda sulla torre del castello sforzesco, lì davanti a lei. Se fossero intelligenti, sarebbero tutti professori di semiotica all´università di Bologna, no?.
In questo momento l´Italia sta attraversando un periodo strano...
Certo. Tutti i giornalisti vengono a intervistarmi su Berlusconi. Rispondo loro che si occupa dei suoi interessi con successo. Il problema è quel 50% di Italiani che gli permette di farlo, e il rischio di contagio che può effettivamente colpire la Francia e la Germania. Questa maniera di considerare la politica come un´impresa pubblicitaria è un problema che riguarda tutto l´Occidente. Ma lasciamo che quest´esperienza mostri la sua nocività ed evitiamo in ogni caso di parlare di fascismo. E conserviamo il nostro sangue freddo. Le tecniche di governo del Signor Berlusconi sono delle tali mazzate che più le si critica e più si ha l´aria d´esser pazzi. Quell´uomo si adopera per dare a ciascuno di noi un´occasione al giorno per indignarci, e in questo modo finisce per far sgonfiare la protesta e la rabbia. Ma se io riuscissi a lanciare una sassata ogni mattina e a romperle ogni volta un vetro, sarebbe lei ad aver l´aria dell´imbecille. Non Berlusconi.
Intervista di Marcelle Padovani
LA REPUBBLICA 17/02/2002
(traduzione di Elda Volterrani da
Le Nouvel Observateur)