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IL MISTERIOSO CONCERTISTA (per metà favola e per metà racconto breve con annotazioni estese e poco favoloso epilogo) |
Lino era un piccolo molto curioso e vivace per natura: non vi era angolo della grande casa ove, subito dopo aver imparato a camminare, non avesse ficcato il suo nasino rotondo per vedere cosa vi ci si potesse nascondere. Mamma Pina si era molto preoccupata di questo figliolo scapestrato che non rispettava mai le consegne dategli e, senza avvisare, si allontanava continuamente da lei e dai suoi tre fratellini gemelli uno per il vero era una sorellina in cerca di avventure. Con il passare del tempo, però, la mamma si era quasi abituata alle sue assenze; doveva badare agli altri figli e, anche se i parti plurigemellari erano ricorrenti nella loro famiglia, era sempre una grande fatica. Ben potete immaginare cosa significhi dare da mangiare cinque volte al giorno a quattro boccucce affamate che non cessano un attimo di strillare sino a quando non hanno la pancia piena sino a scoppiare. Tre bocche si rassegnò mamma Pina sono meno di quattro e permettono di crogiolarsi un poco nella soffice poltrona la mamma ne aveva una enorme tutta per sè, un poco sfondata ma assai comoda e accogliente godendo il meritato riposo. Invece di sfiatarsi nel redarguire senza ottenere nulla quello strano figliolo un po' discolo ma di buon carattere aveva, allora, cercato di metterlo in guardia contro i grandi pericoli che potevano occorrergli nelle sue peregrinazioni. raccomandandogli di non allontanarsi troppo e, soprattutto, di non scendere mai ai piani abbasso che avrebbero potuto riservargli delle sorprese assai sgradite.
«Non tutti i nostri simili gli aveva detto sono buoni e per bene. Tanti e poi tanti anni fa, quando la nostra famiglia era molto più grande, essa abitava anche i piani inferiori e tutti erano liberi di muoversi ovunque e senza correre gravi pericoli. Ma un brutto giorno arrivarono dei barbari forestieri gli antenati dei prepotenti che ora vi abitano che scacciarono i nostri con le intimidazioni e con le violenze. Erano tipi poco raccomandabili, che non esitavano un attimo a porre in essere quello di cui ti avevano minacciato. Fai attenzione, pertanto, e promettimi che non mi disobbedirai».
Lino, però, l'aveva ascoltata con un solo orecchio perchè l'altro era troppo intento ad ascoltare le note che avevano proprio in quel mentre iniziato a salire dall'appartamento sottostante e che si stavano propagando squillanti per tutti i grandi spazi dell'ultimo piano. Aveva prestato la promessa richiestagli senza aver capito sino in fondo in cosa essa consistesse. La mamma era tanto buona e affettuosa ma a suo parere si preoccupava troppo e si immaginava pericoli inesistenti: era già sceso tante di quelle volte al piano di sotto senza che gli fosse occorso nulla! La musica era la sua grande passione, perciò ogni volta che sentiva salirne le note non sapeva loro resistere e gli prendeva come una smania di andarle ad ascoltare da vicino per poterle meglio cogliere e gustare. E così aveva fatto, più volte, ponendo sempre la massima cura nel tenersi completamente nascosto, a che nessuno potesse accorgersi della sua presenza.
Ah, la musica! che cosa meravigliosa sentire voci e strumenti esprimersi isolatamente oppure in sintonia, alternandosi in tutte le possibili variazioni sul tema proposto; che ebbrezza lasciarsi trasportare dalle onde del ritmo, su e poi giù per tornare dolcemente su e ancora giù, che giostra deliziosa! Da grande aveva già deciso doveva diventare un suonatore provetto, richiesto di esibirsi da tutta la sua famiglia e anche dalle altre in giro per il mondo. Gli restava solo da scoprire come fossero fatti gli strumenti musicali per poter scegliere quello che più si adattasse alle sue capacità e ai suoi gusti: nelle sue esplorazioni, infatti, più volte gli era capitato di trovarsi molto vicino o vicinissimo alla fonte dei suoni, ma non gli era mai riuscito di vedere di persona chi fosse a suonare o a cantare. Era un vero peccato perchè potendo parlare con i cantanti e interrogando i suonatori anche se la lingua che questi usavano nelle canzoni gli era del tutto sconosciuta e incomprensibile avrebbe potuto raccoglierne i preziosi suggerimenti per realizzare le sue aspirazioni.
Una volta gli era parso che le note provenissero da una grande scatola di legno, molto grande, da dietro un lato interamente ricoperto con un sottilissimo tessuto a rete di colore nero: scostata la rete in un punto ove le chiusure si erano allentate con il cuore che pulsava forte forte per l'emozione li avrebbe finalmente visti in volto! se ne era ritratto poco dopo più stupito che deluso. Per quanto avesse ficcanasato tutt'all'interno aveva solo potuto scorgervi delle fredde e incomprensibili apparecchiature strutture di metallo assemblate con dei coni di diversa grandezza, fatti di qualcosa di speciale che poteva essere carta oppure gomma dalle quali, però, usciva miracolosamente la musica a lui tanto cara. «É proprio un grande mistero aveva pensato eppure ci deve essere una spiegazione sensata perchè la musica non può prodursi da sola». In altre occasioni, sempre mentre era in giro par la casa, aveva visto gli inquilini del piano di sotto dei giganti rispetto a lui, ma non cattivi come gli aveva detto mamma Pina: non si erano neppure accorti della sua presenza infilare dei dischi luccicanti dentro a un'altra scatola, molto più piccola di quella con la parete di tela nera e poco dopo la musica era d'improvviso iniziata a scaturire da quest'ultima nel modo che già aveva potuto constatare.
Un'altra volta aveva scorto uno dei giganti prendere uno scatolone, diverso da tutti gli altri che sino a quel giorno aveva visto, con una forma stranissima, come di un enorme 8, con un grande buco circolare nel centro e con attaccato in cima un manico lungo lungo adatto per dei giganti parallelamente al quale scorrevano delle corde. Sedutosi il gigante si era messo la scatola di traverso sulle ginocchia e, tenendola ben salda per il manico con la mano sinistra, aveva iniziato a pizzicare le lunghe corde con la destra: le note ne erano subito scaturite dolci e frizzanti, ancor più di quelle della grande scatola, e senza dover passare per il congegno di metallo e di carta-gomma che aveva spiato! Forse quello era proprio uno strumento musicale, che meraviglia! peccato, però, dovervi rinunziare da parte sua: troppo voluminoso per le sue piccole dita. Un'altra volta ancora aveva potuto osservarlo prendere un'altra scatola, molto simile a quella fatta a otto, ma più piatta e senza il buco centrale; ripetutisi tutti i gesti che già aveva visto, i suoni, però quando il gigante aveva toccato le corde con le dita erano in questa occasione tornati a uscire dalla solita scatolona con la tela nera....il mistero si faceva sempre più fitto!
Avrebbe dovuto parlarne a mamma Pina, a costo di venirne nuovamente redarguito, ma desiderava anche spiegarle che gli inquilini del piano di sotto erano sì grandi grandi, ma si erano limitati a ignorarlo più che altro, come se neppure lavessero visto, forse perchè troppo presi dalla bellezza della musica che stavano ascoltando o suonando: se la apprezzavano tanto non potevano certo essere di animo malvagio.
* * *
Il Friuli-Venezia Giulia è terra generosa di ottimi vini e di grandi bevitori nonchè mangiatori: trasferitosi a Pordenone da quando vi aveva contratto felice matrimonio, Alessandro si era prestamente e volentieri adeguato ai costumi locali11. A Milano e nella lombarda tellus, ove era sino a quel giorno vissuto, certo non era che ci scherzassero con i vini e con il mangiare: fortunatamente aveva potuto fruire, nel periodo di adattamento al Friuli, degli insegnamenti della sua famiglia, perché i suoi ascendenti paterni o materni che fossero, ma soprattutto quelli materni avevano grande dimestichezza e frequentazione con tutti i derivati dell'uva come della vacca,del manzo, del porco o capro o altro commestibile quadrupede, pur senza tralasciare i bipedi da penna e da piuma, vivessero essi nelle stie, nei cintati cortili o in piena libertà22. Ciònonostante la scoperta dei vini di nord-est costituì per lui una inaspettata piacevole sorpresa poiché non poteva passare settimana senza che ne bevesse di totalmente nuovi o nuove varianti di quelli già conosciuti: tutti ottimi e gradevolissimi. In effetti negli anni dell'infanzia trascorsi nella bassa lombarda per lunghi periodi nella casa del nonno materno Giobatta33 ancora non aveva l'età per poter affrontare decisamente l'esperienza dell'alcool, anche se all'età di cinque o sei mesi e sofferente di tosse il nonno nella cui stanza era stato posto a dormire per lasciar riposare la mamma, svegliato nel cuore della notte dal suo persistente tossire, gli aveva premurosamente quanto per errore somministrato un intero cucchiaino di alcool puro all'epoca non usava ancora aggiungere i componenti che rendono rosa e disgustoso quello venduto nelle farmacie in luogo del tradizionale sciroppetto41.
Era felicemente sopravvissuto così, negli anni milanesi della giovinezza, Alessandro aveva potuto dare prova della piena efficacia di quell'involontario vaccino. Anche a Milano, infatti, si possono trovare locali bottiglierie o piccoli bar-ristorante che nascondono piacevoli sorprese52, ma si tratta pur sempre di vino imbottigliato ed etichettato che, per quanto di qualità, ottima ha quantomeno subito trattamenti che tendono a stabilizzarne il gusto e la conservazione, ad evitare che il consumatore possa essere disgustato dal sopravvenire di un qualche sempre possibile difetto. Questa prassi, pienamente giustificata dalle esigenze di consumo delle città o delle località in cui non si produce vino, ha un prezzo: la standardizzazione del prodotto, che diviene un risultato "di laboratorio", dalla quale riescono talora a salvarsi solo le rarissime annate in cui la qualità dell'uva vendemmiata sia stata veramente eccezionale.
In Friuli, per contro, aveva appreso larte di vagare per le osterie e, soprattutto, per le trattorie di campagna alla ricerca dei vini localmente prodotti e imbottigliati; per fare ciò non è ancor oggi necessario dotarsi di carta geografica nè prestabilire un itinerario: basta affidarsi al caso e, un poco, allintuizione. Muovendo da Pordenone si può, dirigendo a ovest/nord-ovest verso la pedemontana, giungere in breve a Caneva61, ai confini con la veneta Marca Trevigiana, per farne il punto di partenza, che però già merita una attenta sosta. Prendendo poi a nord-est, lungo la pedemontana friulana, neppure il tempo di scaldare il motore che si incontra immediatamente la frazione di Fiaschetti, ove il nome dice già tutto. Proseguendo verso est, abbandonando la zona collinare, ci si inoltra nellenorme anfiteatro di natura carsica, che si colloca a nord della linea delle risorgive72, nel centro del quale, transitando per la zona delle villotte, caratterizzata dagli insediamenti di profughi istriani avvenuti negli anni 50 maestri anchessi nellarte di coltivare la vite e di produrre vino , si trovano le grave83, formate dai letti sassosi ed estesi per chilometri in larghezza come in lunghezza dei fiumi Cellina e Meduna, la cui naturale aridità è stata in gran parte riscattata con la coltivazione della vite, che ha, per altro, dato eccellenti risultati. Passata la cittadina di Spilimbergo, sita al limite est di tali grave e prossima a quelle del Tagliamento, e superato anche questo fiume che segna il confine fra Pordenone e Udine , si giunge in breve transitando attraverso le terre fra San Daniele Colloredo di Montalbano e Tricesimo da nord, e Fagagna Moruzzo e Pagnacco a sud, anchesse meritevoli di innumeri soste alla zona dei colli orientali del Friuli, considerata fra quelle di maggior pregio per i suoi vini. Tale territorio si estende da nord a sud-est e il primo tratto va da Tarcento a Cividale attraverso i paesi di Nimis Ramandolo Attimis Faedis per citare i più conosciuti ove è imbarazzante e impossibile indicare quale sia più degno di una sosta. A sud di Cividale si trovano, poi, Spessa Ipplis Rocca Bernarda Buttrio Rosazzo Corno di Rosazzo e Prepotto, ove i problemi di scelta sono anche maggiori. Oltrepassato il confine con la provincia di Gorizia si entra nella zona del Collio91, molto più limitata, che si estende lungo il confine sloveno da Dolegna (del Collio) sino a Gorizia attraverso Vencò Brazzano Cormons Capriva Mossa e San Floriano, per concludersi seguendo lIsonzo a Gradisca passando per Lucinico Savogna e Farra102. Lappendice triestina merita una digressione, soprattutto a Rupinpiccolo e a Monrupino, alla ricerca del mitico Pucinum che oggi forse si incarna nelle spoglie del pastoso Teràn.
Il ritorno, da est a ovest, risulta molto più agevole anche se, giunti allaltezza di Portogruaro, può risultare oltremodo piacevole sconfinare nel vicino Veneto (piccolo tour per Lison, Loncon, Annone e Pramaggiore) per vedere la differenza bevendo sempre ottimamente. La risalita dalle basse(per Pravisdomini e Chions) si conclude a Pordenone, donde si era partiti, non prima , però, di aver compiuto un piccolo giro allinterno della grande ellissi precedentemente delineata nel quadrilatero Codroipo Bertiolo Varmo Casarsa 113.
Il lettore si chiederà, a questo punto, a cosa possa servire questampia digeressione enologica che spazia praticamente per tutto il Friuli includendo anche la Venezia Giulia e una parte del confine veneto: possiamo solo dire che essa esplica una funzione essenziale per la comprensione degli avvenimenti che più avanti verranno descritti. Diciamo che il processo di adattamento per potersi concludere in un tempo tutto sommato breve aveva richiesto ad Alessandro una notevole applicazione, quasi una dedizione (anima e corpo, a patto che questultimo sia molto resistente) non sempre scevra di conseguenze che potevano colpire lapparato vocale nel volgere di qualche ora gli accadeva di passare da uninfrenabile brillante loquacità al mutismo più assente e impastato come quello motorio dalla deambulazione perigliosa e ondivaga alla pace obliosa e incosciente dellimmobilità .
Lentusiasmo con cui ci si era dedicato non sembrava aver prodotto danni o altri esiti nocivi per quanto Francesca, la giovane consorte, lo avesse talora ripreso esortandolo a una maggiore prudenza: come nel sollevamento pesi esistono limiti naturali, altrettali ne esistono nel trasporto vini, soprattutto quando effettuato nellunico otre, puer quanto capace, di cui madre-natura ci ha dotato. I primi sintomi che, a partire da una data che non sapeva definire con precisione, iniziarono a suscitargli preoccupazione furono di tipo sonoro e di tipo visivo: nel cuore della notte gli accadeva di avvertire distintamente un carillon che, vicinissimo allorecchio non poggiato sul cuscino, gli suonava dolci melodie dalle note cristalline. Pur ridesto seguitava a percepire quei suoni che, anzi, si facevano anche più distinti; accendeva allora, non senza fatica, la piccola luce dellabat-jour che teneva sul comodino ma, in quel frattempo, la musica era svanita come dincanto. Di giorno, invece o comunque quando era ben sveglio e non aveva neppure toccato un bicchiere, vedeva con la coda dellocchio delle piccole e lievi ombre muoversi non distanti da lui per sparire non appena vi avesse volto e fissato lo sguardo. Quei fenomeni, che tendevano a ripetersi con frequenza crescente, avevano influenzato anche il suo stato danimo e i suoi comportamenti, tanto che Francesca lo aveva dapprima bonariamente schernito dicendogli che stava passando un periodo di bàla triste, cioé di ebbrezza lieve ma volgente allo spleen, per cui era preferibile frapponesse un congruo intervallo nella frequentazione della bottiglia, a prevenire linsorgere della bàla catìva, dagli esiti sempre sgradevoli. Constatato, poi, che non vi erano segni di miglioramento, lo aveva invitato per non dire che gli aveva ingiunto ad evitare totalmente di bere vino perchè non riteneva giusto che fosse la famiglia (per pochi mesi ancora limitata a loro due soli) a dover fare le spese della sua incontinenza: ma non sapeva che Alessandro aveva già smesso totalmente di bere da oltre un mese.
La sua preoccupazione stava divenendo una vera e propria sindrome ansiosa: si era persino informato sulla sintomatologia delle crisi da astinenza da alcool ricavandone ulteriori motivi di timore; temeva di offrire prima o poi un triste spettacolo di sè con una crisi di delirium tremens. A onor del vero non aveva ancora visto mostruosi insetti contorcersi o arrampicarsi davanti ai suoi occhi, ma i suoni notturni persistevano come pure le visioni di sfuggenti ombricole negli angoli delle pupille. Stava seriamente meditando di farsi visitare dal medico, ma ne era trattenuto dal fatto che il suo medico era anche il padre di sua moglie, e riteneva corretto che un suocero avesse tutto il diritto di farsi un cattivo giudizio di un genero ancor giovane ma già vittima dellebbrezza.
Roso dal dubbio e incapace di trovare una via duscita si sentiva come il sorcio preso in trappola.
* * *
Le scorribande di Lino al piano inferiore erano ormai allordine del giorno, ma venivano effettuate preferibilmente nel corso della notte, quando tutto taceva tranne i due giganti dopo averli spiati a lungo ora li conosceva bene e aveva anche imparato a distinguerli che russavano addormentati e gli parevano del tutto innocui. Aveva provato a parlarne a mamma Pina che, però, gli aveva ripetuto le raccomandazioni di sempre: anche se quegli esseri tanto diversi da loro non costituivano il loro principale pericolo, doveva sapere che non cera comunque da fidarsi di loro perchè imprevedibili e capaci, se glie ne veniva il desiderio, di stritolarti in un amen. Ma doveva soprattutto guardarsi dagli usurpatori, anchessi di taglia più grande della loro sebbene non così giganteschi, che certamente non avrebbero avuto pietà di lui se lo avessero sorpreso da solo.
Non avendo mai trovato la neppur minima traccia di questi suoi crudeli simili arrivati dalla lontana Norvegia così gli aveva raccontato mamma Pina , Lino era divenuto sempre più audace nei suoi sopralluoghi e, guidato dal loro russare, si era spinto sino nella stanza ove i giganti dormivano. Una notte che lintera casa si era improvvisamente messa a tremare tutta era un fenomeno ricorrente che si ripeteva per qualche settimana, per poi sparire per lunghi intervalli aveva udito dei suoni di cristallina purezza provenire da sopra uno dei piccoli mobili posti accanto al loro grande letto. Risvegliato uno di essi il più grosso e peloso aveva acceso la luce, così Lino aveva potuto constatare dal suo angolo nascosto che i suoni venivano emessi da una serie di gocce di cristallo che stavano appese luna vicina allaltra proprio sotto il supporto che reggeva la luce. Urtandosi lun laltro quei cristalli di diversa lunghezza producevano una musica celestiale che variava a seconda della lunghezza del pendente che veniva percosso: non sembrava un compito particolarmente difficile. Finalmente aveva scoperto lo strumento adatto a lui: gli sarebbe bastato di esercitarsi a dovere per ottenere i risultati voluti!
Approfittò, pertanto, di una delle prolungate assenze di quegli esseri fuori misura ogni anno si allontanavano da casa per tre o quattro settimane sempre nello stesso periodo per impadronirsi progressivamente di tutte le risorse che poteva riposte in quello strano ma stupefacente strumento: poteva non solo produrre le note più disparate ma anche regolarne la lunghezza e la frequenza fermando del tutto oppure semplicemente smorzando le vibrazioni di quei magici cristalli. Nellarco di un paio di settimane era divenuto un suonatore provetto: non solo era in grado di riprodurre alcune delle musiche che aveva potuto ascoltare in quella casa le armonie più semplici si erano impresse nella sua memoria ma sapeva anche crearne di nuove a suo piacimento, con sua grande soddisfazione e godimento. Così Lino trascorse ore ed ore, giorni e notti a suonare in continuazione, provando e riprovando, incurante dei richiami di mamma Pina che aveva perduto ogni speranza circa la possibilità che quel benedetto figliolo mettesse una volta per tutte la testa a posto,
Una brutta notte, però, Lino intento a percuotere le sue gocce di vetro avvertì una presenza estranea nella casa e la sensazione del pericolo gli fece correre un brivido lungo tutto il filo della schiena. Smesso immediatamente di suonare, si ficcò dentro per bene ai vicini materassi prima di assentarsi i giganti avevano labitudine di lasciarli ben arrotolati in centro al grande letto e dal suo nascondiglio ebbe modo, di lì a poco, di vedere avanzare nella stanza un suo simile, un adulto molto più grande di lui e, per di più, così sporco e puzzolente da risultare ributtante anche a distanza. Certamente non poteva trattarsi che di uno di quei soggetti prepotenti e inclini alla violenza di cui la mamma gli aveva più volte parlato. Lo spavento gli raggelò il cuore che batteva allimpazzata, ed egli si rintanò ancor più nelle pieghe dei materassi; laltro intanto avanzava a piccoli passi verso il centro della stanza con il naso levato in evidente ricerca di qualcosa. Giunto vicino al letto diede una lunga occhiata ai materassi a Lino sembrò di morire ma poi, avendo deciso che non erano commestibili, si allontanò e, sempre a piccoli passi, se ne uscì dalla sua visuale. Lino lasciò trascorrere molte ore prima di muoversi da dove si trovava e solo quando le luci dellalba inoltrata lo rassicurarono circa il fatto che quellaltro doveva finalmente essersene andato via.
Uscito dal suo nascondiglio scacciò la tentazione che subito gli si era presentata di mettersi nuovamente a suonare e si mise a riflettere sullaccaduto: la faccenda non si stava mettendo bene, proprio ora che non solo aveva trovato il suo strumento ma anche aveva iniziato ad apprenderne un soddisfacente utilizzo. Possibile che la sfortuna dovesse perseguitarlo sino a quel punto? doveva assolutamente trovare una soluzione. Rimugina e rimugina pensò che lunica possibilità era quella di avere a disposizione una via di scampo, facilmente accessibile ma non praticabile da quel fetido barbaro, che gli consentisse di mettersi al sicuro al primo manifestarsi del pericolo. Prese, allora, a ispezionare con cura tutta la stanza e, alla fine, concentrò la sua attenzione sul cordone vicino alla finestra che i giganti utilizzavano per aprire e chiudere le tende: esso pendeva quasi sino al livello del pavimento, ma il suo attacco superiore era prossimo al cassonetto di legno nel quale si arrotolavano le tapparelle. Questo cassonetto gli era ben conosciuto perchè facilmente accessibile dal piano superiore; gli sarebbe, pertanto, bastato di aprire un nuovo accesso proporzionato alle sue dimensioni in prossimità del cordone della tenda che consentisse solo a lui il passaggio.
Pochi giorni di lavoro e tutto era pronto: finalmente poteva tornare a dedicarsi anima e corpo alla sua passione!
* * *
Alessandro era tornato dalle vacanze marine veramente in piena forma e rassicurato; non più ombre in movimento negli angoli degli occhi nè notturni concerti di campanelli, tanto che mentre era via aveva ripreso a consumare vino il malvasia dIstria è fondamentale per una vacanza felice e rilassante senza più preoccuparsi degli effetti negativi che questo avrebbe potuto produrre: nuotava mangiava beveva e dormiva sodo come non mai, gli sembrava di essere rinato. Rimesso piede nella sua grande casa aveva trovato, però, delle tracce poco rassicuranti soprattutto nella cucina che denunziavano la presenza o, quanto meno, il passaggio di un roditore di grossa taglia. Non si trattava del solito scorpione legittimo abitatore di quella casa plurisecolare che a ogni rientro lo accoglieva minacciandolo con il pungiglione della coda121 bensì sospettava di un ratto proveniente da uno dei tanti canali che scorrono sotterranei nel centro di Pordenone per riversarsi nel vicino Noncello131. Il sospetto divenne certezza la mattina dopo quando, mentre percorreva il sottoportico che immette nel cortile interno ove teneva parcheggiata lautomobile, vide farglisi tranquillamente incontro una grossa pantegana142 che, del tutto incurante di lui, non intendeva minimamente cedergli il passo. La reazione istintiva di Alessandro fu di affibbiargli un calcio in pieno muso che, grazie alla doppia suola delle scarpe di tipo inglese che indossava, ebbe gli auspicati effetti letali.
Ma questo evento segnò anche la ricomparsa dei terribili sintomi che credeva lo avessero definitivamente abbandonato nel corso delle vacanze: si svegliava nel cuore della notte perchè gli era parso di udire suonare qualcosa di simile a dei campanelli che però non erano dei campanelli veri e propri e, cosa che riteneva ben più grave, era tornato a vedere delle piccole inafferrabili ombre muoversi negli angoli dei suoi occhi. I suoni, infatti, non erano nè sgradevoli nè assordanti, gli pareva anzi fossero frutto di una certa sensibilità ritmica e di un gusto estetico non disprezzabili153, potevano, pertanto, essere il frutto di una sua fantasia inconscia, ma le ombre nella coda dellocchio no! quelle proprio non riusciva a concepirle nè a dare loro una valida spiegazione che non fosse anche molto preoccupante.
Francesca non tardò ad accorgersi della ricaduta del consorte e, messasi in ansia anchessa per la sua salute, gli intimò di tenersi alla larga da qualsiasi bottiglia o recipiente che contenesse liquidi diversi dallacqua. Alessandro, pur recalcitrando, si risolse per forza di cose a prestarle obbedienza, ma per quanto si sforzasse non vedeva miglioramento alcuno: forse lo stadio della malattia era talmente avanzato da non consentire di venircene fuori senza un adeguato periodo di ricovero per disintossicarsi. Forse era giunto il momento di prendere il coraggio a due mani e di andarne a parlare con il suocero medico: meglio che lo sapesse direttamente da lui che per il tramite della sfortunata figlia. Se non ci fossero state novità di rilievo nelle prossime due o tre settimane lo avrebbe fatto.
Una notte, mentre dormiva, avvertì un dolore pungente allalluce sinistro che lo risvegliò: accesa la luce dellabat-jour vide la solita ombra fuggente nellangolo dellocchio: sino ad allora le ombre lo avevano tormentato solo di giorno, di notte cera solo la musica, doveva proprio essere allultimo stadio! Ma unaltra notte credette di avere finalmente trovato la soluzione a tutti i suoi mali: avendo iniziato a udire il solito carillon era riuscito, con minimi e lentissimi movimenti, ad accendere la luce sul suo comodino ed era, così, venuto a trovarsi faccia a faccia a una distanza non superiore ai 20 cm. con un piccolo topino di casa, pelo corto grigio chiaro, due vispissimi occhi a capocchia di spillo, naso appuntito, espressione rapita, se ne stava ritto sulle zampette posteriori mentre con quelle anteriori faceva mulinare i pendenti di vetro che ornavano labat-jour ricavandone i gradevolissimi suoni che tante volte aveva ascoltato. Un attimo di reciproca sorpresa poi il topolino saltò giù dal comodino e, afferrato il vicino cordone della tenda, vi ci si arrampicò con agilità e velocità estreme per scomparire nel cassonetto della tapparella.
Alessandro era sorpreso e rassicurato! finalmente tutto quadrava: i suoni le ombre e anche il dolore improvviso allalluce sinistro; controllando il copriletto vide che proprio a quellaltezza vi erano due o tre fili del tessuto che erano spezzati, come se qualcuno li avesse rosicchiati con i denti. Agitato dalla contentezza pensò bene di rendere immediatamente partecipe della sua scoperta anche la moglie Francesca che gli giaceva accanto e il cui sonno non era stato minimamente scalfito o turbato da quel trambusto161. Avrebbe dovuto rifletterci meglio! Sottratta contro ogni sua voglia alle braccia di Morfeo e dopo aver ascoltato ancora in istato di semincoscienza le sue confuse e improponibili giustificazioni, essa lo investì in malo modo dicendogli in faccia che le sue erano vere e proprie allucinazioni di un alcoolizzato allultimo stadio se non vedeva ragni mostruosi in compenso vedeva topi concertisti e acrobati che si arrampicavano lungo il cordone della tenda! , che se ne vergognasse per sè stesso e per tutta la famiglia, che si rendesse una volta per tutte responsabile del futuro del neonato primogenito, che la smettesse di bere di nascosto non bevendo più egli durante i pasti supponeva giustamente si arrangiasse fuori orario , che era stufa di lui e dei suoi inconsulti comportamenti, che con questo lo riteneva avvisato per lultima volta!
Visto inutile ogni tentativo di potersi spiegare e constatata lassenza di ogni pur minimo elemento di prova che valesse a convalidare i fatti che le aveva tanto confusamente e concitatamente raccontato, Alessandro venne per un attimo colto dallancor più grave dubbio di essersi immaginato tutto, a suo esclusivo uso e consumo, in preda allennesima allucinazione. Tale dubbio, però, ebbe il merito di durare solo sino al mattino, al quale pervenne insonne: giunta lora di alzarsi, approfittando della temporanea assenza di Francesca occupata nelle mattutine abluzioni , procuratosi la scala portatile egli si arrampicò sino al cassonetto della tapparella, nel cui angolo destro ebbe modo di individuare un piccolo foro rotondo inequivocabilmente quanto accuratamente rosicchiato dai dentini del piccolo roditore. Quella sera stessa, procuratosi un barattolino di gesso a rapida presa, provvedette a sigillarlo in ogni sua parte.
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Quando Lino, per nulla intenzionato a desistere dalle sue aspirazioni di concertista, si trovò la strada sbarrata da quella colata di gesso non si perse assolutamente danimo: in fin dei conti si trattava solo di gesso, cioé di un materiale estremamente friabile che aveva lunico difetto di risultare alquanto disgustoso in bocca; nellarco di qualche settimana tutto sarebbe tornato come prima.
E si mise alacremente al lavoro.
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Alessandro sembrava aver recuperato il suo equilibrio e la sua serenità: dormiva sonni tranquilli e distesi, tanto che anche Francesca, pur senza abbassare completamente la guardia, aveva cessato di ossessionarlo con la storia delle responsabilità che portava come padre e dellinammissibilità dei suoi eccessi nel bere. Talora, però, nel corso della notte, avvertiva come un grattare sordo e ritmato, che ritenne essere provocato dalle bolle daria residue nellimpianto di riscaldamento che era stato appena attivato. Non se ne diede ulteriore cura sino a quando un bel giorno o, meglio, una bella notte non tornò a udire una delle melodie che sino a qualche mese prima lo avevano affascinato e contestualmente tormentato: limpavido topolino concertista era tornato, giocoforza doveva sbarazzarsi di lui una volta per tutte. La notte seguente, avendo preparato ogni cosa con estrema cura, attese che il topolino si scatenasse in una delle sue esecuzioni per accendere dimprovviso nel pieno della musica luce dellabat-jour.
Il nuovo brevissimo faccia a faccia con il gigante spinse Lino alla fuga immediata, con arrampicata lungo il solito cordone della tenda a metà del quale ahimé venne raggiunto dalla ciabatta scagliatagli contro da Alessandro che, prima di addormentarsi, oltre a mettere completamente allo scoperto il cordone si era anche preparato una serie di munizioni improprie composta di scarpe e ciabatte. Il colpo non era in sè mortale Lino non venne colto neppure di striscio da quel proiettile ma il piccolo cuore non gli resse e cadde a terra fulminato.
* * *
Molti anni sono trascorsi da quella notte durante i quali Alessandro ha potuto godere anche di lunghi sonni e tranquilli, ma con il passare delletà linsonnia che pare si accompagni usualmente ai processi di invecchiamento ha iniziato a tormentarlo, anche se, per fortuna, solo saltuariamente.
Quanto basta, però, perchè possa provare grande nostalgia dei magistrali concerti di topo Lino.
* * *
Dopo qualche tempo lo spirito del topo Lino venne a trovare lautore per chiedergli ragione delle sue "ciabattate" letterarie e per ammonirlo sui ferali esiti che il suo incaponirsi nel voler mettere per iscritto fatti e avvenimenti della sua vita senza possedere gli strumenti adatti alla bisogna avrebbe sicuramente prodotti. Questo il dialogo che con lui intercorse:
Devi fare molta attenzione a questa tua mania - aveva impietosa-mente esordito il piccolo ratto -, oramai sei troppo vecchio e, permettimi di dirlo, sclerotizzato; eppoi ricordati che non hai né esperienza né mestiere bastevoli per affrontare adeguatamente un impegno consimile; occorrono cervelli giovani, agili, informati, in una parola moderni che sappiano trasmettere al lettore le vere emozioni della vita, non quattro ricordi striminziti messi in croce, per di più confezionati in una lingua talmente pesante e obsoleta da riuscire incomprensibile ai più.
Ti ringrazio per non avermi dato direttamente del rimbambito - gli avevo risposto alquanto piccato -, ma forse tu vuoi in questo modo ripagarti del grave sgarbo che ti ho arrecato, per questo mi maltratti al punto di giungere a insultarmi senza ritegno. Sono consapevole di aver causato la tua morte e ne ho portato sino ad oggi tutto il peso. Credimi. Eppoi mi sono messo a scrivere proprio perché restasse vivo almeno un piccolo ricordo di te.
Ma che ricordo e ricordo - mi aveva subito ripreso -, ti sei messo a scrivere solo perché hai la presunzione di saperlo fare, per soddisfare un tuo gusto che, da quanto traspare, mi sembra più ambizioso che sincero. Anche se lo neghi a te stesso devi ammettere che avresti anche la pretesa che altri ti leggessero e, peggio ancora, ti apprezzassero. In questo modo io a ogni lettura invece di rivivere seguiterei da essere ogni volta ignominiosamente mandato a morte. Peggio di Tantalo.
Anche tu, a ben vedere, sei morto per dare soddisfazione alle tue aspirazioni musicali - gli dissi allora non senza una punta di cattiveria -, guarda un po da che pulpito mi deve venire la predica! Non mi pare corretto che tu faccia colpa agli altri di ciò che per te non era una colpa, anzi!
Io, però, non ho dovuto uccidere nessuno per raggiungere i miei obiettivi artistici; mi sono limitato a suonare per me stesso, per la mia gioia, per il mio piacere personale.
Ma per il tuo diletto mi hai comunque complicato la vita e rotto non poco le scatole! - sbottai spazientito -. Sei giunto al punto di farmi credere un visionario malato e sullorlo della follia, mi hai creato non pochi dissapori familiari. Hai mai provato ad avere una moglie sul collo che ti passa a pettine fitto senza avere alcun valido argomento da opporle? Certo non è la morte, ma poteva anche essere qualcosa di peggio se non avessi scoperto quale era la realtà effettiva delle cose.
Scuse e solo futili scuse: questo non ti può autorizzare a maltrat-tare il lettore con le tue che merita ben altro rispetto. Stai molto attento perché così corri anche tu il rischio di fare la mia stessa fine, ma a te tireranno scarponi.
Chi di arte imperversa da topo perisce - dovetti convenire, mentre lo spirito di topo Lino si allontanava da me sdegnato.
1Unica vistosa eccezione il persistere del suo netto rifiuto al baccalà: in qualsivoglia modo elaborato e cucinato che fosse quel maleodorante ittide gli provocava subitanei e infrenabili conati di ripulsa. I sali ficcati sotto il naso del pugile suonato. Sperava che l'industria calzaturiera ne scoprisse presto una qualche forma di utilizzo massivo per produrre, ad esempio, scarpette sportive: odore contro odore.
2Ma la Lombardia è priva di sbocchi sul mare, quindi il pescato autoctono per quanto abbondante e di gusto variato è solo di acqua dolce: trote lucci tinche carpe alborelle anguille, per non dire del maestoso storione del Po. E anche dei piccoli pesci da frittura dei canali irrigui: «Incu a mesdì hö mangià pà' e pisìtt*» (a mezzogiorno ho mangiato frittura di pesce con il pane). Questo può spiegare come lo straniero baccalà possa essere oggetto di fanatico culto oppure di viscerale ripulsa.
*mettere qualcuno a pà e pisìtt significa, in realtà, metterlo a dieta ferrea.
3Nonno Giovanni Battista era da annoverare nella categoria dei cultori.
4Quando ad anni di distanza nonno Giobatta, ancora angosciato, raccontava il singolare episodio, aggiungeva di aver vegliato per tutta la notte il nipotino tormentato dal dubbio se fosse o meno buona cosa somministrargli come antidoto una adeguata dose di caffè. Solo l'intervento del medico condotto il dottor Giudici, che gli disse che l'unico sintomo chiaramente rilevabile sull'infante era come se la stesse dormendo nella grossa, fatto che non gli pareva di particolare gravità ma da non pubblicizzare comunque presso le madri rese insonni dai loro piccoli lattanti valse ad attenuargli un poco la grande pena che portava.
5Non era cosa infrequente sino a tutti gli anni '60 imbattersi in uno di questi locali, nelle viuzze del centro come lungo la cerchia dei navigli, che offrivano a profusione vini piemontesi e toscani di alto pregio e invecchiamento, ma anche della nostrana Valtellina, dell'Oltrepò e di Franciacorta, delloltrepadana Emilia Romagna, per non parlare dei cosiddetti "trani" ove come si può facilmente desumere dalla denominazione stessa era dato di assaggiare vini meridionali di inusuale grado e densità, da far stramazzare privi di conoscenza anche solidi drappelli di militari bresciani e bergamaschi in libera uscita*.
*citiamo, nello stesso ordine, i più noti:
- il barolo, la barbera, il nebbiolo, il gattinara, il cortese, il barbaresco, il grignolino, il dolcetto, la freisa, ecc.;
- il chianti, il brunello, il carmignano, la vernaccia, il montepulciano, ecc.;
- il sassella, il grumello, l'inferno, il valgella, il paradiso, ecc.;
- il barbacarlo, la bonarda, il buttafuoco, il sangue di giuda, ecc.;
- il franciacorta, il cellatica, il groppello, il lugana, ecc.;
- il lambrusco, il sangiovese, il trebbiano, lalbana, il gamay, il gutturnio, il pagadebit, lancellotta, ecc.;
- il manduria, laleatico, il matino, il cerasuolo, il racioppo, il salento rosso e bianco, lo squinzano, lo zagarese, ecc.
6Senza entrare nel merito dei toponimi e delle loro origini rileviamo che nella fascia collinare delladiacente provincia di Treviso da Vittorio Veneto a Valdobbiadene passando per il solighese con il termine di caneva si indica la cantina, cioè il luogo preposto alla conservazione del vino, e così pure nel sovrastante Cadore. Canevòn (cantinone) è il nome di un noto negozio di Cortina. Nelle vicine terre di Slovenia e di Croazia il termine konòba sta ad indicare le osterie ove è possibile degustare la locale produzione di vini , salumi e formaggi. Il tardo latino utilizzava la parola canaba a indicare egualmente la cantina.
7Tale linea si estende, per lappunto, da ovest a est, seguendo grosso modo il percorso della strada statale Pontebbana, da Sacile a Udine attraverso Pordenone e Codroipo.
8A sud di Bordeaux, universalmente nota per i suoi vini, vi è una zona di produzione a origine e denominazione controllata una distesa sassosa denominata les graves.
9Alessando era molto legato a questa zona avendovi assolto, nellimminenza del matrimonio, lobbligo del servizio militare. A Gorizia aveva iniziato una intensa fase di pre-adattamento, soprattutto ai vini bianchi scarsamente frequentati a Milano e per di più nella forma di spumanti , sia nelle canoniche ore di libera uscita che in quelle meno canoniche in cui, assieme ad altri tre sciagurati compagni darme, avrebbe dovuto pattugliare nelle ore notturne i sacri confini per preservare i domestici focolari dalla devastatrice furia del barbaro inimico.
10Le cosiddette grave isontine.
11Quanto ai vini di queste zone citiamo: il cabernet, il merlot, il tocai, il pinot bianco grigio e nero prodotti in mille e mille varietà in tutta la regione il refosco, la ribolla gialla e oro, il riesling, il sauvignon, il traminer, il verduzzo, langoris, il franconia, il malbek, il malvasia, il taçelenghe, il pignolo, i rustici clinton e bacò, il maestoso quanto introvabile picolit. Quanto ai vini del veneto di confine citiamo il tocai di Lison, il cabernet e il merlot di Pramaggiore, il raboso, il marzemino e gli altri vini del Piave (Campodipietra) e, spostandoci nel coneglianese, il prosecco e il verdisio.
12Con gli scorpioni animali che lo affascinavano per la loro sublime architettura aveva acquisito piena dimestichezza: la casa in cui abitava, infatti, risaliva al 400 e gli interstizi fra i mattoni, le crepe e il portato del tempo in generale erano da secoli il ricettacolo di interminati popoli di formiche e di intere famiglie di primordiali splendidi scorpioni. Una volta, sempre al ritorno dalle vacanze, gli era capitato di vedere in una stanza un qualcosa che gli parve essere un pezzettino di plastica simile a una tessera da domino con dei punti bianchi su fondo nero e, per gioco, gli aveva dato un leggero calcio facendola scivolare fra le due gambe anteriori di una sedia quasi si trattasse di una porta da football. Quale la sua sorpresa nel vedere che, al termine della scivolata, la presunta tessera si era rimessa autonomamente in moto grazie a un imprecisato numero di zampette che le erano spuntate dai lati! Munitosi precauzionalmente di una paletta laveva recuperata ed aveva potuto appurare che non si trattava di un pezzo del domino bensì di uno scorpione femmina che recava sul suo dorso scuro ben cinque piccoli evidentemente partoriti da poco bianchissimi ma completamente formati, tanto che uno di questi, avendo egli avvicinato il naso per osservarli meglio, lo aveva minacciato alzando il pungiglione della sua coda in miniatura!
13Fiume che bagna Pordenone per confluire, dopo alcuni chilometri, nel Meduna, affluente a sua volta della Livenza.
14Denominazione locale ma anche lombarda del rattus norvegicus o surmolotto, potenziale portatore del tifo petecchiale.
15Gli richiamavano xilofonie alla Lionel Hampton.
16Il sonno di Francesca era istantaneo quanto profondo: le era sufficiente adagiarsi non importa dove e come, nel letto come su di uno scoglio approssimativamente piatto per cadere issofatto in una sorta di coma persistente, dal quale doveva essere richiamata con molta pazienza. Malignamente Alessandro aveva avanzato lipotesi che dietro ai suoi occhi si celasse un meccanismo a contrappeso simile a quello delle bambole di buona memoria: bastava, infatti, inclinarle perchcè le palpebre si abbassassero sino a chiudersi automaticamente e viceversa.