Quando
Gesù morì gli angeli piansero e le loro lacrime si
trasformarono in pietre, in queste parole tratte da
Ingannevole è il cuore più di ogni altra cosa
(come il precedente romanzo Sarah, in realtà
scritto dopo, e come nel racconto La fine di Harold, tutti
editi da Fazi) cè tutto il mondo di Jeremy
Terminator Leroy, scrittore di culto al di qua e al di là
dellAtlantico. Leroy, che ha da poco compiuto ventiquattro
anni, è uno scrittore di culto non solo della generazione
dei ventenni ma dello star system americano (tra i tanti illustri
suoi fan ci sono Gus Van Sant, Bono, Dennis Cooper, Tom Waits,
Shirley Manson dei Garbage), il suo mondo è un concentrato
di brutalità che basterebbero a far soccombere chissà
quanti di noi e che invece si trasformano nei suoi libri in una,
a volte insopportabile, carica di emotività, di poesia
sparsa tra indigesti milk shake, enormi e sperduti drugstore,
alcol e droghe in ordine confuso e in susseguirsi di violenze
domestiche e stupri.
J.T.
Leroy parla di ciò che è accaduto al bambino che è
stato, un bambino che sta di fronte al mondo e ne subisce
unallucinata educazione sentimentale: un po come se
Alice nel paese delle meraviglie fosse riscritto da
William Bourroghs. Salvato dal suo terapeuta, a cui dedica il
libro, e che gli dice di scrivere le sue storie per aiutare gli
altri apprendisti psicologi, Leroy comincia a guarire dalle
droghe e a far letteratura, a circa sedici anni scrive questo
Ingannevole è il cuore e a diciotto Sarah.
In quella letteratura che gli ha salvato la vita Leroy spesso
parla, insieme alle cose appena dette, di famiglia, di Dio e
dellAmerica. Un po come George W. Bush ma con altri
modelli in testa. Lo scrittore, in questi giorni è a
Roma per presentare i suoi libri e il film di Asia Argento tratto
dal suo primo romanzo. Lo abbiamo incontrato e intervistato.
Nei
tuoi libri cè sempre la famiglia, anche quando non
cè. Qual è la tua idea di famiglia?
Tre
individui e un cane. Non è necessario che le persone siano
imparentate, è necessario che siano persone che si
sostengono a vicenda, che siano fedeli lun laltro e
che si amino per il resto della vita.
Cè
lespressione sociologica della famiglia americana tipo,
illustrata da tanto cinema, dai quadri di Norman Rockwell con
tanto di tacchino a tavola e che probabilmente è anche
quella a cui pensa di rivolgersi George W. Bush. Esiste? Cosa ne
pensi?
Questo
tipo di famiglia è una bugia, unillusione, un sogno
che si è infranto mentre veniva pensato, raccontato. Anche
voi in Italia, secondo me, avete questo problema. È un
modo di vedere le cose che frustra le persone che non rientrano
in quel modello, le fa sentire inadeguate, fallite, le spinge ai
margini, anziché dir loro Anche la tua è una
famiglia, forse solo meno fortunata. Quellimmagine
perfetta è una manipolazione, è uno scherzo
terribile.
Cè
tanta religione anche nei tuoi libri, gente che cita la Bibbia e
dice di comportarsi secondo i suoi dettami. Lo stesso titolo di
questo libro è un verso da Geremia. La Bibbia per te
quanto è stata importante?
Molto,
è stata molto importante nella mia vita, ha avuto un
grosso impatto. Al suo interno ci sono verità profonde che
sono universali e che possono insegnarti a vivere. Per tanto
tempo lho letta molto, ora non più, non mi considero
un cristiano ma credo ad una forma più alta di noi, una
forma di spirito superiore. Quando parlo di Dio non è da
intendere in senso stretto ma è come se il mondo fosse
impregnato da una qualche forma di spiritualità. E credo
che tutte le religioni portino dentro di sé delle verità.
Perché,
pur essendo parte del suo atto fondante, la religione negli Usa
occupa a dismisura la scena politica ma anche le fiction
cinematografiche e letterarie. Non cè in questi anni
troppo Dio nelle cose americane?
Cè
sempre stato troppo Dio nella nostra cultura. Leccezione
cè stata quando ne abbiamo avuto un po meno.
Certo chi scrive, chi riflette oggi sullAmerica è
sicuramente influenzato da Bush che non fa altro che parlare di
Dio e di lotta tra bene e male.
Cosè
per te L'America?
È
la mia casa. Il luogo che conosco e che spesso è
sopraffatto da una retorica insopportabile, ma lAmerica è
comunque la mia sola grande casa.
La
violenza domestica sembra essere un elemento quasi necessario
nelle tue storie, spesso è lunica maniera per
entrare in contatto, per avere lattenzione degli altri. È
così necessaria?
Non
penso che sia necessaria ma certo non si può negarne
lesistenza. Io non prendo le parti della violenza ma credo
che è parte integrante dellessere umano e dei suoi
comportamenti e in molti contesti questa violenza è più
presente che in altri, con forme anche diverse, ma ciò non
significa che ci sono ambiti familiari in cui non esista. La
famiglia è uno dei contesti più violenti, sempre.
Intervista di Michele De Mieri
L'UNITA' 17/02/2005
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