Ci
sono casi di cronaca che non si fermano alla cronaca. Nessuno lo
fa, nessun omicidio, per esempio, è soltanto un affare
della polizia e della stampa, tra il detective e il lettore, come
un semplice romanzo giallo. Per quanto piccolo, semplice, chiaro
e risolto sia, investe comunque una comunità intera in cui
è successo qualcosa che non doveva succedere, e se è
successo vuol dire che in quella comunità c'è
qualcosa che non va.
Il
caso Montesi, addirittura, fa ancora di più.
Non solo non si ferma alla cronaca, ma va anche oltre, investe la
morale, travolge la politica e arriva fino alla storia.
Il
caso Montesi è un caso storico, forse il caso
storico per eccellenza. Se si ferma qualcuno per la strada,
qualcuno che abbia comunque l'aspetto di una persona che mantiene
la memoria, altrimenti è inutile, non vale neppure per
Garibaldi o Giulio Cesare, se si ferma uno così per la
strada e gli si dice «Wilma Montesi», quello
risponderà «ma certo,il caso Montesi». Se lo
ricorda, se quello di una ragazza trovata morta - è
difficile anche dire semplicemente uccisa - è diventato
storico, è per una serie di motivi.
Uno
è quell'insieme di volti di ragazze in posa dal fotografo
o maliziosamente sorridenti sotto raffiche di flash di paparazzi
impazziti, quelle folle immense davanti ai tribunali, quei
ministri in cappottone lungo, molto Dc e un po' stravolti, tutti
quei volti scavati o rotondi, dai capelli lisciati dalla
brillantina o modellati dalle onde, tutti rigorosamente in bianco
e nero e molto, moltissimo anni '50. È l'estetica,
l'atmosfera, lo stile del caso Montesi, che sono l'estetica,
l'atmosfera e lo stile degli anni '50, così vicini da
poterceli ricordare, anche se alcuni di noi non li hanno
direttamente vissuti, e allo stesso tempo abbastanza lontani da
diventare storici, o meglio mitici. Anni importanti, in cui tutto
comincia e contemporaneamente tutto cambia e dall'Italia del
fascismo e della guerra, della radio e dei paesi,
dell'agricoltura e della fame, si passa a quella della politica,
della televisione, delle città e di quello che presto sarà
il benessere del boom economico. E' un'Italia ancora a metà
quella in cui muore Wilma Montesi, ed è un'Italia che ci
affascina, così sfumata in quel bianco e nero ovattato,
perché velata dal fascino esotico della storia ci troviamo
molte delle radici del nostro presente.
Ma
non è solo il tempo che fa del caso Montesi un caso
storico. È soprattutto il fatto che si tratti di un
mistero, ma non un mistero qualunque, un mistero italiano. Che si
tratti di un mistero - cosa è successo esattamente? perché
è morta Wilma? chi ne porta la responsabilità? cosa
c'entrano tutti quelli che sono stati coinvolti - è
indubbio. E anche che si tratti di un mistero da giallo.
Una
bella ragazza giovane come vittima, un ambiente altolocato e
potente come sfondo, personaggi del jet set coinvolti, ambiguità
continue, menzogne, rivelazioni, colpi di scena, superpoliziotti
e gol profonde, se non fosse accaduto realmente, il caso Montesi,
ce lo saremmo ritrovato nelle pagine di Scerbanenco o di Perria,
oppure scippato da colleghi d'oltre oceano come l'ultimo
Chandler, o anche di là dalle Alpi, come Simenon.
Quello
che c'è in più è tutto il resto. Le modalità
con cui si svolge e si monta e le conseguenze che provoca. La
politica che se ne impadronisce, il sottogoverno che lo gestisce,
la stampa che lo gonfia, il pubblico che lo assume, i faccendieri
che ne approfittano, i magistrati che ci si perdono, anche i
servizi, più o meno ufficialmente segreti, che se ne
occupano. E di conseguenza, i governi che cambiano, i potenti che
si bruciano, i superpoliziotti che fanno carriera, i faccendieri
che vengono sacrificati e i servizi, più o meno segreti,
che alla fine di tutto restano tali. E il pubblico, che alla fine
si trova in mano un pugno di articoli di giornali e qualche
contraddittoria sentenza che non dice niente. C'è un bel
racconto di Ennio Flaiano, che parte da una discussione
salottiera sul caso Montesi e finisce nella fondazione di un
costoso, inutile e italianissimo ente Montesi.
C'è
ancora un'altra cosa che rende il caso Montesi così
importante, anche se non così unico, purtroppo. È
una sensazione, percepita più a livello inconscio che
razionale, la consapevolezza che si tratti di qualcosa di molto
importante per tutti. Siamo tutti consapevoli di quanto siano
stati importanti i movimenti e i partiti politici per la nostra
storia, o di quanto lo siano state le scelte economiche, i leader
politici, il '68, anche la moda, la cultura e perfino la
televisione. Non lo siamo altrettanto per quanto riguarda la
cronaca nera. Però lo sentiamo che la violenza, gli
omicidi, alcuni eventi criminali avvenuti nel nostro paese non
possono essere confinati nella metà oscura, nel campo
temporaneo e marginale delle devianze. La storia della
criminalità organizzata, del terrorismo, degli omicidi
eccellenti e delle stragi è storia d'Italia e fa la storia
d'Italia quanto l'hanno fatta lo sbarco dei Mille o la
Costituzione Europea. Alla base dei più radicali
cambiamenti della politica italiana c'è spesso un omicidio
o peggio una strage. Il caso Montesi determina il cambio degli
equilibri interni della Dc e del paese come e più di una
crisi di governo. Se la bella e ingenua Wilma fosse stata meno
bella e meno ingenua, se quella sera fosse rimasta a casa invece
che uscire, o se il mare se la fosse portata via definitivamente
invece di lasciarla su quella spiaggia, forse la Dc sarebbe stata
quella di Piccioni invece di quella di Fanfani e chissà
adesso come saremmo.
Manca
una cosa in tutto questo ragionamento, ed è questo libro.
Che come tutti i libri di questo genere, scritti in questo modo e
su questi argomenti, è importantissimo. Perché
va oltre la cronaca e arriva fino alla storia, e questo è
facile capirlo. Ma anche perché se diciamo Wilma
Montesi ad un passante a caso del tipo di cui sopra, quello
ci risponderà ma certo, il caso Montesi, ma
poi, per quanto dotato di buona memoria, non ci saprà dire
molto di più.
Certe
storie, per quanto importanti siano, se non continuiamo a
raccontarcele come in questo libro, finisce che ce le
dimentichiamo. E non deve succedere. Sia per la povera Wilma,
che per la povera Italia.
Carlo Lucarelli L'UNITA'
14/01/2005
|