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RITRATTO DI
POETA |
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Marcel Carne` & Jacques Prevert |
Esponente di primo piano della generazione di poeti post-surrealista e contemporanea all'esistenzialismo, influenzata dal teatro dell'assurdo e pregna dei valori resistenziali, che annovera anche Char, Michaux e Ponge, Jacques Prévert è il secondo poeta, dopo Cocteau, a cimentarsi con successo nel cinema; per quanto il suo contributo non sia mai andato al di là della sceneggiatura, Prévert ha impresso al realismo poetico il tono anti-accademico, colloquiale e popolare; tenero e malinconico; umano ed erotico; semplice ed emotivo; tipico della sua poesia, che già aveva applicato con esiti bizzarri e suggestivi al teatro e alla canzone (musiche di Joseph Kosma). Nel cinema trovò il primo? ideale per la sua critica del potere condotta attraverso l'assurdo, per i suoi dialoghi brillanti e graffianti, condotti attraverso i luoghi comuni del parigino medio, per il suo mondo manicheo e metaforico condotto attraverso una galleria di esistenze trasfigurate.
Esordì nel 1932 scrivendo per il fratello Pierre il testo L'affaire est dans le sac. Farsa amara, assurda poetica. Nel 1935 lavorò con Renoir per Le crime de Monsieur Lange (strana sorta di film noir infarcito di gag sarcastiche) e nel 1936 iniziò la collaborazione con Marcel Carné (prima critico cinematografico che propugnava un cinema populista, poi assistente di Feyder, infine curatore di film pubblicitari e documentarista che si sarebbe protratta per nove film e per dodici anni.
Prévert trovò in Carné il cineasta in grado di trasfigurare sullo schermo le sue invenzioni letterarie, conferendo una drammatica consistenza visiva alla sua visione fantastica della realtà. I loro film furono perciò delle variazioni sul tema centrale del male trionfante, al quale fa da sfondo una società nemica e crudele, o, se si preferisce, tema complementare dell'amore immortale, al quale fa da sfondo il sogno di una impossibile redenzione. Sempre col dito puntato contro la società, la coppia Prévert-Carné espresse una morale funesta, che rispecchiava il pessimismo seguito alla fine del Fronte Popolare e al governo di Vichy. Il loro eroe-tipo è un operaio trasformato in criminale dall'ingiustizia della società, che sogna un paradiso terrestre dove l'amore sia possibile, ma a cui si oppone il Destino. Il surrealismo di Prévert si stempera in un cupo fatalismo esistenziale, il populismo di Carné in un'ideologia simbolista. E l'operaio, decantato dai canoni estetici del Fronte, decade a pura astrazione, vittima dei due grandi enti metafisici, il Destino e l'Amore, che affronta stoicamente la disfatta.
Jenny (1936), un melodramma sentimentale, e Drole de drame (1937), bella e spumeggiante commedia degli equivoci (nella quale a un certo punto un uomo, che ha un nome e uno pseudonimo, sotto il suo vero nome deve fingere di essere un assassino, e sotto lo pseudonimo deve indagare proprio su quell'omicidio) preludono a Quai des brumes (1938).
Jean Gabin, un disertore, capita in una locanda ai margini del porto, dove incontra un pittore d'umore tetro, un ubriaco, un cane che gli si affeziona, un oste che gli offre pane e formaggio e un'orfana dall'aria spaventata; nel frattempo un commerciante brutto e gobbo apparentemente onesto viene infastidito da una banda di giovinastri, che lo inseguono fino alla locanda; l'oste tiene alla larga i teppisti sparando loro addosso, la ragazza si tiene nascosta al commerciante, il quale è sporco di sangue; Gabin cerca un abito civile, e il pittore decide di lasciargli i suoi e di annegarsi; Gabin intanto accompagna la ragazza, che gli mette in tasca dei soldi di nascosto; la difende da uno dei tre banditi, umiliandolo in pubblico. Entrambi sono soli e braccati: lei, orfana, è contesa dal tutore, il commerciante cinico ed equivoco, e dal bandito, vile e debosciato, e vorrebbe ricostruirsi una vita. Entrambi sono alla ricerca di una nuova identità. Il commerciante offre a Gabin soldi, documenti e un vestito se in cambio lui accetta di uccidere il bandito; ma lui ottiene le stesse cose prendendo gli abiti del pittore. Adesso è conteso fra l'amore per la ragazza e il desiderio di partire. Viene scoperto il cadavere orrendamente mutilato di un amico della ragazza, e lei capisce che è stato il suo tutore ad ucciderlo per gelosia; invece la polizia ricerca il disertore, smascherato dalla ragzza, il tutore sta per violentarla quando sopraggiunge Gabin, in procinto di imbarcarsi per il Sud America, e l'uccide ferocemente; ma così attira gli inseguitori e, prima che riesca a salire sulla nave, viene assassinato alle spalle dal bandito che aveva umiliato. La vicenda è introdotta da due oscuri figuri, un vagabondo e un pittore sordidi, esemplari della fauna del porto che qui rappresentano il Destino. I due teneri amanti sono circondati da un'ostilità totale, che penetra perfino nelle cose impersonata da due viscidi esseri come il bandito e il commerciante gobbo. Il cliché di Pepè le Moko è rispettato fino in fondo: ma l'atmosfera è più pesante, il film brulica di personaggi minori sottili.
Dopo che Carné ebbe dato sfogo alle sue vogue populiste dirigendo in perfetta solitudine il bozzettistico e pittoresco Hotel du Nord, la coppia si riunì per allestire Le Jour Se Leve (1939), resoconto ossessivamente Kammerspieliano delle ultime ore di vita di un operaio onesto (Gabin), che, barricato in una stanza e circondato dalla polizia, passa in rassegna i momenti che lo hanno spinto a uccidere per gelosia, prima di suicidarsi alle prime ore dall'alba.
Di flash-back in flash-back (il tempo scorre lentamente) affiorano i simboli metafisici del Destino (il cielo, l'alba).
La leggenda medievale Le visiteurs du soir (1942), traboccante di simboli, con tanto di demonio, castellano e menestrello, e Lumiere d'ete (1943, diretto da Gremillon) sono i primi film di Prévert in cui l'amore alla fine trionfa (fosse anche per fuggire alla censura del regime, che non tollerava disfattismi).
Enfants Du Paradis (1945) si serve del grande (oltre che attore e regista teatrale) mimo Jean-Louis Barrault per evocare un'atmosfera delicatamente ambigua, che può ospitare tanto l'amore quanto il delitto. Al solito tema del destino (la tragica filosofia fatalistica francese) Prévert associò la nostalgia,? alla ricerca di un olimpo perduto che è per simmetria l'immagine speculare della fine ineluttabile. Una Parigi ottocentesca da romanzo d'appendice fa da sfondo all'ascesa del mimo e dell'attore e al loro amore per la stessa ragazza.
Il mimo recita in un
baraccone da fiera e s'innamora di una giovane che lascia per lui il
suo amante, un delinquente senza scrupoli; ma la frivola fanciulla
lascia in breve anche il timido omino bianco per un guitto beniamino
degli enfants du paradis, i ragazzi così denominati di
un teatro. Il "boulevard du crime" brulica di tipi
pittoreschi; è un quartiere di artisti e di banditi, un
continuo carnevale di costumi e di maschere.
I due geni del
teatro popolare sono ormai in auge: il mimo ha reso celebre la
maschera di Pierrot, l'attore recita Shakespeare; la ragazza è
la mantenuta di un nobile, ma ama ancora il mimo, che dal canto suo
è sposato a una donna fedele e devota. Il vecchio amante
della ragazza ricompare improvvisamente una notte per uccidere il
nobile in un bagno turco, mentre lei e il mimo si dichiarano il loro
amore. Ma il dolore della brava moglie commuove la ragazza, che
decide di andarsene: e il povero Pierrot la insegue invano fra la
folla di Pierrot che ha invaso le strade per il carnevale.
L'artista viene visto nel film secondo due accezioni diverse: l'attore è anarchico quanto il bandito; il mimo è Pierrot quanto l'uomo della strada. Le tre figure sono così identificate in un solo carattere: l'uomo comune, che la società può rendere a seconda delle circostanze criminale, genio o nullità. Sull'arte Prévert riflesse a lungo: Barrault recita Deburau che recita Pierrot; si rappresenta l'Otello, e fra le righe si può leggere effettivamente una parafrasi dell'Otello nella vicenda stessa del film (come di Romeo e Giulietta).
Prévert torna al tema solito con Les portes de la nuit (1946), melodramma borghese all'insegna del solito triangolo operaio-donna-marito geloso messo in moto da un viandante che predice la tragedia, l'ultimo film con Carné. Dopo la separazione Carné si dedica a un cinema antiquato e a volte scadente, mentre Prévert sceneggia ancora per diversi registi, (fino al 1958) ottenendo però risultati di un certo rilievo soltanto col fratello in Voyage surprise (1947), film comico ad inseguimento, e in La bergere et le ramoneur(1953) dell'animatore Paul Grimault. fiaba d'amore montata con infinita pazienza dall'autore e musicato da Joseph Kosma.
La poetica semplicità di Prévert fu, nel bene e nel male, il realismo poetico per eccellenza, espressione della malinconia elegante e fatalista dei cafè.