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Giovanni Rebora


IL SECOLO XIX – 15/10/2001

Ma non gridiamo all'untore


Conosciuto con il suo nome di Carbunculus il bacillus antracis (greco anthrax = carbone) sembra che colpisce di preferenza ovini e suini e che si trasmetta all'uomo per contatto. I casi di carbonchio si riscontrano in Europa sin dall'antichità e durante quest'ultimo anno ne possiamo contare circa una quarantina in Italia. Non si tratta, quindi di una novità e nemmeno di una malattia epidemica tra gli umani anche se può esserlo per greggi e mandrie.

I casi riscontrati negli Stati Uniti sono quattordici, uno di essi forse dovuto al bacillo liofilizzato (?) inviato in una busta ad una giornalista. Mi pare di poter scrivere che è presto per ipotizzare una guerra batteriologica visto che il numero dei casi americani è ancora irrilevante e visto che si tratterebbe a questo modo di colpire singole persone con risultati terroristici di dimensioni esigue rispetto al potenziale di Bin Laden.

Si tenga anche conto che pur trattandosi di un malanno grave esso è curabile con i farmaci di cui si dispone sia in America sia Europa. Esiste però lo stuolo dei cretini; ha fatto bene Claudia Scajola a ricordarlo a proposito delle polveri spedite a Genova “per scherzo” ma contro questo esercito di imbecilli perfino il generale De Gaulle si sentiva impotente.

C'è chi infesta di virus i computer degli altri, chi brucia automobili per divertirsi e ci sarà sempre chi spedirà polveri sospette in busta chiusa.

Carlo Cipolla, da poco scomparso, sosteneva che la stupidità consiste nel recare danno a qualcuno senza trarne vantaggio di sorta. Non mi rivolgo agli stupidi, sarebbe inchiostro sprecato, ma chi non lo è riflette e scoprirà una nuvola di stupidità che ci avvolge e ci soffoca. Chissà che non valga la pena di reagire, di dire stupido allo stupido e di non perdonare solo perché è scemo.

Nessuna società può permettersi u numero di imbecilli che tenda a diventare maggioranza, neppure se dovesse rischiare di veder diminuire i consumi di oggetti inutili o di beni dannosi (a proposito di beni dannosi, invece di ammazzare la gente in Afghanistan, non si potrebbero defogliare i campi di oppio?).

La guerra batteriologica è comunque un rischio grave e forse sarebbe opportuno che gli Stati se ne occupassero con serietà e con la massima attenzione cercando le manifatture di veleni e magari distogliendo qualche Nas dal controllo sui berretti delle commesse e sul cartellino degli ingredienti della focaccia e sulle uova di gallina.

Un uovo proibito può far male a una o due persone, un milione di uova timbrate possono far male a un milione di persone, occupatevi di quelle e lasciatemi ammalare col mio uovo vero.

E soprattutto non gridiamo all'untore, corriamo ben altri rischi e ce lo hanno dimostrato l'11 settembre, non mi pare che sia stato un “povero untorello” a cercare di scardinare New York. Non c'è riuscito, per fortuna.

Giovanni Rebora – IL SECOLO XIX – 15/10/2001

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