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Giovanni Rebora

San Valentino decollato e la tradizione immaginaria

San Valentino. Nella mia sconfinata ignoranza (ne ho dato qualche saggio, ma intendo dimostrarne la dimensione infinita, a suo tempo) non sapevo nulla dei due santi martiri che si ricordano il 14 febbraio, così chiesi lumi, ma ebbi indicazioni bibliografiche che mi avrebbero portato a scrivere queste righe fra almeno due mesi. Ci si dovrà accontentare di quel poco che so e che viene dall'Enciclopedia Italiana: il primo Valentino era un prete romano che fu decapitato tra il 269 e il 270 sotto l'imperatore Claudio II, l'altro fu un vescovo di Terni, consacrato da San Feliciano di Foligno e decapitato a Roma nel 273. Fatto sta che il culto di San Valentino è antichissimo in Roma. Ma l'Enciclopedia Italiana può esserci ancora utile: “interessante è l'interpretazione folcloristica data alla festa di San Valentino, divenuto patrono degli innamorati, in base alla credenza, diffusa nel medioevo specialmente in Francia e Inghilterra, che il 14 febbraio gli uccelli incomincino ad accoppiarsi”. Fin qui ciò che ho potuto sapere dalla storia attendibile, compresa la storia della credenza. Io ho un amico che la storia la sa davvero, e che una volte mi disse, citando da buon storico il sommo Petrolini: “in casa mia non ci sono credenze, solo armadi a muro”.

Eppure si vendono più cose inutili e più si fanno quattrini (quelli che li fanno) valendosi delle credenze che delle poche verità che si conoscono.


Noi siamo carichi di tradizioni, tutte inventate si capisce, ma siccome è stato Hobsbawn a scrivere “L'invenzione delle tradizioni" ed essendo l'autore, per propria ammissione (o devo scrivere confessione?) marxista, allora uno sciame di intelligenti troverà il modo per raccontarci che se una tradizione è stata inventata "ab immemorabilis" allora non è più inventata, è un fenomeno antropologico. Sarà, ma tutto ha un principio e di sicuro hanno un principio le feste delle donne, dei papà, dei nonni, delle mamme, e di tante altre componenti della società in grado di acquistare cuoricini di corallo dal gioielliere, di plastica da qualche altro, e cuoricini di plastica pieni di cioccolatini per la festa di San Valentino. Se l'innamorato ha uno straccio di reddito può destinarne una parte cospicua per la cena al ristorante, o per la pizza nel peggiore dei casi. In altre epoche la festa aveva poco senso perché nemmeno i figli dei ricchi andavano "a mangiare fuori". Il regalo, poi, era riservato alle feste grandi: Natale e Pasqua. A rompere le scatole c'erano gli anniversari, ma, siccome erano strettamente personali, ciascuno poteva risolvere il problema come poteva, previa discussione con l'avversario.


In una canzone ispanica, Granada, chi la canta grida: "otra cosa no tengo por darte che un ramo de rosa", vallo a raccontare adesso, vai a dire all' immaginaria innamorata che, proprio alla vigilia di San Valentino tu sei "miscio" (non hai denaro), valle a dire che si dovrà accontentare di un fiore, vai, prova. Chissà che non ti vada bene. Ormai la tradizione non è più la festa, è il regalo e la cena al ristorante, così come accade per le altre "feste" inventate per far spendere i soldi alla gente. La gente, però, ha sempre meno soldi. Siccome non è gente miserabile, non fa figli a pagamento, ha capito che la politica demografica è stata una stupida politica e ora che è arrivata a ragionare non si fa comprare: provateci con chi si spenderà il milione all'osteria!


Lo so che è così simpatico lasciarsi andare all'irrazionale, è così bello, poetico e romantico, forse dovrei trovare anche altri aggettivi, ma quelli che mi vengono sono quelli degli anni in cui gli italiani dovevano emigrare. La vogliamo finire con le stupide gioiose incoscienze? Adesso dobbiamo affrontare momenti difficili, non arriviamo alla fine del mese, non sappiamo come risparmiare qualche euro, e se a qualcuno riuscisse di risparmiarlo dovrebbe nasconderlo nel saccone (materasso) perché le banche non danno nulla. Vi pare che sia il caso di inventare e di entusiasmarsi per le tradizioni che non hanno altro scopo che far spendere soldi in cose inutili?


Se i ricchi lo possono fare, lo facciano, non c'è nulla di male, il lusso è motore dell'economia e la sola cosa che somiglia alla felicità (sennò sarebbero scemi anche i ricchi), ma noi cerchiamo di fregarcene delle date: vi lamentate che la storia da studiare è piena di date e voi andate a spendere i vostri pochi euro ad ogni ricorrenza fasulla (data), provate a far finta di niente, vi siete fatti fregare anche da Hallowen, non vi vergognate?


Giovanni Rebora – IL SECOLO XIX -12/02/2004


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