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Gli angeli sopra New York

Delle corone d'angeli in cielo ce n'è una che per Rick Moody, scrittore americano (nato a New York nel 1961) definito dal New Yorker “uno dei venti scrittori per il nuovo secolo”, è la più lucente. A far brillare tanto questa corona sono quelli che hanno “sprecato tutto nella vita”, che per caso arrivano a toccare le estremità dell'autodistruzione. Tossici, masochisti, prostitute: sono loro i personaggi che formano La più lucente corona d'angeli in cielo come dice il titolo del libro di Moody da poco uscito in Italia per minumum fax (traduzione di Adelaide Cioni, pp. 100, € 9,50). Si tratta di un lungo racconto estratto dalla raccolta a cui dava il titolo (The Ring of Brightest Angels), pubblicata in America nel 1995, dopo il romanzo d'esordio Garden State (1991), dopo Tempesta di ghiaccio (1994) e prima di Rosso Americano (questi ultimi pubblicati da Bompiani). E' un racconto splendido e toccante, una lunga sequenza di storie che condensano l'aria. Le immagini, la vita di alcuni luoghi “bello e dannati” di New York: l'East Village e Times Square. Luoghi in cui i protagonisti, Jorge, Toni, Doris, Randy, sono legati “da fili invisibili” di desideri e disperazione. [...] Lo abbiamo incontrato per parlare un po' del suo libro e della sua scrittura.

Rick Moody, che effetto le fa vedere il suo racconto tradotto in italiano e pubblicato quasi dieci anni dopo?

E' molto strano perché l'ho scritto così tanti anni fa. E' un po' la stessa sensazione di quando ti fanno vedere una foto di famiglia che non avevi mai visto, ti vedi e ti fa strano, magari ti sentivi bello e invece...Devo dire che nell'edizione italiana è stata fatta una cosa che ho sempre desiderato e che nessun editore ha mai fatto: quella di pubblicare questo racconto singolarmente.

Lei ha dichiarato, più volte, che questo racconto è stato un punto di svolta. Per quale motivo?

Garden State e Tempesta di Ghiaccio sono stati scritti in uno stile molto più semplice, primitivo, quasi minimale, in cui era tutto nome-verbo, soggetto-complemento. In questo racconto, invece, c'era una tale complessità tematica che ho dovuto usare una complessità anche grammaticale, diversi rispetto a quella che avevo usato prima. E mentre lo facevo, anche rileggendo queste cose, mi sono reso conto che mi piacevano molto queste frasi lunghe e che erano molto più vicine al mio modo di pensare e di conseguenza ho continuato a scrivere così ed è diventato poi il mio stile.

I personaggi del libro, Jorge, Doris, Toni, Randy, Ivonne sono coloro che “sprecano tutto nella vita”. Cosa le fa dire che essi siano la più lucente corona d'angeli in cielo?

Perché la pecorella smarrita è sempre la più amata da Gesù.

A proposito: leggendo i suoi libri sembra che lei attinga spesso a un linguaggio religioso, evangelico. “Rosso americano” chiudeva con: Chi ha orecchi per intendere intenda. Anche in questo racconto è citato un passo dei Vangeli. Qual è il motivo di tali rimandi? C'è un fondo mistico?

Mi piace moltissimo la versione della Bibbia di King James che è stata la prima traduzione in inglese del 1600, in un inglese elisabettiano; la stessa lingua che usava Shakespeare. E' un inglese bellissimo: ha un suono e un ritmo del tutto particolari, che mi affascinano. Quindi c'è sicuramente una ragione sintattica. Con questo non voglio dire che non ci sia una valenza mistica però se c'è non è al fine di evangelizzare.

La più lucente corona d'angeli in cielo” è una storia di storie in cui è “il caso” a condurre i personaggi all'autodistruzione. E' possibile definire il racconto una “fenomenologia del caso” oppure delle perdita d'identità?

Senz'altro tenderei a usare la prima definizione: una fenomenologia del caso. E' proprio come intendo io La più lucente corona: il fatto di avere una serie di persone diverse che si scontrano in questo spazio, in questa città enorme che è New York.

Quanto ha contato il potere detonante del “caso” nella sua esperienza di scrittore?

Il caso fa parte del mio processo compositivo. Non premedito mai le cose, non le decido prima. Ogni volta che scrivo il caso entra in gioco. Cerco sempre d'improvvisare.

Le vicende dei personaggi e del narratore (anonimo) finiscono per incrociarsi nelle “maglie di quei cinque minuti di giugno” dinanzi a un panificio dove si spaccia: il narratore racconta: “Nessuno sembrava essere consapevole della natura delle coincidenze che ci univano, come io ne sono consapevole ora”. Da cosa ha origine questa consapevolezza?

Beh, perché qualcuno deve pur sapere tutto quanto...e probabilmente viene proprio da un desiderio primitivo che ci sia un'intelligenza superiore che renda coerente gli eventi casuali.

Nella bellissima postfazione al suo libro Tommaso Pincio afferma: “Sembra quasi scritto in trance”. E' stato così?

E' una cosa che vorrei raggiunge, cui sto ancora lavorando. Probabilmente in questo libro s'avverte più che in altri. Quello che sto cercando di fare nella mia scrittura è di aggirare il cervello, evitare la riflessione. L'unica regola che do ai miei studenti per scrivere è: non pensare.

Che ruolo ha la curiosità nel muovere il caso? Jorge nel racconto entra nel locale sexi curioso di vedere “come è arredato un posto del genere”.

Probabilmente ha a che fare sia con quel substrato mistico di cui parlavamo prima, sia con il concetto di trance che dicevamo. Perché nonostante sia vero che non è concesso decidere quando ti arriva la trance, ciò non significa che uno non possa desiderare questa trance, che possa desiderare di averla. Per esempio Jorge cerca questo. Jung diceva che l'alcol, l'alcolismo è in realtà un livello basso di ricerca di Dio. Quindi anche se è vero che la curiosità danna Jorge, che è ciò che lo porta alla dannazione, in realtà è anche ciò che lo crea come sé.

In un'intervista ha affermato che “certi temi” vengono richiesti dalla cultura, dalla filosofia o da Dio. In tal caso lo scrittore sarebbe solo uno strumento temporaneo al loro servizio”. Rick Moody che ha scritto questo racconto lo ha fatto “a servizio” di chi o di cosa?

Questa storia l'ho scritta per il lettore interessato alla dipendenza, a un'anatomia della dipendenza. Si può dire che l'ho scritta contro la cultura; nel senso che la cultura americana ama la dipendenza e vorrebbe instillarla in tutti noi. Il mio tentativo è stato quello di diagnosticare la malattia della dipendenza e di creare una mappa dei suoi percorsi, dei modi in cui funziona, per resisterle.

E' la prima volta che viene in Italia e che fa un reading davanti al pubblico italiano?

No, sono venuto nel 1999 e sono stato due giorni a Roma e due settimane in Puglia. Quello di lunedì sarà il mio secondo reading, dopo quello di venerdì a Napoli.

Quale sarà il prossimo libro di Rick Moody pubblicato in Italia? Forse quello che sta scrivendo in questo periodo...

In questo periodo sto scrivendo un romanzo sulla televisione e non si sa chi lo pubblicherà; per quello che riguarda invece il prossimo libro che sarà tradotto e pubblicato in Italia deve chiedere a minimun fax.

Intervista di Tullia Fabiani – L'UNITA' – 23/05/2004

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