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ROSALIA GARBO

CENNI BIOGRAFICI E NOTE VARIE



Nata a Palermo il 30 Aprile 1959, Rosalia Garbo ha una formazione scientifica, (laureata in Fisica presso l’Università degli Studi di Palermo) e insegna Matematica e Fisica al Liceo Scientifico «Stanislao Cannizzaro» della stessa città.

Da qualche anno scrive, a tempo perso, storie che definisce “fiabe per adulti”, forse per nostalgia delle fiabe che il padre le raccontava da bambina quando, in assenza della televisione, si dovevano trattenere i figli a tavola per la cena con altri espedienti, o forse perché il genere letterario consente la trasposizione metaforica di sentimenti, riflessioni personali, ricordi e rimpianti, che si riesce, nella rivisitazione fiabesca, ad esorcizzare ed a vivere con maggior distacco, come se appartenessero ad un mondo fittizio e surreale.

Ed è proprio per questo motivo, forse, che sono “per adulti”, perché le considerazioni sul fatto che niente va come si vuole che vada, che ciò che ci si aspetta o che ci appare non è mai ciò che è, che nulla è per sempre, se non l’amarezza che rimane quando si è perduto qualcosa che si riteneva importante, non possono appartenere all’eterno presente del mondo dei bambini, per i quali il «…e tutti vissero felici e contenti» lascia intravedere un poi, l’inizio di un’altra storia che garantisce un futuro illimitato. In queste storie, l’unica cosa illimitata è lo spazio lasciato alle domande, al cosa sia veramente accaduto, al vuoto lasciato da ciò che non si è riusciti a tenere eternamente per sé, come si sarebbe voluto.

Parlare agli adulti con il linguaggio dei bambini consente poi di esplorare un piano diverso nella comunicazione, che non passa attraverso la ragione e quindi attraverso il senso comune e le convenzioni sociali, quanto piuttosto attraverso l’irrazionalità più ingenua e primitiva che si trasmette per immagini ed emozioni.

Spogliata dalle sue sovrastrutture, la mente si interroga sull’essenza delle cose e su ciò che è veramente importante nella vita di ciascuno di noi.

Le cose sono belle nella loro semplicità, nella loro banalità, per il tempo che durano e qualunque tentativo di trasformarle a nostro uso e consumo non fa altro che abbreviarne l’esistenza.


Ho conosciuto Rosalia Garbo per caso: ho un bimbo che per imperscrutabili motivi deve passare qualche ora della sua giornata in un posto ad imparare tutta una serie di cose definite “indispensabili” dalla bieca organizzazione sociale dei nostri tempi; a portarlo in cotal luogo ed a riprenderlo ci pensa il perno della mia esistenza. Dappoicchè Rosalia ha un bimbo dello stesso tonnellaggio del mio, e dato che, come noto, “le fimmine si parlano”, tutta una serie di eventi mi ha portato a conoscere la Professoressa Garbo, immediatamente da me medesimo ribattezzata più opportunamente “Donna Rusulia”.

Donna Rusulia cucina divinamente: ella possiede il “tocco”, la maestria innata, che non si impara, di sapersi esprimere in cucina. Caratteristica che la rese ai miei occhi ed alle mie papille assolutamente unica: chi, come me è costretto a diete becere ed inutili, trae enorme e inenarrabile godimento da ricette semplici, ma realizzate con grazia. Rusulì non ha bisogno di ricettari per conoscere il tempo preciso che deve cuocere il tenerume, ovvero la quantità, che deve essere micrometricamente dosata, della ricotta salata da mettere sulla Norma… così come è capacissima, senza apparente fatica, di realizzare in paesi esteri piatti tipici siciliani, interpretando gli ingredienti locali con sapienza ed innata gentilezza.

Oltre a questa qualità indiscutibile, ma che lei mai ammetterebbe come tale, Donna Rusulia gode di altre caratteristiche: ella è infatti dotata anche di un marito, astronomo di vaglia, capace di “parlare ai bambini”: è contraddistinto da modi e tratti fisici assolutamente indicati per la professione che si è scelto; avesse voluto fare l’idraulico, non avrebbe avuto, secondo me, alcuna credibilità. Ho avuto il piacere di vivere l’ultima eclissi solare in sua compagnia: ha tenuto una decina di persone in uno stato di affabulazione assoluta, dovuta alla stranissima atmosfera che si andava creando a causa dell’evento, ma soprattutto alla sua capacità di “raccontare”: esperienza unica, che mi permette oggi, dalla mia casa, di guardare il cielo notturno con vieppiù meraviglia e stupore.

Tornando a Donna Rusulia: capacissima di “fare tacca” immediatamente con tutti, dispone di una risata contagiosissima, estremamente equilibrata, di una gioia di vivere invidiabile, specie per chi, come me, ha un carattere che paragonare a quello di un orso sarebbe offensivo. Per l’orso.

Padrona di casa deliziosa, interpreta il suo ruolo di insegnante con passione e rari risultati umani: entrando al “mitico” Cannizzaro di Palermo e facendo il nome della Prof, è immediato il sorriso dell’interlocutore.


Ho impiegato tempo ad avere la possibilità di leggere i suoi scritti: viceversa il mio motore immobile, perno della mia esistenza [mia moglie, n.d.t.] da tempo aveva avuto tale possibilità e me ne parlava, traendo indubbio intrigo dal suscitare la mia curiosità, rattenuta ma evidente; giunto finalmente in possesso di questi documenti, letti in prima battuta in diagonale, li ho voluti sottoporre al vaglio della leggendaria Elvi, quasi a farmi perdonare, questa volta certo del risultato, alcune bieche segnalazioni…


Donna Rusulia ha una figlia, deliziosamente piccola, ma come tutte le bambine già capacissima di farsi girare su un dito tutti i maschietti che le capitano a tiro: l’ultima volta, riuniti quasi per caso i figli di Rusulia e altri bambini, ho visto mio figlio ed un altro bambino della stessa età, otto anni, quell’età in cui le femminucce sono solo una perdita di tempo, scattare agli ordini di questa bambina, che sono convinto fosse assolutamente consapevole del suo innato potere.

Questa bambina si chiama Costanza.


Credo che leggere gli scritti di Rosalia Garbo regali il senso di “poi”, come lei stessa dice, che ho voluto fosse esteso a chi è oggi ancora capace di credere nelle favole. Giunto alla soglia dei quarant’anni, stimo indispensabile avere avuto l’esperienza, e godere della possibilità di guardare negli occhi un bambino e cominciare: “c’era una volta…..”.


Grazie, Rusulì.


Riccardo Perricone di Bavera e Conca


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