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Luis Sepulveda |
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Il generale e la storia |
Pinochet
può essere processato per gli assassini ordinati durante
l'esecuzione della Operazione Condor, un piano di
terrorismo internazionale ideato da lui stesso, dal dittatore
argentino Videla, dal boliviano Banzer e dal paraguayano Stroessner,
il cui obiettivo era assassinare gli oppositori politici al di là
delle frontiere nazionali. E lo fecero perfino negli Stati uniti
dove, con la complicità della Cia, assassinarono Orlando
Letelier, ex ministro degli esteri di Salvador Allende e la sua
segretaria nord-americana, una ragazza di nome Ronnie Moffit. Questo
è storia recente, l'abbiamo ripetuta tante volte ma siamo
sempre andati a sbattere contro la maledetta complicità dei
giudici cileni con la dittatura di Pinochet. Tutto il potere
giudiziario cileno, in attività fra il `73 e l'80, fu
costituito da prevaricatori, da personaggi indegni di esercitare il
lavoro di giudici, di rappresentanti della legge. Un giorno dovranno
anche loro finire sotto processo.
Anche questo è storia
recente, e il desiderio di giustizia del popolo cileno si nutre di
questa storia.
Poche settimane fa, a Santiago del Cile, sono
stato a una riunione dei miei compagni della Guardia del presidente
Salvador Allende, con i quali condivisi l'enorme onore di vegliare
sulla sicurezza del compañero Presidente. Ci siamo
ritrovati fra abbracci e scherzi sui nostri capelli bianchi o
perduti, sui chili di troppo, noi sopravissuti, perché furono
molti di più gli integranti del Gap che morirono lottando
nella Moneda, e ancora di più quelli che scomparvero dopo
essere stati atrocemente torturati nella caserma del reggimento Tacna
di Santiago.
Fra le altre cose abbiamo parlato di quel che sta
succedendo in Cile a partire dal rapporto sulla tortura, sull'orrore
e il terrore sistematizzati che, durante i 17 anni della dittatura,
furono l'unico modo di agire dei militari e delle forze di sicurezza.
Il Gap era formato dai migliori «quadri politici» e
tuttavia, pur con il passare del tempo, ci confortava constatare che
continuavamo a essere persone, militanti, capaci di analizzare la
realtà con la generosità e la passione di trent'anni
prima. Anche questo è storia.
I miei compagni del Gap
assolsero un onorevole compito imposto dalla nostra costituzione
dello Stato cileno, che ci obbligava a prendere le armi per impedire
la rottura istituzionale e l'affermazione di una dittatura. Anche
questo è storia.
Nessuno dei miei compagni del Gap, né
i familiari dei morti in combattimento, dei desaparecidos dopo
che furono presi vivi, hanno ricevuto neanche la minima scusa o
compensazione da parte dei tre governi democratici che sono seguiti
alla dittatura. Non sono stati neppure ricevuti dal presidente Lagos
- un socialista - per potergli manifestare le loro necessità,
e peggio ancora, continuano a trovarsi in una situazione di cittadini
di seconda o terza categoria, quasi proscritti per avere fatto parte
del Gap, della Guardia di Allende, per avere lottato in difesa del
governo costituzionale. La maggior parte vive di lavori precari,
malpagati, altri semplicemente non hanno lavoro, altri portano ancora
in corpo pallottole, pezzi di piombo che fanno male con tutto il
dolore del `73, però fra loro s'impone la solidarietà
dei militanti, di quelli che diedero tutto, e così dividono
quel poco che hanno. Anche questo è storia.
Ieri, che
era lunedì e che è inverno in Europa, la stampa
informava che il giudice Juan Guzman, un giudice decente, almeno uno,
ha deciso di processare Pinochet per le sue responsabilità
criminali nella Operazione Condor, però i suoi
difensori, capeggiati da un terrorista chiamato Pablo Rodriguez, uno
degli assassini del generale René Schneider, comandante in
capo dell'esercito cileno quando Allende e l'Unità popolare
vinsero le elezioni nel `70, ha annunciato che presenterà un
ricorso per evitare il processo al suo cliente.
Durante la dittatura, i
familiari dei detenuti, dei desaparecidos, dei torturati,
degli assassinati presentarono più di quindicimila ricorsi ai
tribunali cileni, e non ne fu accolto nessuno. Anche questo è
storia.
La giustizia cilena ha oggi l'opportunità di
cominciare a lavarsi la faccia, negando l'appello a Pinochet e
permettendo di portarlo alla sbarra. Il castigo sarà minimo,
perché la giustizia cilena impedisce che un anziano finisca in
carcere, e così deve essere, questo è legale, questo è
umano, però il processo a Pinochet ha un valore che va oltre
della sanzione: permetterà di conoscere la verità sui
molti assassinii, e i nomi degli assassini.
Come molti cileni,
anch'io auguro lunga vita a Pinochet, voglio vederlo spogliato di
tutti i beni che ha rubato e che secondo i rapporti della banca Riggs
ammontano a più di diciotto milioni di dollari in conti
segreti. Quella rovina umana, questo avanzo della natura è un
pugno di merda, che non merita la minor considerazione né la
minima compassione.
Sono altri i punti che occupano oggi e
devono occupare l'attenzione dei cileni. Uno è la speranza
reale, sincera, piena di emozione, che crea la candidatura di
Michelle Bachelet alla presidenza della repubblica, una compagna
serena e brillante che incarna il meglio della nostra tradizione
politica e che conta con la simpatia, l'affetto e l'appoggio del 70%
delle cilene e dei cileni. E un altro punto si chiama vita, la vita
stessa, che abbiamo cominciato a ricostruire secondo i nostri sogni
di libertà.
Ho ancora negli occhi l'ultimo giorno con i
miei compagni del Gap a El Cañaveral, nella casa persa fra
monti, boschi e fiumi dove ricevemmo l'addestramento necessario per
difendere la vita del nostro caro compañero Presidente.
Là, fra uomini temprati al combattimento, brillava la luce
infinita della solidarietà: tutti si preoccupavano per la mia
compagna, perché Carmen era passata per Villa Grimaldi, il
luogo dove fu torturata insieme ad altre centinaia di ragazze e
ragazzi. Le stavano tutti intorno, l'abbracciavano, le davano
l'affetto forte dei militanti, la fiera tenerezza dei lottatori, la
dolce ferocia dei valorosi.
Con questo ricordo, che cazzo
m'importa della sorte di Pinochet? E anche questo è storia.
Luis Sepulveda IL MANIFESTO 14/12/2004
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