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La mia ombra
è come un buffone
dietro la regina. Quando lei si alza,
il
buffone sulla parete balza
e sbatte nel soffitto col testone.
Il
che forse a suo modo duole
nel mondo bidimensionale.
Forse al
buffone non va la mia corte
e preferirebbe un diverso ruolo.
La
regina si sporge dal balcone
e dal balcone lui si butta giù.
Così
hanno diviso ogni azione,
però a uno ne tocca assai di
più.
Si è preso il merlo i gesti liberali,
il
pathos con la sua impudenza
e tutto ciò per cui non ho la
forza
- corona, scettro, mantello regale.
Lieve sarò,
ah, nell´agitare il braccio,
ah, lieve nel voltare indietro
il capo,
sire, nell´ora del nostro commiato,
sire, alla
stazione ferroviaria.
Sire, in quel momento sarà il
buffone
a sdraiarsi sui binari alla stazione.
(1962)
La ragazzina
che ero -
la conosco, ovviamente.
Ho qualche fotografia
della
sua breve vita.
Provo un´allegra pietà
per un
paio di poesiole.
Ricordo alcuni fatti.
Ma,
perché
chi è qui con me
rida e mi abbracci
rammento solo una
storiella:
l´amore infantile
di quella
bruttina.
Racconto
com´era innamorata di uno
studente,
cioè voleva
che lui la guardasse.
Racconto
come gli corse incontro
con una benda sulla testa sana
perché almeno, ah, le chiedesse
cos´era
successo.
Buffa piccina.
Come poteva sapere
che anche
la disperazione dà benefici
se si ha la fortuna
di
vivere più a lungo.
Le pagherei un dolcetto.
Le
pagherei il cinema.
Vattene, non ho tempo.
Eppure vedi
che
la luce è spenta.
Certo capisci
che la porta è
chiusa.
Non scuotere la maniglia -
quello che ha riso,
quello
che mi ha abbracciato,
non è il tuo studente.
Faresti
meglio a tornare
da dove sei venuta.
Non ti devo nulla,
donna
qualunque,
che sa solo
quando
tradire un segreto
altrui.
Non guardarci così
con quei tuoi occhi
troppo aperti,
come gli occhi dei morti.
(1967)
sta in Wislawa Szymborska, Taccuino d´amore