Domani
si celebra in tutto il mondo il Giorno della Memoria per
ricordare la tragedia dell'Olocausto, lo sterminio nazista degli
ebrei. Ecco la testimonianza dell'attore Moni Ovadia
Moni
Ovadia, scrittore, commediografo, attore, è un ebreo
progressista, che crede nella pace (simbolica) di Ginevra e nella
convivenza tra ebrei e palestinesi. È anche un ebreo
militante, gira fra le scuole superiori e parla con centinaia di
giovani dell'Olocausto: perché un giorno, quando i
testimoni dell'orrore non ci saranno più, nessuno
dimentichi.
Ovadia,
ricordare per non rivivere mai più gli orrori di allora.
Sarà sufficiente?
Ricordare
nell'ambito dell'etica ebraica è un dovere, uno dei
precetti. Il cammino che hai compiuto è il timone che ti
orienta per il cammino che devi compiere. La memoria è un
progetto per il futuro. Nelle scuole ho trovato un sistema per
coinvolgere i giovani, i quali vivono una vita così
diversa e così lontana dagli eventi che si vogliono
ricordare. Dico loro: immaginate che io abbia una macchina che mi
permetta di cancellare la memoria in uno di voi.
Con
le tecniche dell'ingegneria genetica e della bioningegneria oggi
si potrebbe fare e in passato il brainwashing, il lavaggio del
cervello, era una pratica usata dai servizi segreti americani e
sovietici. Immaginate dunque che io compia questa operazione: la
persona alla quale ho cancellato la memoria rimarrà, per
tutto il resto, identica: gli stessi occhi, lo stesso corpo,
identici anche i suoi talenti e le sue inclinazioni naturali.
Potrò fare di lui ciò che voglio, potrò
raccontargli qualsiasi cosa. Non saprà chi è stato
e quindi potrò accusarlo di omicidio e non avrà
alcun appiglio per istruire il suo avvocato difensore.
Sarà
come un neonato, senza coscienza di sé.
Esattamente.
Questa stessa cosa la facevano, non so più se i mongoli o
i tartari, con i prigionieri. Li rapavano a zero, scuoiavano
delle scimmie e li ricoprivano con le pelli e li lasciavano sotto
il sole. Essiccandosi, la pelle di scimmia comprimeva il cranio
di questi disgraziati e provocava la perdita della memoria. Erano
diventati degli schiavi perfetti. Un uomo che non sa da dove
viene difficilmente sa quello che vuole. Se questo vale per un
individuo, a maggiore ragione vale per un gruppo sociale, una
gente, una nazione e per l'intera umanità. Naturalmente la
memoria non è un archivio didattico. E' un processo attivo
di elaborazione e di costruzione del futuro. Fortini diceva: noi
possiamo imparare dal nostro passato unicamente nella misura in
cui abbiamo interesse a costruirci un futuro. Primo Levi diceva,
giustamente: Quelli che negano Auschwitz sono pronti a rifarlo.
Un
discorso che si attaglia anche all'Italia.
In
Italia abbiamo due memorie recenti, una è quella della
Resistenza, l'altra della Repubblica di Salò. La scelta
della memoria costruisce la dimensione del futuro che vivi. La
Costituzione italiana è nata dalla Resistenza, ciò
non vuol dire che la Resistenza sia stata un idillio, ma è
comunque la memoria che ha permesso di costruire una società
libera, democratica e avanzata. La memoria di Salò che
oggi si vuole riabilitare è strettamente connessa con il
nazifascismo, non lo dico io come boutade, lo disse il generale
Graziani parlando alle Camicie nere al Lirico di Milano. La loro
lotta aveva come scopo il trionfo del nazifascismo. Se
riabilitiamo la cultura di Salò significa che qualcosa di
quel periodo interessa: l'idea del capo carismatico che comanda
sul popolo bue? La repressione di qualsiasi istituto democratico,
sindacati, giornali...?
La
discriminazione razziale...
Appunto.
Se fosse una questione di nostalgia, una mozione degli affetti
non ci sarebbe discussione. Ma la memoria non è la
nostalgia individuale, è la radice di tutto e per essa
dobbiamo mettere a disposizione le nostre fibre umane, con la
consapevolezza di ciò che desideriamo che accada e di ciò
che desideriamo non accada mai più.
L'Italia
ricorda con difficoltà. Perché?
Gli
italiani come anche gli austriaci hanno difficoltà a
richiamare il periodo nazifascista, mentre la Repubblica Federale
tedesca ha cercato di fare un percorso critico.
In
termini psicanalitici ha rielaborato il lutto nazionale provocato
degli orrori nazisti?
Sì,
molto più che da noi, mentre l'Austria come noi ha tentato
di rimuovere, scegliendosi la parte della vittima. Gli italiani
devono sempre raccontarsi che sono della brava gente. Scoprire il
contrario li destabilizza. Graziani ha usato i lanciafiamme
contro i villaggi dei civili in Africa. La politica fascista
contro le popolazioni slave per radicare e sviluppare nei Balcani
la minoranza italiana è stata una politica xenofoba, di
segregazione razziale. Ora si cerca di intorbidare le acque con
le foibe, che sono state una grandissima efferatezza, le vittime
innocenti delle foibe vanno risarcite con coraggio. Ma il
problema è che per capire le foibe bisogna passare dalla
politica nazifascista in Jugoslavia, dall'odio e dalle
distruzioni seminate, dagli Ustascia di Ante Pavelic, dal campo
di sterminio di Jassenovack, che per ferocia rivaleggiava con i
lager nazisti. Vi furono sterminati 500mila serbi, 200mila
zingari e un numero imprecisato di ebrei. I nazifascisti erano
complici dei fascisti croati e la politica di violenza del
fascismo italiano sulle popolazioni slave ha provocato morti e
lutti. E' fatale che, potendo, le vittime si trasformino a loro
volta in carnefici. Il presidente della Germania federale, Von
Weitzaecker, commemorando la distruzione di Dresda, una inutile
rappresaglia inglese, disse: "Il fuoco che abbiamo scatenato
sull'Europa è ricaduto sulle nostre teste". E'
bizzarro dire come fanno certi esponenti della nuova destra
italiana che per andare ad Auschwitz bisogna passare prima dalle
foibe. Bisogna prima passare da Yassenovaç per capire le
foibe.
Renzo
Parodi IL SECOLO XIX 26/0172004
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