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MONI OVADIA


Ovadia: “Quanta violenza nel tempio della pace”

Sì, è stata una scelta disperata, un modo atroce di richiamare l'attenzione mediatica sul genocidio della Cecenia che il mondo tende colpevolmente a dimenticare. Le Twin Towers hanno inaugurato un modo atrocemente spettacolare per farsi sentire”. Così Moni Ovadia, il celebre attore e regista, commenta la tragedia di Mosca. Un commento da uomo di teatro. “Perché un teatro? Perché è uno spazio disarmato, un luogo di pace e di dialogo, dove si officia ancora il rito laico della collettività. E poi un teatro è un edificio relativamente facile da tenere sotto controllo, quindi militarmente poteva essere un obiettivo naturale”.

A Mosca da un anno esatto il musical “Nord Ost” calamita centinaia di migliaia di spettatori, soprattutto giovani sotto i trent'anni e bambini. Rappresenta un successo senza precedenti sulle scene teatrali ed è basato su una pagina di storia patria edificante in cui l'eroismo russo, la generosità e i sacrifici di un popolo vengono esaltati e premiati da un lieto fine.

In una delle tante repliche, tre giorni fa, la finzione si è interrotta nel sangue. L'atroce epilogo all'alba, nel silenzio di un teatro pieno di pubblico, è noto a tutti. Abbiamo chiesto a Moni Ovadia, uomo di teatro e cittadino straordinariamente attento a critico, di commentare questa tragedia.

Perché i ribelli ceceni hanno scelto un teatro?

Una scelta disperata, un modo atroce di richiamare l'attenzione mediatica sul genocidio della Cecenia che il mondo tende colpevolmente a dimenticare. Le Twin Towers hanno inaugurato un modo atrocemente spettacolare per farsi sentire. Perché è uno spazio disarmato per eccellenza, un luogo di pace e di dialogo,. Dove si officia ancora il rito laico della collettività. Questo il motivo simbolico, diciamo. Dal punto di vista militare penso che abbiano contato sul fatto che in quel particolare teatro, per il successo dello spettacolo, si concentrava un gran numero di potenziali ostaggi. Entrare in un teatro, in una casa aperta, è facile in ogni parte del mondo. Nessuno controlla nessuno. E poi un teatro è un edificio relativamente facile da tenere sotto controllo. Pochi gli accessi da presidiare. Quindi militarmente poteva essere un obiettivo naturale. Il monopolarismo nel governo del mondo ha portato a questa esasperazione e al fanatismo dei terroristi. E' atroce perché come sempre pagano gli innocenti.

Non le sembra che la scelta sia stata favorita anche dal tema di questo musical?

Certo, mi dicono che si tratti di un'esaltazione dell'anima russa, del suo ardimento guerresco. Presumibilmente i costumi delle masse sono di foggia militare e non mancano le armi in scena.

Forse per questo è stato semplice per i membri del commando passare inosservati, tra la folla.

Credo che abbia ragione. Da anni, a ogni latitudine, siamo abituati a spettacoli in cui gli attori si mimetizzano tra il pubblico, truccati e pronti ad interloquire con gli spettatori. Nessuno si stupisce più di niente, il travestimento fa parte del grande gioco della finzione. Magari vedere uno in mimetica e armato che entra urlando in sala o salta sul palcoscenico con un mitra può passare per una trovata registica.

Crede che questa strage allontanerà la gente dalle sale teatrali?

Sarebbe una tragedia se questo accadesse. Il teatro ha avuto un vulnus profondissimo, è inerme, è uno dei pochi luoghi dove si celebra ancora la dignità e l'altezza dell'uomo, un'agorà che nulla potrà mai sostituire. Il disastro, l'attentato alla sua funzione di pensiero critico l'ha già fatto la televisione che assassina la realtà con un appiattimento spaventoso, con programmi che spacciano per vero ciò che non è. E' chiaro poi che attentati che colpiscono obiettivi così eclatanti e apocalittici restringono gli spazi della libertà, e chi lo farà si sentirà legittimato. E' altrettanto evidente che coloro che si sforzeranno di vedere al di là di questa contrapposizione drammatica che divide il mondo in “buoni” e “cattivi” e verrà guardato sempre più con sospetto.

Finirà il terrorismo?

Concordo con Baudrillard che sostiene che il terrorismo sia una secrezione del sistema. Finché le carte buone le ha in mano solo una parte ci sarà sempre qualcuno che vorrà cambiare le regole del gioco. Con ogni mezzo. Io ho 56 anni in fin dei conti, una parte importante della mia vita l'ho fatta. Ma le prospettive per i giovani mi sembra asfittica.

A cosa sta lavorando?

Non vorrei che sembrasse un discorso pro domo mea. Verrò anche a Genova con “Il violinista sul tetto” con una compagnia multietnica. Lo spettacolo è un inno alla solidarietà contro tutti i fondamentalismi.

Intervista di Giuliana Manganelli – IL SECOLO XIX – 27/10/2002

 


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