Mi è capitato
di vedere persone, giovani e meno giovani, in Francia e in
Italia, beatamente immersi nei libri di Fred Vargas. Io stesso,
dopo il primo che ho letto, non ho potuto fare a meno di cercarli
tutti (e sono tanti). Lultimo - Sotto i venti di Nettuno
- un anno fa lo divorai letteralmente mettendo a repentaglio la
consegna di un libro che dovevo finire io. Il fatto è che
i romanzi di Fred Vargas danno felicità, quel dono di una
vita parallela e in qualche modo preferibile che la buona
letteratura offre. Alla presunta evasione del genere poliziesco -
che lei, controcorrente, riconduce alla formula del giallo a
enigma, amplificato a mito - unisce bravura narrativa e dialoghi
che incantano per verità e humour. Fred Vargas è
una donna, e il cognome è uno pseudonimo condiviso con la
sorella gemella, che è pittrice. Di professione è
archeologa, anzi, archeozoologa, specializzata nello studio degli
animali di età medievale. Parlare con lei di letteratura è
molto piacevole: è una miniera di idee, che spaziano dalla
storia alla psicoanalisi, dalla mitologia greca alla biologia. La
sua andatura intellettuale ha qualcosa della magia disinvolta del
suo personaggio più celebre, il commissario Adamsberg,
sorta di Lancillotto contemporaneo, lunare e assorto; dotato,
come ogni personaggio epico che si rispetti, del suo secondo, il
biondo e grosso ispettore Danglard, via di mezzo tra Watson,
Pippo (ma molto colto) e un generoso Sancho Panza. Offro la
descrizione che, dei due, fornisce un clochard in un
racconto (inedito in Italia) di Fred Vargas: Il tuo collega
biondo - dice il clochard a Adamsberg - è un rompipalle ma
mi piace, e poi è generoso. Si fa domande senza sosta, si
inquieta, e fa un rumore di onde. Tu, invece, fai il rumore del
vento. Si vede dal tuo modo di camminare, segui il tuo respiro.
Il tuo amico biondo vede una pozzanghera, si ferma, esamina lo
cosa e ci passa di lato, insomma prepara bene il suo daffare. Tu,
la pozzanghera, nemmeno la vedi, ma ci passi di fianco senza
saperlo, a intuito. Capisci? Sei come un mago
Adamsberg è uno sbadilatore di nuvole - come è
definito nellultimo romanzo. È un caso che che
questa stessa formula esista nel più antico repertorio
rituale del buddhismo zen? Nel linguaggio - e Vargas è
esperta di archetipi linguistici e narrativi - nulla è mai
per caso. Comunque sia, la sete di giustizia, la mania della
verità di cui Adamsberg è portatore, non sono
estranee alla sua autrice. Per oltre un anno Fred Vargas ha
preso unaspettativa dal lavoro per seguire una vicenda
politica e giudiziaria da cui si è sentita coinvolta, e a
cui si è dedicata: lestradizione di Cesare Battisti,
già condannato per una serie di delitti che secondo i
giudici italiani avrebbe commesso negli anni Settanta,
rifugiatosi in Francia dallepoca Mitterrand e attualmente
latitante. La vicenda è nota alle cronache, e ha
registrato una singolare divergenza tra la mobilitazione civile
di intellettuali e politici di sinistra in Francia, e il coro
quasi unanime di condanna che nei confronti di Battisti è
stato intonato in Italia. A un certo punto in Italia è
addirittura parso che il fatto che Cesare Battisti scrivesse dei
gialli (una delle sue attività di esule) lo rendesse
ancora più esecrabile. Li ho letti tardi - mi
dice Fred Vargas - dopo che mi sono occupato della sua
vicenda. E penso che siano dei libri bellissimi, che hanno poco a
che fare col giallo o col noir. Cesare Battisti è uno
scrittore vero. Quanto al giallo, che in francese, con desinenza
peggiorativa, si dice polar (come connard), da sempre è
trattato con sufficienza, con tonnellate di pregiudizi. Come se
la la tradizione della letteratura dovesse essere per forza
noiosa (e infatti Dumas non è mai entrato nei programmi
scolastici), e si dovesse evacuare tutto ciò che sa di
evasione, di distrazione. Ma, insiste Fred Vargas,
Cesare Battisti - pochi lo dicono - si proclama
innocente di delitti commessi quasi trentanni fa, e i suoi
sostenitori francesi invocano la legislazione del loro paese che
impedisce lestradizione per i condannati in contumacia.
A questa vicenda Fred Vargas ha dedicato un pamphlet, a
cui rimandiamo i lettori. Un quasi scoop legale - mi
dice Fred Vargas - sarebbe la dimostrazione che alcune
presunte lettere del 1981 e 1982 a firma di Cesare Battisti, e
che dimostrerebbero la conoscenza dei processi a suo carico -
unico argomento contro la contumacia - si sarebbero rivelate
false e apocrife. Lei è tra coloro che hanno
depositato una memoria difensiva sul caso Battisti presso la
Corte europea, e ha speso le sue competenze e la sua passione di
scrittrice, studiosa, archeologa ed esperta grafologa, per
mostrare, quanto meno, lillegalità di
unestradizione. E questo non possiamo ignorarlo anche
parlando dei suoi libri. Non ce lho con lItalia
- dice - ma con la Francia, che nega la propria civiltà
giuridica. Lotto perché le leggi francesi siano
rispettate, perché non si arresti un innocente, e quanto
meno si ascolti chi si dice innocente, e non lo si condanni in
contumacia. Torniamo al romanzo poliziesco, che
sembra oscillare tra i pregiudizi della letteratura noiosa,
come dici tu, e la retorica editoriale del romanzo noir. Qual è
la tua idea? Penso che la letteratura gialla, o
poliziesca, sia un genere che non deve essere negletto né
dimenticato. La mia idea è che si tratti di un genere
arcaico, che tocca la letteratura epica dellantichità
e cose come il concetto greco di catarsi, e
langoscia vitale della mitologia - il Minotauro, il
labirinto, ma anche il Drago, la quiete medievale dei cavalieri
senza paura, tutto un universo di storie in cui conta la
scoperta, la risoluzione finale, dove si uccide mostro e si salva
la fanciulla, oppure si trova il tesoro, cioè la
conoscenza. Conoscenza che è soprattutto scoperta e
cognizione del pericolo, ciò che permette di continuare a
vivere, vivere in modo nuovo, rinnovato. Anche la storia della
pittura funziona così, in un attraversamento dellangoscia
verso forme di vita nuova. Oggi si dice che il giallo - o il,
noir, appunto - è il nuovo romanzo sociale, testimonianza
o riflesso della società. Il pregiudizio oggi è
questo. Ma se la letteratura è da sempre testimonianza
della società - insieme agli archivi, ai documenti, ai
giornali ecc. - essa è soprattutto simbolica, cioè
è molto più complessa. Così come non si può
riassumere la complessità di Orfeo ed Euridice nel suo
riassunto, non si può ridurre la complessità
sinbolica del romanzo poliziesco e dei suoi archetipi. Io scrivo
dei romanzi a enigma, nei quali non è possibile
imbrogliare, e questo è importante. Eppure il
fascino dei tuoi romanzi è anche nei personaggi, come i
tre giovani storici disoccupati che, inventandosi la vita in
epoca di lavoro precario, diventano anche detective. Cè
nelle tue storie una verità in presa diretta dei nuovi
soggetti marginali che pochi autori sanno offrire. Sì,
anche se il romanzo poliziesco è una mitologia, io devo
raccontare il contemporaneo. Anche lOdissea era
contemporanea per i suoi lettori. Quindi, anche se simbolica,
riflette la nostra società. I miei personaggi sono gli
umili, io li chiamo i trasparenti, alle prese con i nostri
stessi problemi, col desiderio di giustizia, con i nostri
idealismi contemporanei. Sono dei marginali, ma non dei perdenti,
sanno cavarsela e districarsi. Nei miei libri non si vede che
sono politicizzata, preferisco mostrare lumanità e
la disumanizzazione che incombe, questa è la mia prima
preoccupazione. Credo in unumanità singolare, senza
semplificare, dove ognuno, anche un clochard, ha una
grande ricchezza di estrinsecazioni. Torniamo al giallo
come racconto di conoscenza. Penso a Allan Poe, che ha inaugurato
in epoca contemporanea un tipo di racconto dove leroe è
qualcuno costretto a interpretare, sia che finisca male (come nel
Gatto nero, o bene, come nello Scarabeo
doro
Il giallo partecipa di un
sistema narrativo mitico, nel cui schema cè la quête
(ricerca) e lenigma, cioè lidentificazione del
pericolo. Lenigma è necessario, anche senza fare un
giallo classico: enigma su qualcuno o su qualcosa, per esempio
lidentificazione del movente (se sappiamo già chi è
lassassino), in tutti i casi per costruire una ricerca di
conoscenza. Dove magari si tratta di scoprire la tirannia o
lingiustizia, svelare gli eccessi del potere, eccetera. In
questa ricerca, o avventura, ci possono essere varie tappe, come
nella storia di Ulisse, oppure un solo dramma. Le forme possono
essere diverse, come nella varietà di leggende, miti,
religioni. Anche in Cappuccetto rosso cè
lidentiticazione del pericolo, e come ricordavi tu a
proposito di Poe, la quête della conoscenza esiste
sia che la soluzione sia buona o cattiva. Può anche non
essere rassicurante, come in certi noir. Ma pensa a Edipo! In
genere il personaggio lascia la situazione ordinaria per un certo
tempo, lascia la propria dimora, e come nelle favole della
ragazza cui alla fine escono dei gioielli dalla bocca, trova le
pietre preziose, cioè la saggezza. Trova insomma un
sapere superiore. Ecco quindi che anche se finisse male - e nei
miei romanzi non è mai lapoteosi, non finisce mai
davvero bene in senso banale - al lettore rimane comunque questo,
liniziazione a un sapere superiore, come nei miti greci.
Anche un finale triste può dare un insegnamento. Ecco
coshanno in comune un romanzo noir e un mito greco: la
catarsi. Anche se fare storie tragiche è più
facile, per me è molto importante riportare il lettore a
casa sano e salvo. Nonostante via sia sempre alla fine della
storia un po di tristezza e di insoddisfazione. Conoscenza
e consolazione
La vita è già molto
dura, e il dolore è tanto. E poi si sa, è più
difficile scrivere ti amo che non ti amo,
per lo scrittore è un inferno. Il negativo risulta sempre
più facile del positivo, per questo mi ci accanisco.
Tenendo ferme le regole del gioco della leggenda. Parlami
ancora di Adamsberg, lo spalatore di nuvole. Davvero
non sapevi che negli antichi testi cinesi è une
definizione dellilluminato? È un espressione
del Quebec, in Canada (dove è ambientato Sotto i venti
di Nettuno, ndr), dove il francese continua a vivere. Dice
qualcosa di inutile come lo scrivere, perché le nuvole
sono i sogni. È naturalmente una critica del
funzionalismo, della tecnocrazia, in nome dellinconscio. In
nome soprattutto di quella sintesi delle due parti del cervello
di cui gli eroi, a partire da quelli greci, fanno uso.
Razionalità e intuizione insieme, ovvero la circonscience,
qualcosa di più ampio della sola coscienza. È il
proprio delleroe classico e mitologico, se ci pensi, il cui
carattere semidivino si accompagnava ad unimperfezione
fisica, oltre alla solitudine (anche sessuale) e alcune
ossessioni: segni di una condizione a metà tra lumano
e la nuvola. La circonscience è necessaria per
risolvere a buon fine una quête. Ah, vedi com
è complicato il romanzo poliziesco! E chissà se
anche Agata Christie, che ha chiamnato Ercole (Hercules) il suo
ispettore Poirot, e in un romanzo ne presenta il fratello, che si
chiama Achille, fosse consapevole del suo rapporto del giallo con
i miti, o si fosse solo divertita inconsciamente
.
Intervista di
Beppe Sebaste LUNITA 21/09/2005
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