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Bontà non fa audience |
Innamorarsi di una donna morta? Succede al dirigente di un'azienda israeliana. Lui è responsabile delle risorse umane, lei - Julia Regajev - la donna delle pulizie che muore in un attentato. L'azienda non se ne accorge e un giornalista accusa il proprietario di disumanità. Così comincia il viaggio interiore di un giovane dirigente alienato dal lavoro, divorziato, un uomo che si apre verso un'esperienza inedita per lui. Quella donna non l'aveva mai notata? Come è potuto succedere? Questo il nucleo narrativo del Responsabile delle risorse umane, l'ultimo romanzo di Abraham Yehoshua. Un libro che riflette sulla tragica situazione in Israele, dove ormai le morti violente non stupiscono più nessuno.
Nel
suo ultimo romanzo è tornato ad occuparsi di vicende
contemporanee. Cosa l'ha spinta?
Volevo
intervenire sulla situazione che stiamo vivendo in Israele negli
ultimi anni, una lunga catena di morti senza fine scandisce la vita
di tutti noi. Una situazione allarmante. Per la gente la morte sta
diventando una cosa normale, una routine.
La
gente non ha più paura, quindi?
No,
si sta abituando sempre di più. Pochi giorni dopo un
attentato, si tende a rimuovere quello che è successo. Sentivo
una forte esigenza di dire la mia contro tutto ciò, di
combattere contro l'indifferenza.
Lei
dedica il romanzo ad una sua amica morta nell'attentato sul Monte
Scopus nell'estate del 2002.
Sì,
a Dafna, una mia cara amica. Aveva 62 anni, insegnava all'università
ed era una militante pacifista. Ha trascorso tutta la vita cercando
di creare una società diversa in Israele. Tutti i venerdì,
vestita di nero, manifestava per la pace, vicino alla casa del nostro
primo ministro. Era molto coraggiosa.
Il
senso di responsabilitàè qualcosa che i suoi personaggi
sentono molto profondamente. Uno scrittore di cosa deve essere
responsabile?
Credo
che gli scrittori abbiano una responsabilità morale e non solo
artistica. Oltre che descrivere le psicologie dei personaggi, i
differenti punti di vista, gli ambienti e i paesaggi, devono
occuparsi anche dei dilemmi morali. L'occupazione dei territori
palestinesi non è solo "politicamente scorretta" ma
è sopratutto "moralmente scorretta.
Da
dove ha preso spunto per la trama: una donna che muore in un
attentato e l'azienda che neanche se ne accorge?
In
Israele ormai vivono tanti stranieri, persone che nessuno conosce. Un
fenomeno che fa parte della globalizzazione, una massa di gente
viaggia da un continente all'altro. Anche in Italia avete tanti
clandestini, gente che non è possibile identificare. Il
responsabile delle risorse umane non si accorge dell'esistenza di
Julia, nemmeno se la ricorda anche se è una donna bella e
intelligente. Dopo la sua morte comincia a soffrire, si sente
colpevole di questa dimenticanza.
Julia
era cristiana. Quale ruolo hanno i cristiani a Gerusalemme?
Julia
ha scelto di vivere a Gerusalemme perché amava la città,
una meta di pellegrinaggio per tanti cristiani. Invece si è
ritrovata in un campo di battaglia. Credo che i cristiani ci possano
aiutare, grazie a loro Gerusalemme potrebbe diventare un crocevia di
tutte le religioni. Dando vita ad un personaggio come Julia volevo
riflettere su tutto questo.
Una
sua opinione sulla situazione irachena.
Questa
guerra è nata con una motivazione, trovare delle armi di
distruzione di massa che non sono mai esistite. Ormai è fatta,
ora dobbiamo solo sperare che gli Usa evacuino il paese al più
presto e che gli iracheni siano in grado di costruire una democrazia
che sia d'esempio per tutto il mondo arabo, composto da Paesi ricchi
di cultura e di materie prime.
A
Sanremo, dove lei andrà martedì, è cresciuto
Italo Calvino che si è ispirato a quel paesaggio per i suoi
romanzi.
Non
avevo mai riflettuto su questa cosa. Sapere che è stata fonte
di ispirazione per uno scrittore del calibro di Calvino mi farà
prestare maggiore attenzione alla gente, alla città e al
paesaggio circostante.
Intervista di Laura Guglielmi IL
SECOLO XIX 23/10/2004
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