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Quel bastardo di Welles |
Peter Bogdanovich è un grande regista americano, ma è anche un profondo conoscitore di registi ancor più grandi di lui. Ha fatto film importanti e memorabili, come L'ultimo Spettacolo, Paper Moon o Mask, ma anche scritto libri e realizzato documentari su mostri sacri come Orson Welles, John Ford e Fritz Lang, che hanno accettato di confidare a lui, è soltanto a lui, i segreti della loro arte. Bogdanovic è una miniera di aneddoti. Ha accettato di incontrarmi in un albergo di Manhattan che è un po' la sua seconda casa e mi ha aperto il suo scrigno delle meraviglie. Uno scrigno che contiene anche orrori, come l'omicidio della sua compagna, la giovane e bellissima attrice Dorothy Stratten, uccisa dall'ex marito folle di gelosia. Su questa tragica vicenda è stato fatto anche n film, Star 80 di Bob Fosse, che Bogdanovich odia più di ogni altra cosa al mondo. Perché la morte di Dorothy è la grande tragedia della sua vita. Da quel giorno, infatti, Peter Bogdanovic convive con la sorella di Dorothy e guarda ormai se stesso e il mondo con un distacco impressionante. Tu sei l'unico regista al mondo, insieme a Woody Allen, che è di New York come te, ad aver fatto due film di successo in bianco e nero nel dopoguerra: L'ultimo spettacolo e Paper Mooon... Purtroppo siamo legati al colore, che è così limitante. Invece il bianco e nero è straordinario, è liberatorio. E' il colore del cinema. E' strano che uno come te, cresciuto in una città come New York, abbia realizzato un film ambientato in una piccola cittadina del Taxas. Se fossi cresciuto in un paesino del Texas, il film non sarebbe stato nemmeno lontanamente quello che è. E' stato come andare all'estero. I punti in comune con New York erano un ragazzo e una ragazza, la vita dei teenager, il rapporto con i genitori, la gelosia, la rabbia, l'amore, il desiderio, tutti gli elementi universali che non cambiano da una grande città a una piccola cittadina. Eppure si è avuta la sensazione che tu ci vivessi da anni... Non sei il primo a dirmi così. Fritz Lang un giorno mi disse con un tono da far paura: Un regista deve arrivare sui luoghi delle riprese e deve riconoscerli immediatamente. Lo disse come se volesse farmi capire: Non pensare di poter fare il regista se non intuisci subito dove devi mettere la macchina da presa. Frank Capra mi disse in seguito: Ragazzo, se vuoi essere un buon regista, prendi una decisione. Non importa se è giusta o sbagliata. L'importante è decidere. Tanto, il cinquanta per cento delle volte si sbaglia comunque. Pensa che John Ford raggiungeva a cavallo il Kawanga Pass a Los Angeles per girare le scene di un western. Si portava dietro 1400 metri di pellicola, e la scena ne richiedeva 700, vale a dire che poteva permettersi un solo errore per ogni scena. Ciò significa che la scena doveva averla già in mente con grande precisione. Ho sempre pensato che per fare cinema sia indispensabile questo tipo di disciplina. Questa è una cosa che l'industria del cinema sembra aver dimenticato. Non lo fanno più perché non sono più obbligati. Un'altra cosa che i registi hanno dimenticato è il lavoro con gli attori. Oggi pochissimi registi parlano con gli attori. Eppure è fondamentale, perché il regista è il primo pubblico. Una volta Orson Welles mi disse: Ho sempre pensato di aver fatto divertire i miei attori. E Hitchcock, che a quanto pare detestava gli attori? Quello che a Hitchcock non piaceva era il potere che avevano gli attori. Non voleva sentirsi obbligato a fare qualcosa per via di un attore. Questo è un problema reale perché gli attori hanno un grande potere ma non sempre hanno un'idea precisa dei ruoli più adatti a loro. I comici vogliono fare Amleto, mentre quelli adatti a ruoli drammatici vogliono fare Charlot. Negli anni '20, '30 e '40 ci sono state più star di quante non ce ne siano mai state nella storia del cinema. Ma pochissimi di loro potevano aprire bocca su ciò che avrebbero fatto. Ora siamo all'estremo opposto. Mi racconti come hai deciso di prendere Tatum O' Neal per fare in Paper Moon la figlia di suo padre, Ryan O' Neal? La parte era stata scritta per una bambina di 12 anni. La scenografa che all'epoca era mia moglie mi chiese: Cosa ne diresti di Tatum?. L'avevo incontrata una volta e mi sembrava che avesse non più di 9 anni. Viveva con il padre a Malibu. Lo chiamai. Gli spiegai: Non dirlo a Tatum, ma vorrei venire a vederla per affidarle eventualmente il ruolo di tua figlia nel film. Ovviamente lui glielo disse. Una volta arrivato, lui mi teneva d'occhio. Ryan cominciò a lusingarmi: Ehi, Peter, hai un bell'aspetto. Perché non vieni in spiaggia? Ti farebbe bene. All'improvviso, Tatum aggiunse: Oh no, papà, non è il tipo. La guardai e le chiesi: Cosa te lo fa pensare, Tatum?. E lei, praticamente neppure mi conosceva, rispose: Porti sempre le scarpe e non ti toglieresti la camicia. Allora mi voltai verso Ryan e gli dissi: Andrà benone. Fu così che le affidai la parte. Quella decisione ha portato un Oscar del tutto inatteso. Non perché Tatum non sia stata brava, ma perché l'Academy Award non premia mai un bambino. E' tuttora l'attrice più giovane ad aver vinto un Oscar. E pensare che non volevano lei, non volevano il padre, non volevano neppure il titolo. Quando me lo bocciarono, chiamai Orson Welles per chiedergli conforto. Lui mi rispose: Il titolo è talmente bello che puoi anche fare a meno di fare il film. Limitati al titolo. E scoppiò a ridere, il bastardo. Eppure hai vinto tu. E sei riuscito anche a fare quel manifesto bellissimo con Ryan e Tatum seduti su quella Luna finta. Idea che poi ha rubato Woody Allen per Sweet and lowdown. Una volta Hawks mi disse: questa l'abbiamo rubata. Lo fai spesso?, gli chiesi io. Sì, rispose lui. Ma ricordati: quando rubi, ruba sempre al migliore. Tu sei uno dei pochi registi ad essere riuscito a dirigere Barbra Streisand in Ma papà ti manda sola?. Sono anche l'unico che è vissuta abbastanza da raccontarlo. E' stata un'esperienza divertente. Al nostro primo incontro, mi disse: Non sono mai stata diretta. E io: Ok, lo farò io. Le dicevo: Fai così e così. E lei: Ma che cosa stai facendo?. Io? Il regista. E' questo che fa un regista. Ma tu mi stai dicendo come devo interpretare una scena?!. Esatto. E lei: Sai una cosa? Sei un arrogante figlio di puttana. Lei discuteva, ma di solito poi cedeva. Era molto divertente. Abbaiava ma non mordeva. L'ho spuntata io, ma a lei il film non è mai piaciuto. Eppure ha avuto un gran successo. Ma anche questo l'ha irritata perché, siccome credeva pochissimo al film, aveva venduto la sua percentuale dei profitti prima che uscisse...Ha perso circa 10 milioni di dollari. Rispondimi con la massima sincerità. Ti va di parlare di E tutti risero e della morte di Dorothy Stratten? Certo. E' il mio film preferito, anche se subito dopo è accaduta la tragedia. E' stato il periodo più bello e più brutto della mia vita. Ti dico una cosa che può farti male. Secondo me, a cauda dell'assassinio di Dorothy, il film ha acquisito un'atmosfera quasi magica. E' esatto. E' un film cupo e solare allo stesso tempo. E' una commedia con una vena triste. E' così che doveva essere originariamente perché la storia di Audrey Hepburn era triste mentre quella di Dorothy Stratten doveva essere quella che finiva bene. Nella vita reale entrambe le loro storie non hanno avuto un bel finale. Dopo l'assassinio di Dorothy ho detto: Il film non funzionerà più come abbiamo pensato originariamente finché non saranno tutti scomparsi. Ora, visto che sia Dorothy che Audrey non sono più tra noi, suppongo sia più facile guardare il film. Cosa hai pensato quando hai visto Star 80 di Bob Fosse che racconta la vostra storia? E' un film patetico. Bob Fosse mi piaceva. Quando seppi che aveva acquistato i diritti per gli articoli scandalistici che riguardavano me e Dorothy, lo chiamai e gli dissi: Bob, non capisco perché tu stia facendo una cosa del genere. Lui mi rispose: Penso che sia una bella storia. Gli risposi: Non la conosco nemmeno io. Come diamine puoi conoscerla tu?. E' bello sapere che tu gliene hai parlato direttamente. Il film fu un disastro. Fu il suo ultimo film, e vanne accolto malissimo dalla critica e dal pubblico. Non avrebbe dovuto farlo. Margaux Hemingway era del tutto sbagliata per la parte, non aveva niente a che vedere con Dorothy. Quello che nessuno ha capito è che Dorothy appariva in un certo modo, ma era forte, era del tutto diversa da quello che sembrava. Era una delle persone più coraggiose che mi sia capitato di incontrare. Inoltre, era velocissima nell'apprendere. Capiva al volo. Aveva fatto una vita d'inferno con quel marito mostruosamente abile nello sfruttarla e nell'abusare di lei, ma voleva essere un'attrice e aveva il talento per riuscirci. Vedo che ti costa molto parlarne. Smettiamo, se vuoi. No. Te l'ho detto. E' stato il periodo più bello e più brutto della mia vita. Il film che ho fatto dopo, Mask, con Cher che interpreta la madre del ragazzo con la testa di leone, l'ho fatto proprio per rendere omaggio a Dorothy. A mio avviso Mask è uno dei film più interessanti sulla diversità e sull'accettazione della diversità. Pensa, ho fatto Mask per raccontare Dorothy attraverso il suo opposto. Dorothy era una donna bellissima, troppo bella per essere vera. Devi sapere che io e lei ci vedevamo la sera tardi sulla Quinta Strada e andavamo in una libreria che restava aperta fino a mezzanotte. Davamo un'occhiata ai libri perché ne acquistavamo parecchi. Dorothy fu attratta da un libro su Elephant man, quello vero, da cui Lynch ha tratto il suo film. Dopo la sua morte, ricevetti la sceneggiatura di un film su un ragazzo, colpito da una malattia deformante che era diverso da tutti gli altri. Avevo notato che una delle ragioni per cui Dorothy si identificava con l'uomo elefante era il fatto che quando camminava per la strada tutti la guardavano. La cosa la metteva terribilmente a disagio. Le chiesi: Che sensazioni ti dà?. Lei mi rispose: E' come se fossi deforme. Vuoi dire che Dorothy e Elephant Man in un certo senso condividevano la stessa sensazione? Proprio così. Quell'uomo bruttissimo e quella donna stupenda condividevano la sensazione di essere diversi, si sentivano entrambi a disagio, strani ed esclusi. Nella tua carriera hai guadagnato molti soldi e li hai persi tutti con quel film, E tutti risero interpretato da Dorothy Stratten. Hai dei rimpianti? Lo ho persi quasi di proposito. Era come se avessi detto: Lei è morta, quindi tanto vale perdere tutto. Ho perso tutto perché non si fanno i soldi distribuendo direttamente i propri film. E' impossibile. I distributori fanno soldi perché hanno diversi film. Se uno non va, è l'altro che va. Che cosa avevo io? Un solo film. Un film e una tragedia personale. Rimpiango tutto. Ma non c'è niente che possa fare. Intervista di David Grieco- L'UNITA' 31/10/2002 |
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