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QUEL LUNGO TRENO DI MEMORIA di Marco Levi |
Massimo Bubola ha presentato alla Salumeria della Musica di Milano il suo nuovo album: Quel lungo treno. Un disco dedicato alla sua famiglia. Un disco ispirato alla grande guerra orribile delle trincee. Pacato, giacca grigia, si racconta alle domande dei giornalisti incominciando da quando era bambino davanti a un fuoco, ed ascoltava la commozione dei nonni mentre gli cantavano melodie dolorose di guerra, e si interrompevano per lemozione. Bubola, invece, davanti al fuoco di un microfono in studio, il disco è riuscito a cantarlo tutto, ammettendo che, oltre al rispetto per la sua famiglia ed alla memoria della Prima Guerra Mondiale, lunico motivo che lha spinto a scegliere quelle canzoni, tra le tante tradizionali dellarea veneta, sta nella semplice e pura bellezza dei brani, tanto forti da resistere al tempo. Lingenuità è la genuina forza della poesia popolare, capace di irradiarsi, come un grido di dolore universale e diretto. Linsegnamento di queste canzoni è che, se lispirazione di un qualunque poeta è sincera, attraverso le corrispondenze dellinconscio, la poesia popolare può commuovere tanto quanto la poesia istituzionale. Ascoltare le atmosfere di questo disco, seguire la semplice forza delle parole, è come entrare nel cuore di quei ragazzi alpini che morivano nella neve tremenda della guerra inconsapevoli di lasciare, in queste baciate rozzerime, un infinito dolore. Così, con semplicità, un soldato esprime il suo tormento in Era una notte che pioveva nel dover rimanere a vegliare nel gelo e pioggia della notte, quando il suo cuore sperduto sognava il suo amore lontano, al riparo di una tenda piena di premonizioni, che ora gli è negata. Così lo strazio di un povero soldato che parte per morire lontano e lascia il suo piccolo mondo, il suo paese Ronco. Perché strappare un giovane al suo amore? In nome di chi? Eppure con un senso di morte che invade il suo salutare lamata, il padre e la madre, gli amici e il suo paese, il soldato parte. Un disco paradossalmente attuale, parlare di guerra con parole antiche, ritornare a quei luoghi e guardare il futuro, i canti degli alpini interpretati con arrangiamenti sapienti e ricchi di colori netti, rock nel gesto, emotivo, ed anima folk. In contrasto con la disperata leggerezza della musica attuale, Bubola insiste sulla necessità di fare dischi lontani dalle logiche di mercato, perché la musica può essere tante strade: troppe soffocate; profonda è lispirazione di chi cerca di salvaguardare un patrimonio storico e culturale che in Italia ha il ruolo marginale del folklore nelle valli. Cè amarezza ed entusiasmo da parte sua, nel constatare che in luoghi quali lAmerica, le tradizioni musicali (è vero: molto più vicine al presente rispetto al nostro aggrovigliato e sperduto classicismo) sono costantemente rilette ed attualizzate o semplicemente interpretate come nel caso dellultimo disco di Neil Young. Quel lungo treno è un filo di memoria e nostalgia, che, dalla casa di Massimo Bubola, torna indietro alle montagne, a suo nonno a suo padre, ai turni di guardia nel gelo delle notti , e guarda i cadaveri assurdi dei soldati, ed infine ritorna nelle sue mani, ora adulte e schitarranti, intente in un incessante creare del nuovo e ritornare al passato. Senso di sopravvivenza, restare attaccati a ciò che ci appartiene, contrastare i troppi venti mediatici dillusione che rubano lanima dei luoghi in cui soffiano: tanto che Massimo ha trovato i testi completi , delle canzoni tradizionali che ha scelto, su un sito canadese
Non cè molta serenità nei cinque brani che Bubola ha composto. Ci sono le ombre poetiche di un uomo che riflette sulla guerra, che si lascia assalire dai fantasmi e teme la solitudine. Cè molta umanità, mescolata a un dolente senso di perdere ciò che si ama. Jack OLeary è il primo ragazzo del disco, figlio dimenticato nato povero e buttato come un Cristo di Pasolini nel mondo (nella guerra), un semplice ragazzo che nel buio di una trincea sogna la libertà, rimpiange la povertà di casa ed ingenuamente si interroga sul destino. Sogna una colomba, non capisce la guerra. Le immagini che Bubola sapientemente tesse, la scrittura che crea, permette un accostamento sintetico e coerente dei suoi brani coi brani tradizionali. Cosi in Nostra signora fortuna, la rinascita dellamore corrisponde alla fine di una guerra. Così il desiderio di libertà che si sprigiona in Se questo amore è un treno è offerto per contrasto, dalle fredde ombre della trincea:
Se questo amore è un treno Vorrei portasse in salvo Dalle trincee di fango Dai fili di metallo
per poi esplodere lucente nei ritornelli:
Passeremo montagne passeremo città Spazzeremo via dubbi e perplessità E lontano al tramonto ci potremo fermare Ai confini del mondo per poterlo cantare.
Un desiderio mistico e rigenerante di libertà pervade lintero album. Sete di giustizia e rinascita. Si sprigiona dal fango della guerra, la fantasia di Bubola. Molte le perle e le immagini della sua scrittura, che animano brani come: Nostra signora fortuna. La forma canzone è lelemento caratterizzante della musica folk: è interessante come Bubola alchimista, giochi con le forme fisse della tradizione popolare, per esprimere la sua mobile fantasia. Dario Loredan è un altro sfortunato protagonista del disco del cantautore veneto, un fatto di cronaca nera che si alza in volo grazie alla poesia. In breve, il soldato Loredan in permesso torna verso Verona per fare una sorpresa alla moglie, e finisce ammazzato, dopo essere inciampato sulla culla della figlia, dallombra crudele che si stacca dal murodellamante di lei. Affascinante il correlativo tra il marito che inquieto sale le scale e un triste usignolo che solo canta sullalbero, un usignolo eterno, simbolo di ingiustizia e poesia che rimane a vegliare sulla sua tomba triste e solo. Attraverso Dario Loredan, sentiamo la paura del tradimento e dellingiustizia, sentiamo la sua rabbia inespressa nella poesia della morte. Come le parole non dette dei soldati caduti.
La grande umanità di questo disco insiste sui temi archetipici dellessere al mondo delluomo, che, anche stanco e amareggiato deve continare a ricercare e ad esprimere la propria essenza. Così la morte, sotterranea musa di questo disco, deve farsi cantare, nelle sue molte forme, nel suo solo mistero. La paura dellindifferenza e del cinismo, la voglia di amare, il potere salvifico dellamore sono tutti elementi che si muovono nella splendida: Puoi uccidermi
Puoi uccidermi con uno spillo infilato dentro una parola Puoi uccidermi come uno specchio che non riflette niente
Una canzone damore molto amara, con un incedere ondoso da ballata americana. Gli arrangiamenti fanno grande questo lavoro, le parole trovano i loro colori, si mescolano mondi lontani, poeti e alpini, America e Veneto, archi chitarre nitide che tutto avvolgono dolcemente. Per quanto rigurda i brani popolari vorrei citare la bellissima: Era una notte che pioveva.Come non immdesimarsi nella malinconia di un povero alpino che nel tormento di una notte di gelo deve rimanere a vegliare? E poi la splendida Il disertore, un giovane disertore di fronte a un giudice che sembra chiedergli per quale ragione sia scappato ( dallassurdità della guerra?) risponde con una voce semplice e diretta, forte ed umana, con la voce di tutti i soldati di tutte le guerre del mondo:
che un bel giorno in una foresta ed un pensiero mi viene in testa di non fare mai più l soldà.
Ed il brano termina con un mutamento di prospettiva, dal tribunale si entra nellanima del disertore, che improvvisamente sembra sentirsi impotente di fronte a una corte che lo sta uccidendo per aver scelto la vita, e in un altissimo delirio di disperazione interiore invoca la figura del padre:
Povero padre perché sei morto E perché non vivi ancora Sol per vedere tuo figlio alla malora Condannato senza ragion.
Ponte de Priula, è unaltra dolorosa canzone tradizionale, unica ad essere cantata in dialetto veneto. Descrive la ritirata italiana da Caporetto al Piave, dove il ponte è collocato. La cruda e fotografica narrazione del sacrificio della morte in guerra, lironia di un cartello che rimane testimone del sangue versato, fa venire i brividi mentre la fisarmonica rossa si snoda sullavvolgente e semplice melodia. Interessante lutilizzo delleffetto eco sulla voce di Massimo, che crea un senso di inevitabile martello sulla coscienza di chi ascolta, forse qualcosa che la propria coscienza non vorrebbe ascoltare.
Un disco profondo, una riflessione musicale sulla vita e sul dolore, un ceppo di legno vero nel fuoco sacro del folk. Milano, Salumeria della Musica, 11-10-2005
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