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Ecco come si fabbrica un assassino |
Un romanzo nel quale indago la dimensione della violenza, attraverso l'ottica di un bambino che diventa un assassino. Il contesto è il periodo fascista, e le tecniche psico-pedagogiche del sistema dittatoriale mussoliniano. Così Andrea Camilleri racconta a L'Unità il suo nuovo romanzo storico, che sarà pubblicato dalla Sellerio. La presa di Macallè, è un libro che farà discutere, per i contenuti e per il modo nel quale Camilleri affronta il tema dell'infanzia violata di un bimbo, che la propaganda di regime trasforma in un assassino. Un romanzo storico originale, diverso, ambientato nella Sicilia del 1935, durante la guerra in Abissinia, quando l'autore aveva appena dieci anni. E' già questa è una novità. Perché si tratta del primo romanzo nel quale l'autore non utilizza documenti dell'epoca, ma attinge ai ricordi della sua infanzia. Camilleri spiega: non vi è nulla di autobiografico, tranne il fatto che all'epoca, avevo dieci anni, ed ero, come tutti un giovane Balilla. Lo ero per imposizione, non per scelta. Nel '35, nelle scuole tutti i maestri, o quasi, erano fascisti, e ti spiegavano che se ti comportavi male, facevi un dispiacere al Duce ed a Gesù. I preti spiegavano che Mussolini era l'uomo della provvidenza. Sì proprio così, la propaganda si fondava su queste mistificazioni.
Come è nata l'idea di scrivere questo romanzo?
Bella domanda: perché io bambino di 10 anni, che vivevo in una famiglia non di cultura fascista, avevo scritto una lettera a Mussolini chiedendo di partire volontario in guerra in Abissinia? Quale meccanismo psicologico scattò in me? Da questo interrogativo è nata l'idea di scrivere questo libro. Una storia, che ho iniziato a scrivere dopo Il re di Girgenti.
Questo dipende anche dal suo metodo di lavoro?
Sì, mi vengono in mente due-tre storie, ma una prevale sulle altre. Col tempo, capita spesso, che recupero le altre, che nel frattempo hanno subìto un processo di manutenzione. La presa di Macallè, è una storia che è sbucata fuori e mi ha turbato. Un romanzo profondamente diverso rispetto alla mia produzione narrativa. Nel Re di Girgenti, vi è un finale drammatico, nella Presa di Macallè è la storia in sé ad essere tragica, violenta, nel suo svilupparsi, nella sua essenza.
Ha parlato di assassino-innocente. Cosa vuol dire?
Voglio dire, che un bambino sottoposto al lavaggio del cervello, viene privato della possibilità di sviluppare la sua autonomia critica, subisce una coercizione. E' un assassino-innocente.
Vi sono particolarità strutturali in questo romanzo?
A differenza di altri romanzi, dove prevale la figura del narratore-romanziere, nella Presa di Macallè, propongo una lettura dal basso, dall'ottica del bambino. E come se riprendessi la scena, con una telecamera dal basso, per fare una analogia con il famoso regista giapponese Ozu. Inevitabilmente questa scelta, di raccontare la storia attraverso gli occhi di un bimbo, invece che degli adulti, incide sulla tecnica narrativa. Nel fieri del romanzo mancano alcune caratteristiche peculiari della mia scrittura. I passaggi, i dettagli, le sfumature, le riflessioni filosofiche, le digressioni. Ed è ovvio che sia così. Poiché un bimbo di sei anni, non fa riflessioni filosofiche o psicologiche tipiche di un adulto, è più immediato. Coglie i passaggi cruciali di una vicenda in maniera diretta, non mediata. Un bambino conosce l'inconsistenza del gioco pur giocando, e coglie la realtà delle cose in maniera istintiva.
Vi è comunque una narrazione del contesto storico...
Questo è un elemento tipico della mia struttura narrativa. Nel romanzo vi sono adulti che parlano al bambino, facendogli il lavaggio del cervello, che spiegano la loro visione deformante della realtà. Emerge nel suo insieme, il regime fascista con le sue tecniche sofisticate di costruzione e manipolazione del consenso popolare. Nel Novecento, la nascita dei sistemi totalitari è strutturalmente connessa alla nascita dei fascismi. La voce del Duce attraverso la radio assieme alle scuole, erano strumenti di consenso sociale. Così come le parate militari, ed i comizi. Tempo fa, feci fare ai miei allievi, uno studio sulle voci alla radio dei potenti della prima metà del Novecento. Mussolini nelle sue comunicazioni, era come se parlasse all'unisono con le masse. La gente lo ascoltava, suggestionata, e tirava il fiato assieme a lui. La voce di Hitler era più isolata, a tratti isterica. Churchill e Roosvelt invece, avevano un tono dialogante, era come se parlassero solo con te, ti convincevano come se fossero al telefono. Già allora le tecniche delle comunicazione erano sofisticate, ed i sistemi democratici anglosassoni differivano anche in questo dalle dittature naziste e fasciste. Si pensi al ruolo di Goebbels nel regime nazista. Rilevantissimo. Aveva già intuito il ruolo essenziale della comunicazione nelle società moderne. Ed anche la sua forza manipolatrice.
Uno scritto denso di riflessioni...
E' un romanzo ricco implicitamente di riflessioni. Poiché un bimbo si scontra con la realtà e da essa viene mutato.
Ne La presa di Macallè affronta anche la questione della pedofilia?
E' la storia di una infanzia violata. Di una violenza, psicologica, fisica e sessuale. Un romanzo duro, non consolatorio.
Un libro che dimostra la sua ecletticità, oltre che la sua prolificità.
Non mi piace una lettura monocorde della realtà, che nella sua essenza è varia e molteplice.
I critici che l'attaccano non rispondono, o non danno una spiegazione efficace al fatto che anche i suoi libri più complessi, fondati su un substrato filosofico e storico, attirano numerosi lettori. Quel'è il segreto della sua scrittura, rapida efficace e comunicativa?
Dalla complessità alla semplicità. Il criterio che deve prevalere è la leggerezza. Il trapezista, che si muove nell'aria, trasmette una sensazione di leggerezza, di facilità, e non ti fa pensare per nulla alla fatica degli esercizi quotidiani che ha dovuto compiere, prima della esibizione pubblica. Così nella scrittura, si vede il risultato, non quello che sta dietro. Si pensi a Dostoevskij, tratta di temi complessi, ma non te lo fa pesare. Lo leggi e non hai voglia di smettere. Dietro la leggerezza vi è fatica. L'importante è non mostrarla al lettore, che altrimenti si stanca e si infastidisce.
Intervista di Salvo Fallica L'UNITA' 24/01/2003
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