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Noi che non conosciamo gli infiniti suoni dell'Islam Non solo inni coranici: da Abdullah Muqri al pop delle Nasida Ria |
Ci ha turbato ma un po' anche divertito la notizia di quelle trasmissioni radio diffuse da aerei EC-130E, con le quali il Quarto Psycological Operantions Group basato a Fort Bragg ha bombardato innocuamente la popolazione civile dell'Afghanistan. Scopo della missione: informare degli obiettivi e delle modalità dell'azione militare, inclusi i bombardamenti veri, e incitare alla rivolta o alla diserzione contro i Talebani e Osama bin Laden. Ci ha turbato, fra l'altro, perché data la povertà di quel paese, l'annientamento delle centrali elettriche e il rigore dei Talebani, sembra che lo psico-commando abbia valutato correttamente che non ci sarebbero stati molti apparecchi accesi o in grado di ricevere quelle trasmissioni, e così avrebbe preso in considerazione la possibilità di disseminare il paese di radioline a batteria, come lo stesso gruppo aveva fatto anni fa a Haiti. Salvo che in un paese dove migliaia di civili, tra cui moltissime donne e bambini, hanno avuto gambe e braccia amputate da mine antiuomo, a volte dissimulate da giocattoli p arnesi apparentemente innocui, un bombardamento a radioline assume connotati tragicomici. Più sinceramente divertente e il fatto che secondo alcuni quelle trasmissioni radio contenessero musica vecchia, molto fuori moda. Come se, essendo L'Italia caduta in mano a una banda di fanatici, i nostri liberatori ci sorvolassero invitandoci alla resistenza e trasmettendo Vola Colomba e Vecchio scarpone. Oggi, naturalmente. |
Arsenali di conoscenza E uno si domanda: con tutte le risorse che gli Stati Uniti e i loro alleati stanno investendo in queste operazioni non si poteva non dico scendere al negozio all'angolo, ma visitare un megastore, inteso come luogo fisico e sulla Rete, e compare qualche cassetta o cd di musica afghana recente? Si tratta forse di materiali o informazioni innacessibili? Come chiunque può verificare, notizie e materiali (e anche files audio) sulle musiche dell'Afghanistan sono facilmente rintracciabili via Internet, e libri sulle musiche del mondo che si possono acquistare in molte librerie, anche in Italia, ne contengono ampi cenni. Molti etnomusicologi e antropologi che hanno studiato le musiche dei paesi islamici lavorano in università americane. Se confermata, la notizia sull'uso di canzoni fuori moda testimonierebbe in modo esemplare un divario preoccupante fra le risorse culturali: quell'arsenale di conoscenza e comprensione del mondo islamico, che sarebbe fondamentale per vincere il confronto con il terrorismo fondamentalista. |
Musica congelata Infine, dopo il '96, i Talebani hanno emanato i loro editti per vietare la musica nei negozi, negli alberghi, nei veicoli. Se si trova una cassetta in un negozio, questo viene sequestrato e il proprietario incarcerato. Lo stesso avviene se la cassetta si trova in un auto. Devono intervenire cinque garanti, e in seguito il criminale può essere scarcerato e il suo bene dissequestrato. Stessa sorte per il capofamiglia, se in un matrimonio si suona o si balla. Tutti gli strumenti musicali sono banditi, sequestrati e distrutti (a volte con roghi sulla pubblica piazza) a cura dell'Ufficio per la propagazione della virtù e la prevenzione del vizio. Sono permessi solamente alcuni canti coranici e i cosiddetti inni dei Talebani, giudicati comunque da chi li sentiti ricchi di musicalità, per quanto retorici e rigorosamente privi di accompagnamento strumentale. In questa situazione, è più che plausibile che la musica in Afghanistan sia rimasta congelata allo stato in cui si trovava una decina di anni fa, anche se forse non ai tempi della vetusta collezione di dischi dello psico-commando statunitense. Ma, se uno volesse rivolgere, un appello musicale, al popolo afghano, potrebbe comunque ricorrere ad altre risorse. Le musiche del mondo islamico sono varie e hanno una circolazione ampia, anche al di fuori dei paesi in cui hanno origine. Se compri una cassetta su una bancarella di Damasco puoi trovarci dentro anche la musica del Pakistan, dei paesi del Mahgreb, perfino cose turche o greche. Anche la musica, o forse niente meglio della musica, dimostra la varietà e le contraddizioni di quello che a troppi fa comodo vedere come un blocco indifferenziato. Proprio a cominciare da uno degli aspetti più delicati e che solo ora affiorano al senso comune degli occidentali: la relazione complessa tra il mondo arabo e mondo musulmano. Come ormai è noto, il paese del mondo con più musulmani è l'Indonesia. Molti fra i generi musicali più popolari in Indonesia non hanno nulla a che fare con la cultura e la musica araba: sono legati a tradizioni locali con una forte influenza coloniale, per cui il kroncong ad esempio ricorda un po' il fado portoghese e un po' la musica africana. Ma esistono anche generi di ispirazione arabo-islamica, come il qasidah modern, una specie di pop arabo con testi ispirati a precetti morali del Corano, le cui star principali sono le Nasida Ria, un gruppo femminile che suona strumenti elettrici a volte con pose heavy metal (ma con compostezza, e a capo modestamente coperto), che si esibisce soprattutto ai matrimoni musulmani nell'isola di Giava, e che ha già all'attivo 25 album. Una vera delizia per Talebani! |
Umm Khultum, la divina E' ovvio che in una cultura che ha al suo centro un testo religioso in arabo siano comunque privilegiate o più diffuse le espressioni artistiche in quella lingua: questo ci aiuta a capire l'enorme popolarità, non solo in tutto il mondo arabo, di una cantante come Umm Khultum (o Umm Kalthum, le traslitterazioni sono molteplici), nata nel 1904, morta nel 1975, al cui funerale al Cairo partecipò una folla di milioni di persone, più grande di quella delle esequie di Nasser. Umm Kulthum, alla quale ha dedicato un bellissimo studio l'etnomusicologa statunitense Virginia Danielson (visto?), deve la sua fama all'abilità con cui adattò le tecniche della recitazione coranica alla dizione dei testi poetici molti di carattere amoroso che intonava in lunghe improvvisazioni basate sul sistema modale della musica araba, quello dei maqamat (leggete su di lei un eccellente piccolo romanzo: Ti ho amata per la tua voce, di Sélim Nassib, Edizioni E/O). Non solo i suoi dischi e le sue cassette invadono tuttora i negozi e le bancarelle di tutto il mondo arabo, ma molte sue canzoni sono ancora alla base del repertorio corrente. Anche grazie all'immigrazione che ne ha ampliato il mercato, non è più così difficile trovare questo materiale anche per il pubblico italiano. Alcuni megastore e negozi specializzati hanno un settore dedicato alla musica araba e a quella dei paesi islamici non di lingua araba, a volte con collane pensate ad hoc (come l'ottima Arabian Masters della Virgin). Di tutta questa ricchezza non sempre immediatamente accessibile alle nostre orecchie, ma in molti casi affascinante finora il nostro grande pubblico ha conosciuto poco: principalmente il raï algerino, con protagonisti come Cheb Khaled, Cheb Mami, Cheika Rimitti, che hanno trovato una strada di diffusione attraverso la Francia, e da lì in tutta Europa, e per un certo periodo il travolgente qawwali pakistano di Nusrat Fateh Ali Khan, grande musicista scomparso nel 1997. Con la sua vitalità, il suo modo così appassionato, erotico, certamente scandaloso (per i fanatici) di celebrare l'amore per Allah, sarebbe stato molto utile, adesso. Franco Fabbri L'UNITA' 24/11/2001 |
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